dTHEd: ARCHEOLOGI DELLE STELLE




A sei anni di distanza da Hyperbeatz vol. 1, i dTHEd (Fabio Ricci, Simone Lanari e Isobel Blank) rilasciano il loro secondo capitolo per l'etichetta Stochastic Resonance. VOYAGE si presenta come un progetto che definire semplicemente un album musicale risulta limitante. La veste grafica estremamente curata e una lussuosa edizione speciale non sono meri gadget promozionali ma declinazioni di una visione mitologica del futuro remoto: un esodo tra le stelle.
Da una prospettiva musicale, se VOYAGE è concettualmente assimilabile a certe utopie cosmiche care alla scuola elettronica tedesca, nel suono si presenta cibernetico e  digitale, quasi come se tra le stelle si fosse infine compiuta l'ibridazione tra uomo e macchina. Ciononostante, nell'enigmatico idioma con cui si declamano i testi si scorge un retaggio teatrale che appartiene esclusivamente ad un'umanità remota. Non siamo tuttavia di fronte a strutture musicali imperscrutabili né a tentazioni sperimentali inaccessibili. Le tracce hanno una loro intrinseca leggerezza che non appesantisce l'ascolto pur mostrandosi densamente stratificate; i beats sono acidi e robotici, i timbri lucidi e affilati. Si potrebbe pensare a Bjork per certe inflessioni vocali e il gusto per le textures cibernetiche ma VOYAGE ha il pregio di non essere solamente un disco quanto la rappresentazione fisica di un progetto interdisciplinare, una riflessione antrolopogica sul futuro dell'uomo. 

 





LG: VOYAGE tra Asimov e Bjork.

ISOBEL: VOYAGE nasce sicuramente da una fascinazione per la fantascienza, che accomuna tutti i componenti di dTHEd. Per me l’influenza principale non è tanto quella di Asimov, che pure ho letto volentieri, quanto quella più visionaria e inquieta di H. G. Wells e Fredric Brown da un lato – e di Ballard e Philip K. Dick dall’altro – autori che considero all’origine di un pensiero fantascientifico capace di interrogare la realtà e di spingerla verso le sue ipotesi più spiazzanti. In loro ritrovo non solo l’immaginazione del futuro ma anche il dubbio, l’ambiguità, la possibilità di vedere riflesse le nostre stesse fragilità in un modo totalmente altro.
Per quanto riguarda Bjork la stimo profondamente e ho ascoltato molto i suoi lavori che restano esempi di straordinaria libertà vocale e immaginifica. Tuttavia, la mia ricerca nasce altrove: è stata Meredith Monk a indicarmi una direzione, in particolare con Dolmen Music, un’opera che ha influenzato anche Bjork stessa e che rappresenta per me un punto di svolta nel modo di concepire la voce. La mia esplorazione si muove su quella soglia, intorno al punto in cui la vocalità diventa corpo, gesto, respiro, strumento performativo più che musicale in senso stretto. Per me è lì che la voce trova la sua verità.

FABIO: VOYAGE tra J.G. Ballard e Dawn Upshaw, a Scarfolk.

SIMONE: In Fondazione e Terra di Isaac Asimov, un uomo di fronte alla possibilità che l’universo diventi un’unica intelligenza collaborativa decide di intraprendere un viaggio alla ricerca della Terra, ormai perduta e dimenticata. Mi ha sempre affascinato questo racconto in cui la strada verso il progresso passa per un ritorno alle origini, e quindi all’essenza.
Sebbene il nostro VOYAGE sia, al contrario, un esodo (un racconto che, nell’universo di Asimov, potrebbe collocarsi all’inizio del ciclo delle Fondazioni) il mio approccio è stato lo stesso: ricercare un’essenza, una sintesi viva tra culture diverse. Come se il disco fosse un reperto archeologico che cristallizza la testimonianza di un’evoluzione culturale capace di generare un linguaggio nuovo, alieno ma dal sapore antico. Come nel mondo di Asimov, anche VOYAGE immagina un futuro in cui il progresso coincide con il ritorno all’origine: una memoria del futuro.
Ciò che più ci avvicina a Björk è forse la ricerca dell’essenza del suono e del gesto come strumento per ridefinire il linguaggio, nello stesso spirito con cui Pierre Schaeffer liberava il suono dal suo significato o Meredith Monk (principale influenza di Björk) esplorava la voce come materia primordiale. Anche noi cerchiamo di scardinare i significati prestabiliti del suono, lasciandolo parlare una lingua propria, che non cerca traduzione.




LG: Etica ed estetica di VOYAGE.

FABIO: Esattamente in linea con le parole di Wittgenstein, l’etica di VOYAGE è un anelito ad andare oltre il mondo. L’estetica è la propaganda, l’autocelebrazione di un archivio vasto e impossibile; la sistematica creazione di reperti di tutto ciò che l’umanità ha prodotto: cultura, suoni, agricoltura, tecnologie, poesie, abomini.

SIMONE: VOYAGE è l’allegoria di un futuro utopistico di condivisione e collaborazione. L’album stesso nasce dall’incontro di tre persone: non rappresenta nessuno di noi nella sua individualità ma qualcosa che esiste solo nell’interazione.
Viviamo immersi in un paradosso: iper-connessi eppure isolati, condividiamo tutto tranne la presenza. VOYAGE nasce dal desiderio di tornare a un ascolto condiviso, a una costruzione collettiva del senso.
Il nostro processo è rimasto semplice: si parte da un concetto, poi ognuno elabora liberamente. Appena condivisa, l’opera può trasformarsi radicalmente nelle mani dell’altro. Non imponiamo limiti se non quando la forma lo richiede, nel momento in cui un brano deve nascere. È la via più fertile per lasciare che la musica superi le nostre intenzioni.
In un certo senso, VOYAGE è la nostra piccola utopia realizzata: un ecosistema creativo in cui il suono diventa territorio comune.

ISOBEL: Tutto l’album nasce da un’urgenza emotiva legata al presente, alle ipotesi apocalittiche e alle trasformazioni radicali che stiamo vivendo come umanità, qualcosa che non può lasciare indifferente chi ha una sensibilità rivolta al futuro ma radicata nel corpo. La ricerca sonora si fonda su un senso d’impermanenza sempre più evidente, di fronte all'illusione capitalistica della crescita eterna e del consumo infinito delle risorse, un modello di sviluppo che mostra ormai i propri limiti. Abbiamo dato voce alla tensione tra il desiderio di sopravvivere e la necessità di ripensare il nostro ruolo nell’universo, immaginando un futuro in cui l’umano sia parte di un equilibrio più ampio.
Sul piano estetico, l’immaginario di VOYAGE si fonda su una sorta di archeologia del futuro: una ricerca di forme, suoni e segni che sembrano provenire da un tempo a venire ma che conservano le tracce di un passato remoto. Ci siamo ispirati all’idea di mappe antiche, schemi, blueprint rinvenuti tra le rovine, come reperti di civiltà scomparse che parlano di ciò che non è ancora accaduto. Questo approccio si riflette anche nell’aspetto visivo e materico del progetto, che rielabora l’estetica dell’agenzia spaziale per eccellenza, dei documenti confidential, dei fascicoli tecnici e delle cartelle di missione, trasformandoli in reliquie speculative, oggetti di una memoria futura. È un’estetica del reperto e della mutazione.

 



LG: Ecologia e tecnologia di VOYAGE.

SIMONE: In VOYAGE si narra di un esodo forzato, della partenza da un pianeta che non accoglie più la vita. È un mito antico, quello dell’esodo: cambiano i mezzi, non l’impulso. Anche nella distopia più consumata resta il desiderio di sopravvivere a sé stessi.
La nostra è un’utopia negativa che lascia aperta una possibilità. È il paradosso di chi fugge la fine ricominciando con i mezzi che l’hanno generata.
Di fronte a una tale catastrofe sarebbe più plausibile una nuova estinzione di massa, una fra le tante che questo pianeta ha già osservato. Ma creare, per me, è un atto di resistenza ontologica: se il mondo crolla, immaginare diventa una forma di resistenza cognitiva. 
VOYAGE non promette salvezza ma la possibilità di riscrivere il codice. Se la Terra è divenuta un deserto di silicio, la nuova linfa è la conoscenza. Ma anche quella, se non custodita, si autodistrugge.

ISOBEL: Nel lavoro fatto, credo che ecologia e tecnologia non siano viste come opposti ma come due dimensioni intrecciate del nostro presente e del possibile futuro. L’album nasce dalla consapevolezza di un mondo in trasformazione, e allo stesso tempo dalla fascinazione per gli strumenti, i dispositivi e i sistemi che l’uomo ha creato per comprendere, mappare e attraversare l’universo. La tecnologia diventa così uno specchio, un mezzo per sondare e interagire con l’ambiente, per tradurre percezioni e dati in forme sensibili, e per trasformare l’ascolto stesso in esperienza confine. Nel rapporto tra spazio, materia e suono, le composizioni musicali possono diventare mappe di un mondo che evolve. Un’opera musicale può forse tentare di restituire la complessità dei sistemi viventi, trasformando l’ascolto in una pratica di attenzione e di percezione del mondo, in cui ogni dettaglio sonoro è parte di un ecosistema più ampio e interconnesso.

FABIO: Se il sublime è “l’idea di grandezza oltre ogni capacità di misurarla o raffigurarla”, VOYAGE è un viaggio sublime nel territorio ontologico, in piena mimesi da dipartita planetaria. La tecnologia è l’ipernazionalismo galattico.
“Dobbiamo andare nello spazio cosmico per prenderci cura della Terra?” si chiede Timothy Morton. VOYAGE risponde a questo interrogativo con il progetto più ambizioso mai sviluppato: terraformare la coscienza.




LG: Etimologia di VOYAGE.

ISOBEL: Il titolo VOYAGE va inteso su due livelli complementari. Da un lato funziona come acronimo, “Vital Operations and Yearly Administration for Galactic Existence”, un gioco concettuale che racchiude la cura, l’organizzazione e la sopravvivenza su scala interstellare. Dall’altro conserva il significato letterale di viaggio, inteso non solo come spostamento nello spazio ma come attraversamento di tempi, mondi e percezioni. È un termine che suggerisce movimento e trasformazione, un invito a misurarsi con l’infinito e con la propria presenza in esso.

SIMONE: VOYAGE: Vital Operations and Yearly Administration for Galactic Existence.
VOYAGE è una parola che vibra in più lingue, sospesa tra l’inglese e il francese. Porta con sé una doppia suggestione, quella del viaggio fisico e quella del transito mentale. Ha un sapore antico (via, iter, viaggio) ma anche una deriva ultraterrena. È il movimento che non implica necessariamente un ritorno.

FABIO: Tutte le lingue del pianeta Terra: i processi associativi, le forme e i significati ricombinati nell’archeofuturismo di un VOYAGE-lect. A metà tra i fossili del futuro e la tecnoscienza visionaria: una microfisica del potere, attraverso la costruzione di una comunità immemorabile.

 



LG: Perché Stochastic Resonance.

FABIO: La non linearità è cruciale per VOYAGE. È un fenomeno naturale che governa i processi fisici della cosiddetta “emergenza”. Dalla teoria dell’informazione, al clima, alle neuroscienze, la risonanza stocastica crea il reale. VOYAGE nasce così ed è solo naturale che sia approdato su SR, l’unica etichetta che in essenza racchiuda il progetto ab origine.

ISOBEL: Stochastic Resonance ha deciso con coraggio di sostenere questo viaggio verso l’ignoto, dopo alcune precedenti collaborazioni con noi. Alla gratitudine e alla stima per il lavoro che porta avanti da molti anni, si aggiunge il riconoscimento per questo gesto che rappresenta, ai tempi odierni in Italia, quasi un atto eroico da parte della label. 

SIMONE: Con Lorenzo (Stochastic Resonance) condividiamo intenzioni, passione ed entusiasmo, qualità che considero fondamentali in una produzione indipendente. Non è un’etichetta che si limita a stampare, distribuire e promuovere un prodotto: accompagna il progetto fin dall’inizio del viaggio, producendo contenuti, cogliendo e fornendo nuove suggestioni, mettendoci davvero testa e cuore.
Nel caso specifico di VOYAGE, Lorenzo è stato una presenza preziosissima nel far evolvere questo universo, che sta prendendo direzioni inaspettate, andando ben oltre la semplice stampa di un disco.
D’altro canto, noi stessi siamo sempre felici di accogliere e sviluppare nuove idee, e questo VOYAGE si sta rivelando un terreno fertile per questo tipo di crescita viva e condivisa.

 



LG: La sonda Voyager è lontanissima dalla Terra e il disco d'oro la accompagna.

FABIO: Il nostro non lascerà mai la Terra. È nato per morire qui. I due dischi sono in perenne entanglement.

ISOBEL: VOYAGE accompagna il nostro segnale attraverso tempi, mondi e immaginari lontani, nella speranza che qualcuno, o qualcosa, lo ascolti. Un messaggio in bottiglia interstellare, senza garanzia di lettura, che non differisce poi così tanto da quel che accade quando in generale un disco viene pubblicato.

SIMONE: Il 30/10/2025 è giunto il disco VOYAGE sulla Terra.

 



LG: Se ci sarà un futuro sarà tra le stelle ma sarà un bene per queste ultime?

SIMONE: Se ci sarà un futuro, onestamente non credo sarà tra le stelle. O, quanto meno, non me lo auguro. L’uomo è nato sulla Terra perché qui esistono le condizioni per la sua sopravvivenza. Questo pianeta si è già liberato di molte specie animali e, quando sarà il momento, si libererà anche dell’essere umano.
Ma niente si crea e niente si distrugge: tutto si trasforma. È inutile illudersi di avere il potere di distruggere qualcosa al di fuori di noi stessi.

ISOBEL: Mi sovviene un famoso sketch di George Carlin in cui, mimando il modo in cui la Terra avrebbe superato la presenza umana e le sue scorie, concludeva con una vistosa scrollata di spalle.

FABIO: Nel futuro siderale non vi sarà più nessuno a proferire “E uscimmo a riveder le stelle”.

 

LG: Grazie. 

FABIO/ISOBEL/SIMONE: Grazie a te. Unisciti al viaggio.





Bandcamp: https://stochastic-resonance.bandcamp.com/album/sr-029-voyage

Orbit Toos Video: https://www.sentireascoltare.com/video/dthed-orbit-toos-dissoluzione-e-rinascita/

Unirsi a VOYAGE: https://stochastic-resonance.net/join-voyage

Commenti

Post più popolari