SOME MINUTES WITH FRANK BRAMATO



 

 

Non Essere (Seahorse recordings, 2021) è il primo lavoro da solista di Frank Bramato, musicista senza confini che da vent’anni esplora strade diverse, dal pop al rock, dal teatro alla sperimentazione. Un artista certamente unico nel suo genere che merita di essere conosciuto e apprezzato.

 

LG: Cosa c’era prima di Non Essere?

FB: Prima di Non Essere c’è un percorso molto lungo che parte intorno ai sedici anni, dove goffamente si cercava di emulare le band che avevano conquistato i nostri cuori. I Led Zeppelin, i Deep Purple , la PFM e tante altre formazioni non proprio in voga negli anni ’90 ma che mi facevano avvertire una spinta emotiva, per quell’età magica! Partendo da questi presupposti non avrei mai immaginato di poter “finire” in una band (I BLekaut) che si occupava di ska e rocksteady. Erano brani inediti, definiti e precisi. Il compito più arduo è stato quello di adattare la mia voce a quel tipo di musica, ma il risultato finale seppur strano, ha iniziato a funzionare da subito.

Grazie a questo “Gioco di suoni” ci siamo ritrovati, in pochissimo tempo e così giovani, a calcare palchi molto importanti che hanno aggiunto alla mia valigia un’esperienza unica di crescita umana e professionale. Da lì probabilmente ho capito che sperimentare senza porsi limiti porta sicuramente a qualcosa di bello, così ho provato a spingermi sempre più in là. Il resto lo hanno fatto gli ascolti, sempre variegati. Ho comprato tanti dischi che apparentemente non avevano un filo conduttore, se parliamo di generi, ma che col tempo si sono rivelati fondamentali .


LG: Cantautore, rocker, sperimentatore: chi sei realmente?

FB: È molto difficile rispondere a questa domanda. Come ho scritto prima, mi è sempre piaciuto mettermi in gioco. Tante volte ho fatto bene, in altre occasioni invece ho dovuto fare dei passi indietro. Immagina che qualche anno fa avevo registrato un disco che richiamava lo swing moderno, un disco che non ha mai visto la luce perché riascoltandolo mi sono reso conto che ero in preda alla forma e non alla sostanza, snaturando completamente il mio modo di cantare o interpretare. Mi pento? Assolutamente no, anche questi errori portano ad una consapevolezza. Posso concludere affermando che non sono un cantautore, un rocker o uno sperimentatore ma uno sperimentatore con attitudini da cantautore e i capelli da rocker.


LG: “Pazienza Essenza” è un pezzo fortemente metafisico nel testo anche se corredato da un’intelaiatura strumentale alquanto anticonvenzionale: quanto sei sensibile alle tematiche spirituali?

FB: La spiritualità ha sempre fatto parte della mia vita. Sono partito come molti di noi da una formazione fortemente cattolico-cristiana, che non rinnego e che mi porto dietro con la sua bellezza ed i suoi limiti. Crescendo, piuttosto che abbandonare la via spirituale ho sentito l’esigenza di rafforzare questo mistero insito in ognuno di noi. Ho le mie pratiche, i miei riti, i miei gesti scaramantici frutto anche delle costanti esperienze di viaggio fatte finora. “Pazienza Essenza” non è altro che una lunghissima domanda.


LG: Il tuo percorso artistico si è spesso incrociato con il rock progressivo: ritieni si sia detto già tutto in proposito nella grande stagione degli anni settanta del secolo scorso o questo genere musicale può ancora evolversi?

FB: Il rock progressivo è stato un punto di svolta o meglio una vera e propria rivoluzione. Questo nuovo modo di “strutturare” i brani ha aperto la strada a tutti coloro che nella forma-canzone classica si trovavano stretti. Ascoltare questi brani per me è stato come azionare una nuova parte del cervello che fino ad allora era rimasta in silenzio; è stato come avere a disposizione tanti elementi apparentemente diversi tra loro ma che si potevano finalmente combinare in infinite soluzioni, scatenando la fantasia e portandola a livelli che sfiorano l’inconscio. Gli anni sessanta sono passati da un pezzo, ma la strada tracciata è ancora lunghissima. Purtroppo se parliamo di musica, questa enorme opportunità sembra essere sparita a discapito di un prodotto “mordi e fuggi”, rivolto a chi non vuole ascoltare ma farsi banalmente intrattenere. Esiste però un sottobosco, fuori dal mercato mainstream, che si sta riaffacciando timidamente grazie anche alla tecnologia che ci permette di avere a disposizione molte cose che qualche anno fa erano impensabili: pensiamo agli studi di registrazione e alla quantità di denaro che occorreva per poter registrare un prodotto di qualità. Se si unisce fantasia, voglia di sperimentare, coraggio, studio e tecnologia i risultati potrebbero essere sorprendenti.


LG: Quanto delle tue produzioni teatrali (L’uomo di Bogotà, Ennesime metamorfosi) ritroviamo in Non Essere?

FB: Per me scrivere è sempre stato una modo per non vedere, per lottare e resistere. Durante la stesura di un brano o una produzione teatrale (termine molto grosso per le mie tasche) ritornano prepotenti tutti gli elementi che con gli anni si sono accumulati nella mia testa. Scrivere un brano o un testo per me non fa alcuna differenza, la fantasia mette insieme le parole e la tecnica cerca di dar loro una direzione. Non scrivo mai pensando che quello che faccio deve essere fruibile o vendibile, cerco solo di farlo con molta onestà tenendo sempre conto dei miei enormi limiti.


LG: Gli strumenti su cui componi, quelli a cui non rinunceresti mai e quelli che hai abbandonato senza rimpianti.

FB: Dando fondo a tutti i risparmi sono riuscito a costruire un piccolo studio di registrazione che coniuga suoni analogici e digitali. Ho un Sinth dei primi anni ’80, un compressore valvolare che uso solo ed esclusivamente per la voce, un pianoforte a muro ed uno digitale, una batteria acustica, una modernissima scheda audio e tanti strumenti, alcuni dei quali tipici di alcune parti del mondo che ho visitato. Ovviamente non rinuncerei a nessuno di questi, anzi c’è la volontà costante di integrare lo studio con nuovi mezzi, se non fosse come dicevo prima, per il grosso limite chiamato denaro.


LG: Cosa non va nell’odierna scena musicale italiana? E cosa si salva?

FB: Posso rispondere a questa domanda solo in maniera del tutto personale. Il gusto è soggettivo, non può essere sindacato, l’importante però che il gusto sia genuino, puro e non il frutto di una coscienza comune imposta. Il rischio che si corre adesso è quello di un martellamento costante da parte di TV e grosse radio, un’imposizione di modelli che fanno parte dell’intrattenimento e non dell’arte, con la conseguente formazione di menti non pensanti, di replicanti ai quali non è stata data nessuna alternativa. Non giudico la qualità del prodotto ma appunto la mancanza di alternative. La responsabilità così si divide tra chi fa arte, chi la rende fruibile e chi la riceve. Tutti abbiamo delle colpe che spero diventino uno stimolo per il futuro. Tutto si può salvare se fatto con rispetto per la sacra ARTE.


LG: Cosa ci sarà dopo Non Essere?

FB: Sono al lavoro! L’obiettivo è quello di alzare l’asticella sopratutto per quanto riguarda la parte più “estrema” delle mie canzoni. Mi piacerebbe arrivare alla fine del secondo disco seguendo quasi esclusivamente l’istinto. Secondo alcuni studi condotti sui malati di Alzheimer sembra che nonostante la memoria faccia cilecca, il gusto sopratutto per l’arte, rimanga inalterato. Se un giorno dovessi perdere la memoria vorrei riascoltare il mio disco pensando “Mi piace! Di chi è?”. Questo è il mio obiettivo .

 

LG: Grazie!

 

Per approfondire:  

https://open.spotify.com/artist/5ubnQtugrM6uYq7D2fd8Ji?autoplay=true

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