L'AVVERSARIO - SANGUE SANGUE
Sangue Sangue è il titolo del secondo album de L’Avversario (etichetta New Model Label), progetto dietro cui si nasconde Andrea Manenti, cantante, autore e polistrumentista di Varese.
Il sangue è tutto ciò che abbiamo ed è ciò che ci mantiene vivi anche se ci fa orrore quando lo vediamo colare dalle ferite. Metaforicamente il sangue può rappresentare ciò che celiamo dentro di noi, gli intimi segreti che non riusciamo ad ammettere ma che hanno reso chi siamo ora. La chiave di lettura di quest’opera può essere però anche più crudele, l’umanità intesa come una massa informe di carne e tessuti inerme di fronte al fiume degli eventi che ha lo stesso odore e la stessa consistenza del sangue.
Per rappresentare tale lacerante concetto si è ricorso ad un suono minimale, inerte, scheletrico. Basso e batteria (suonati rispettivamente da Francesca Tavino e s Ivan Schapira ) pulsano ipnotici e ossificati. La chitarra e il piano (Andrea Tsuna Tomassini, Andrea Manenti) puntellano ogni brano con note tese come nervi tirati. Le canzoni si insinuano pacate e dolenti all’ascolto per poi caricarsi di intensità sublimandosi in lunghe derive strumentali costruite su poche note ossessivamente reiterate. Si erigono così atmosfere sofferte e disperate su cui una voce disumanizzata descrive immagini di ossa e sangue, smarrimento e solitudine, nebbie apocalittiche e città catatoniche.
Con un incipit testuale ingannevolmente ironico si apre Sangue Sangue, title track dell’album : è l’inizio della descrizione di un disagio esistenziale ulteriormente approfondito nella successiva Cranio. Si può pensare a Memento Mori per l’insistenza con cui viene messo a nudo ciò che è nascosto sotto la pelle, sotto le carni. A conclusione della traccia un’affilatissima coda sintetica sembra disegnare nella mente il profilo di un teschio: d’altronde sotto ogni volto, anche il più angelico, si nasconde sempre un inquietante cranio. La Città sta male, con il suo intro indie subito disturbato da un piano dalle note oblique precede La Nebbia, traccia valorizzata da un drumming preciso ed efficace e con un lungo finale strumentale lentamente fagocitato da una vera e propria nebbia elettronica dal sapore di sintesi granulare e pedali echo.
A chiudere l’intero album la sconsolata Non voglio più niente, il cui tragico nichilismo fa pensare ai poeti maledetti, allo Spleen, al male di vivere. Non voglio più niente è una canzone che ha il coraggio di descrivere la condizione umana nella quale desideri e speranze si annichiliscono, di cui tanti poeti e musicisti soffrirono e soffrono, un’ombra profonda che fa male ma di cui non puoi fare a meno. La scrittura musicale austera e dolorosa colloca questo brano tra i migliori del disco.
L’Avversario è un progetto discografico certamente unico nel suo genere: i testi in italiano lo rendono un prodotto non facile per il pubblico internazionale mentre non molti connazionali potrebbero gradire la gotica malinconia dei testi e l’aura minacciosa delle derive strumentali. Personalmente lo ritengo un disco semplicemente imperdibile anche se ammetto di aver faticato un poco durante il primo ascolto a causa dell’utilizzo di AutoTune. E’ evidente che si è scelto di utilizzare tale effetto per rendere gelida e impersonale la voce, quasi come se a cantare fosse un automa senz’anima. Concettualmente l’idea è intrigante, peccato che AutoTune sia ancora il più utilizzato degli effetti vocali soprattutto nella scena pop più mainstream e utilizzarlo in un disco ricercato e di nicchia risulta a mio parere un po’ fuori luogo. Il mio timore è che venga interpretato da taluni come il tentativo di rendere più appetibile un prodotto altrimenti poco masticabile dalle masse quando in realtà le intenzioni iniziali erano certamente diverse e molto più nobili.
Per approfondire:
avversario.bandcamp.com/releases
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