SOME MINUTES WITH ELENA M. ROSA LAVITA

 

 



 

E’ di aprile 2021 la pubblicazione da parte dell’etichetta Toten Schwan del primo lavoro di Elena M. Rosa Lavita, Tools. Otto tracce nelle quali un basso ruvido e potentemente acido prende vita innalzandosi su enigmatici frammenti di field recordings. L’atmosfera è desolata e i rintocchi funerei delle corde percosse spesso con spigolosa irruenza da Elena sembrano campane a morto per un mondo sepolto da una marea nera.

Nonostante l’ispirazione sia perdutamente oscura l’opera ha l’insospettabile capacità di lasciarsi ascoltare senza risultare eccessivamente cerebrale grazie all’anima doom del basso che emerge ad ogni riff.

Un progetto così peculiare merita di essere approfondito ed Elena si è resa disponibile a rispondere ad alcune domande relative a Tools ma non solo.

 

LG: Cosa c’era prima di Tools? Le tue esperienze artistiche prima di questo progetto, come è nato il disco e dove ti ha condotta.

ELENA: Ciao Luca, innanzitutto grazie per la tua curiosità e per questo piccolo spazio autopsicoanalitico. Prima di Tools ci sono state altre due vite.

Il mio mondo è sempre stato quello delle arti visive. Fin dove riesco a riavvolgere il nastro della memoria ho ricordo di me con la matita in pugno, ma già alle elementari ho iniziato ad amare anche la musica. Ho frequentato un istituto d'arte ma la mia mente si è aperta durante un corso legato al "Concorso nazionale arti visive per giovani artisti italiani": ho scoperto il gusto della multimaterialità, dell'assemblage, del Ready-made e soprattutto del linguaggio installativo e sinestetico. In quegli stessi anni stavo inconsciamente ed istintivamente addentrandomi in un percorso ermetico alchemico che nel tempo sto cercando di approfondire. Strimpellavo già il basso, quindi avevo individuato come evoluzione del mio linguaggio artistico l'introduzione dell'elemento sonoro (oltre quello olfattivo) nelle mie installazioni ambientali. La mancanza dei mezzi tecnici però era un limite insormontabile all’epoca, soprattutto per una ragazzina squattrinata.

Seguono infiniti anni in un buco nero.

Nell'estate del 2017 ho ripreso in mano matita, chiodi, martello... e basso. Ho conosciuto anime bellissime che mi hanno aiutato a trovare il coraggio di espormi e condividere invece di tenere tutto per me. Ho avuto il piacere e l’onore di curare la grafica per alcuni interessanti progetti musicali italiani e non (cito Petrolio e John Duncan della quindicina circa realizzate sinora). Due anni fa, finalmente, la prima mostra/installazione artistica contenente una base sonora (tre tracce di basso in loop): “Key”. Chiesi a Nàresh Ran di lavorare sulle 3 tracce base di basso: sapevo che avrebbe fatto un lavoro magnifico ma ha grandemente superato le mie aspettative. Il prodotto finale si è concretizzato in un live set a 4 mani in apertura e chiusura della mostra e nella tape "Key" uscita l'anno scorso per Industrial Coast.

Tools” è il risultato dell'accumulo di field recordings registrati (con lo smartphone) durante gli ultimi viaggi precedenti la pandemia e durante i primi mesi di totale clausura del primo lockdown, metabolizzati, riletti, masticati. Ho scoperto il potenziale dei field recordings Lo-Fi sulla scia dell'entusiasmo con cui ho partecipato al progetto "One Minute Soundtrack" (progetto open escogitato e creato sempre da Nàresh).

 

LG: Toten Schwan è una delle realtà più nobili nel nostro Paese per quanto riguarda la sperimentazione e la cultura alternativa ma anche una label indubbiamente molto selettiva nella selezione delle possibili pubblicazioni. Com’è stato collaborare con loro? Ritieni che il confronto con un’etichetta discografica sia ancora determinante per un musicista in un’era in cui prevale l’autoproduzione?

ELENA: Altro punto cruciale. La collaborazione con Toten Schwan è iniziata per caso: ho conosciuto Marco Valenti sulla soglia (ancora ignari!) della pandemia, ad una delle bellissime serate "Dio Drone" in quel di Pistoia. Mi chiese se mi andava di occuparmi della grafica per una sua prossima uscita: "Burnout" di Spaccamonti e Brusaschetto. I mesi seguenti, sono stati un fitto scambio di comunicazioni “di lavoro”, ma anche l'opportunità di affondare le radici di un'amicizia ed un'intesa preziose. Non avrei mai proposto il mio materiale ad un'etichetta ma Marco mi ha spinta a fronteggiare le mie insicurezze, a crederci e buttarmi. E' stato come lavorare in famiglia, no, anzi, molto meglio. Libertà totale, supporto, fiducia.

 

LG: Parlaci dei tuoi eroi musicali ed extramusicali, passati e presenti.

ELENA: Facile indovinare che il mio background culturale sia legato ai temi più oscuri, misterici (ma non solo): dal Romanzo Gotico all'Esistenzialismo, dall'arte Simbolista, Surrealista, alla giocosità cinica del DADA, all’Arte Povera, Beuys, Rauschenberg (…) L’Ermetismo, La Chaos Magick, Crawley, la TOPY. Se parliamo di arte il mio eroe assoluto è Marcel Duchamp: il nome Rosa Lavita gli dedica un poco velato omaggio. Il mio primo vero amore in musica è stato Elvis Presley, alle elementari. Poi, sui 13/14 anni, i Depeche Mode e finalmente l'incontro con l'universo Goth - Post Punk (Bauhaus, Joy Division, Cramps restano una vera ossessione), la 4AD dei tempi d’oro, Cindytalk, Bowie, Cranes, Pixies, CCCP,(...) il Punk/HC. Poi l'Ambient Dub, l’Industrial: TG, NWW, NIN, Coil,...

Ho ascoltato e ascolto i generi più disparati (anche perché lo stereo in casa fa parte della comunione dei beni, quindi molti ascolti avvengono "di riflesso"), compreso il noise. Due nomi? Lasse Marhaug e Joke Lanz. Ossessione assoluta (uso questo termine nella sua accezione positiva) di questi anni sono i MMMD (Mohammad). Vibrazioni infra-sound da far tremare ogni singolo osso dello scheletro.

Amo il fermento underground italiano attuale: band e singoli musicisti davvero di grande forza. Non ti faccio i nomi, perché sono troppi e rischierei di offendere qualcuno. Ed etichette, microetichette DIY, "famiglie" musicali di estremo valore fatte di sincera passione (Toten Schwan, Dio Drone, Ho Gravi Malattie, DDD per citare quelle cui sono emotivamente più legata).

 

LG: Il basso è per antonomasia strumento carismatico e ombroso. Nelle note a Tools parli di vibrazioni dell’anima emesse attraverso la voce delle corde del tuo basso ed è evidente che il tuo rapporto con questo strumento è profondo e coinvolgente. Vorresti parlarcene?

ELENA: Da adolescente appassionata (ma ignorante) di musica volevo imparare a suonare la chitarra. Convinsi il mio ragazzo ad insegnarmi le basi. Dopo qualche mese a strimpellare la chitarra acustica, raccolti i miei risparmi, andammo in un negozio di strumenti musicali per acquistare una chitarra elettrica. "Perché non provi un basso, intanto?". Imbracciai un basso, feci vibrare le corde: le vibrazioni sullo stomaco segnarono il colpo di fulmine. Tornai a casa con un Jazz Vester, che uso ancora con le sue corde originali. Non vorrei cedere alle lusinghe dell'elettronica, perché ho ancora bisogno del contatto fisico col basso, mi piace sentire le corde che vibrano sotto i polpastrelli, il legno sull’addome, la patina del tempo sulle corde.

 

LG: Carousel è in assoluto la mia traccia preferita di Tools, sinistramente densa… C’è una traccia per te particolarmente significativa o a cui sei intimamente legata di cui vorresti svelare qualche segreto?

ELENA: Ad ogni traccia sono legata proprio perché ognuna (o quasi) contiene un field recording, una "cartolina" sonora, souvenir di un viaggio o semplicemente una “still life”. Un segreto? Lo svelo solo parzialmente. Il primo pezzo "Wound" è in qualche modo legato ai Nurse With Wound ed è nato alle isole Lofoten -un vero paradiso in terra- con la registrazione del field recording.

Anche se trovo più affine alla mia essenza l'immediatezza scarna -"all'osso"- di "Cut", ad esempio.

 

LG: Qual è il confine (se esiste) tra arte musicale e arte visuale?

ELENA: Per me non esiste. Non è mai esistito. Sono solo veicoli espressivi attraverso cui lo spazio interiore entra in relazione con il mondo esterno. Sinestesia. Uno-il-tutto. Quando ero molto giovane non esisteva la multimedialità odierna, che per me facilita sì lo scambio e la compenetrazione dei linguaggi, però tende ad omogeneizzare i prodotti in una gran broda informe e spesso priva di personalità. Qui mi taccio. E' giusto che ognuno possa esprimersi attraverso gli strumenti e i linguaggi che ha scelto, o da cui è stato scelto.

 

LG: Cosa verrà dopo Tools?

ELENA: Spero che Tools abbia segnato solo l'inizio di un mio percorso espressivo, semplicemente perché ne ho bisogno, è terapeutico come lo è il disegno, per me. A giugno uscirà un altro piccolo lavoro su tape per HgM. Ho già praticamente pronto un altro capitolo, sempre un'abbinata di grafica e suoni, questa volta giocato sul numero 7. C'è poi un altro lavoro ancora, già finito, con un vocalist italico di provenienza Blue's e Black metal, (progetto che spero di pubblicare presto), e un altro progetto, in corso, di collaborazione a distanza con un artista/polistrumentista sardo. Ma soprattutto sto lavorando, in queste settimane, alla collaborazione più elettrizzante che potesse capitarmi in questo anno, ma non voglio anticipare altro per il momento…


LG: Grazie Elena.

 

Per approfondire:

 https://rosalavita-elenam.bandcamp.com/music

https://totenschwan.bandcamp.com/album/tsr-124-tools

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