LA CATTEDRALE TRASFIGURATA: INTERVISTA A FRANCESCO MARIA NARCISI

 



In una dimensione sospesa di arcaica modernità è immerso Voluta (2021, krysalisound), l'ultimo lavoro di Francesco Maria Narcisi, architetto e musicista al confine tra suoni elettroacustici, sperimentazione e ambient, un territorio sonoro decisamente interessante che Francesco esplora con consapevolezza e lucidità.

LG: Voluta è il tuo lavoro più recente, un distillato di suggestione arcaica e ambient/noise decisamente peculiare. Come sei giunto a combinare questi due elementi apparentemente inconciliabili?

FMN: Non sbagli quando parli di una inconciliabilità solo apparente. I suoni che appartengono alla nostra storia collettiva sono parte della memoria uditiva di ciascuno di noi, in maniera più o meno consapevole. Operazioni come Voluta, che non è affatto un caso isolato, dimostrano che queste suggestioni possono trascendere le epoche e legarsi alla contemporaneità, in questo caso non tanto per rivitalizzare qualcosa di remoto, non ce n’è stata necessità, ma più per stratificare il moderno e rendere le sue trame dense di echi e vestigia del passato, in grado di traghettare l’ascoltatore in una dimensione altra dal tempo. Per me questo approccio è piuttosto naturale. Ho sempre 'rubato' ovunque le mie suggestioni e costruito i miei lavori, tanto quanto i miei ascolti, non volgendo mai lo sguardo ad epoche o generi precisi.

LG: In questo lavoro (come in Accordion Sessions) hai scelto uno strumento specifico come fulcro sonoro dell’intero disco, nello specifico il clavicembalo. Quali sono le ragioni che ti hanno spinto verso questa scelta?

FMN: In realtà la ragione non è poi così filosofica. Mi sono trovato ad avere a disposizione un clavicembalo con il suo strumentista e immediatamente ho iniziato ad immaginare il concept dell'album. Ho colto l'occasione per registrare delle sessioni e sin dalle prime note l'ho sentito trasfigurarsi nella mia mente. È uno strumento che mi ha sempre affascinato per il timbro evocativo, per la sua storia di precursore e per la musica che è stata composta per esso.

LG: Le trasfigurazioni elettroniche a cui hai sottoposto il clavicembalo sono fortemente suggestive: quali macchine utilizzi per giungere a questi risultati? E quali tra queste sono per te fondamentali per le tue composizioni?

FMN: Ogni volta è una diversa esplorazione. Nel caso di The Accordion Sessions ho adottato un procedimento chiaramente acusmatico, partendo da micro‐collage e lavorando intensamente sul timbro della fisarmonica. Nel caso di Voluta ho scelto di seguire un approccio più libero, utilizzando molto tecniche di sintesi granulare combinate sempre ad un gran numero di manipolazioni timbriche. In Voluta, oltre chiaramente al clavicembalo e alla parte digitale, è stata fondamentale qualche buona macchina analogica, una chitarra, un set per la ripresa audio e un registratore portatile per i momenti più estemporanei. Ogni progetto poi può richiedere strumentazioni diverse.

LG: Life is Dream nel titolo cita l’opera di Pedro Calderón de La Barca: “tutta la vita non è altro che un sogno e i sogni non sono altro che sogni." Quanto del pensiero di questo autore ritroviamo in Voluta?

FMN: Ogni volta che si tenta una interpretazione risolutiva de “La Vita è Sogno” quest’opera sfugge di mano e ci mostra molteplici piani di lettura intrecciati fra loro. È il prototipo della sensibilità barocca, fatta di sfaccettature e sovrapposizioni, la stessa che mi ha ispirato nella realizzazione di Voluta. Voluta vuole essere al labile confine fra realtà e dimensione onirica, imperfetto di forme e di dimensioni irregolari come una perla scaramazza (o barocca, appunto), in cui le “imperfezioni” non sono difetti ma caleidoscopici punti di vista che non possono essere abbracciati tutti guardando in una sola direzione.

LG: Hai definito questo lavoro “una cattedrale ambientale”. Quali altri compositori e musicisti – passati e presenti, di ogni tendenza musicale – ritieni siano stati capaci di costruire delle cattedrali sonore?

FMN: In realtà la definizione non è mia ma di Francis M. Gri, che con la sua etichetta Krysalisound ha curato la pubblicazione del disco. L’ho trovata perfettamente calzante; in Voluta c’è spesso il tentativo di suscitare una sensazione di maestosità e stupore, che chi visita una cattedrale ben conosce. Il percorso formativo che ho svolto mi porta inevitabilmente a delle associazioni attraverso gli stili dell’architettura, che non hanno pretese accademiche ma scaturiscono dalle mie sensazioni: nelle opere minimaliste di Terry Riley o Philip Glass riesco a trovare dei costruttori di essenziali cattedrali romaniche, in alcune composizioni di Brahms un costruttore di cattedrali rinascimentali, in Tim Hecker un costruttore di cattedrali gotiche… sarebbe molto lungo elencare tutte le suggestioni che questa associazione stimola. In definitiva, senza per questo voler fare paragoni con artisti ben più illustri di me, il lavoro che faccio appartiene senza dubbio a quel genere di musica che plasma la situazione, piuttosto che adattarvisi. Credo sia questo il primo aspetto che contraddistingue un costruttore di cattedrali sonore.

LG: Nelle note a Wanderer (album del 2019) scrivi: “Siamo viandanti perché inquieti e alla ricerca perenne di un equilibrio che sfugge sempre”. La ricerca musicale e sonora che compi si fa guidare da questa tua considerazione?

FMN: Si. Ritengo che la mia ricerca si svolga sempre in equilibrio precario fra aspetti contrapposti: impeto e dissoluzione, consonanza e dissonanza, presenza e assenza. Rischia costantemente di scivolare da un lato o dall’altro. A volte rotola rovinosamente verso un estremo per poi risalire la china. È quasi sempre inquieta, in cerca di un equilibrio che poi però rifugge costantemente.

LG: Mi risulta che in passato sei stato anche batterista...ritieni che possa ritrovare spazio la componente ritmica in un tuo prossimo lavoro?

FMN: Voluta stesso, nella prima stesura, comprendeva degli elementi ritmici. Tuttavia le riflessioni successive, svolte durante un periodo di “decantazione”, mi hanno fatto propendere per la rimozione delle parti percussive, ai fini di una maggiore fluidità ed una minore lettura metrica dei brani. Nondimeno ogni elemento che ho utilizzato, seppure non percussivo, ritengo sia sempre stato connotato ritmicamente; è un impulso innato nell’uomo ed in me sempre molto presente. Non escludo un approccio ancora più intenso in futuro; dipende da quanto l’obiettivo dei nuovi progetti riesca a conciliarsi con una maggiore connotazione percussiva.

LG: Grazie.

FMN: Grazie a te e ai lettori di collettivoinconscio.

 

Per approfondire:

francescomarianarcisi.bandcamp.com

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