MUSICA COME MATERIA SOGNATA: INTERVISTA A LUCIA CAIAZZA

 

 

 


 

Lucia Caiazza è chitarrista e compositrice con un ricco background musicale legato al blues e al rock che ad un certo punto della sua vita artistica dà vita al progetto Loo(p)cy con cui esplora i territori sonori dell'elettronica, tra ambient, drone e minimalismo. La chitarra elettrica è protagonista nelle sue composizioni: il suo suono viene plasmato, elaborato, trascinato fin dentro gli abissi dell'inconscio. A un'attitudine così sperimentale non corrisponde però una personalità austera e inavvicinabile; Lucia collabora con altri artisti, è curiosa e non teme il confronto nè il dialogo. Conversare con lei è stato incredibilmente piacevole e costruttivo.


LG: Loo(p)cy è il nome del tuo progetto musicale e artistico ma in passato hai collaborato con differenti band. Come è nata l’esigenza di intraprendere un discorso solista?

LC: Ho cominciato la mia vita di musicista come pianista quando avevo 8 anni.
Sono stata indirizzata dai miei genitori, soprattutto da mia madre che, da giovane, amava la musica, cantava e ballava. Quando ho iniziato a suonare il pianoforte abitavo a Pisa. Poi a motivo del lavoro di mio padre ci siamo trasferiti in Friuli e lì ho continuato a studiare con il maestro Sormani fino a quindici anni. A quel punto mi sono ribellata, ho lasciato il pianoforte e la musica classica ed ho cominciato ad esplorare altri generi,il blues e il rock, inizialmente solo con la chitarra classica perché a Udine non c'erano maestri di musica del Conservatorio che insegnassero chitarra elettrica. Poco dopo ho abbandonato di nuovo questa strada per studiare con musicisti che suonavano il genere che piaceva a me. E, così, a sedici anni ho potuto finalmente suonare la chitarra elettrica, che è il mio strumento preferito da sempre. È stato naturale per una chitarrista elettrica essere parte di gruppi. La mia chitarra poteva così avere il sostegno di un basso di una batteria, il classico trio rock.
Sono stata parte di altre band dove c'erano anche tastiere, pianoforte, armonica ed altri strumenti a fiato ma principalmente ho collaborato con gruppi classici rock. Quindi due chitarre, un basso una batteria. Ho spesso anche cantato come solista o corista. Per me il canto è altrettanto importante. Come sono cambiata? Ci sarebbe tanto da dire perché la musica rock è sempre nella mia anima. Come sono passata da chitarrista di gruppi a solista, compositrice, esecutrice e produttrice della mia musica?
Ad un certo punto qualcosa si è spezzato dentro di me. Il ruolo di esecutrice mi ha stancata così mi sono ritirata a suonare da sola e con un mio amico, un grande musicista, Roby Colella. Questo periodo è durato parecchi anni. Ho ricercato modi diversi di suonare la chitarra elettrica per poter esprimere il mio mondo sonoro, e non quello di qualcun altro. È stata un'esigenza assoluta.
Poi, 4 anni fa, ho cominciato ad addentrarmi seriamente nel mondo dell'elettronica studiando al Berklee College e sostenendo anche degli esami. È stato allora molto utile il mio passato di pianista perché dovevo fare uso delle tastiere. Così ho unito la chitarra ai suoni del sintetizzatore, strumenti midi, suoni registrati dalla natura e la mia voce. Il nome del mio progetto, Loo(p)cy, è una sintesi tra loop e Lucy, il mio nome in lingua inglese. È nato per un brano del compositore Luigi Manfin, il mio compagno. Per quel brano ho collaborato registrando alcuni suoni di chitarra elettrica in fase di composizione, per poter capire come certi effetti sarebbero stati realizzati. Poi abbiamo pensato insieme al titolo: Loo(p)cy. Ringrazio ancora Luigi perché questo è stato un grande omaggio a me. Il brano, è stato poi eseguito da Giacomo Baldelli alla Biennale di Musica Contemporanea a Venezia.

LG: Riding the Night è il tuo lavoro più recente: puoi parlarci della sua genesi e di come il tuo suono si è evoluto nel corso del tempo?

LC: La prima cosa che mi viene in mente è che ero reduce da un una importante collaborazione con il famoso organista di Edimburgo Michael Bonaventure. È nata un po' per caso, durante il lockdown. Ci siamo conosciuti nella chat della radio Unexplained Sounds di Raffaele Pezzella a.k.a. Sonologyst. Parecchi nostri brani sono stati trasmessi da questa web radio tematica e sia io sia Michael ci siamo apprezzati a vicenda. Così è maturata l'idea di collaborare a distanza. Durante il lookdown non ci si poteva muovere. È stata è una grande esperienza di sperimentazione con due teste, due anime, due mondi sonori che si esprimono attraverso due strumenti musicali diversi. Ciononostante ci siamo scoperti molto affini. Io ho sempre detto che l'organo sta al pianoforte come la chitarra elettrica sta la chitarra classica. Sarà per il suo suono prolungato e naturalmente amplificato ma l'organo a canne e la chitarra elettrica si fondono insieme. Credo che sia nato un nuovo modo di fare musica per me perché tutte le esperienze che facciamo si stratificano nella nostra personalità e anche nel nostro sentire. Partendo poi da nuove sensazioni si creano ancora nuove sensazioni ed è veramente, più che un loop, una spirale evolutiva del suono e non solo. Parlare di come si è evoluta la mia creatività sarebbe un fiume infinito, per sintetizzare direi che un'esperienza intensa dopo l'altra hanno maturato e, credo, migliorato e arricchito il mio sound.

LG: Molti chitarristi sviluppano un legame simbiotico con il proprio strumento: è anche il tuo caso?

LC: Per quanto riguarda l'aspetto simbiotico del musicista, del chitarrista con il suo strumento, direi che se dovessi identificarmi con uno strumento che mi rappresenta sarebbe sicuramente la chitarra elettrica. Se dovessi scegliere un altro strumento al posto della chitarra elettrica forse sceglierei proprio l'organo. Mi piacciono gli strumenti con la possibilità di un suono prolungato.
Però non ho un atteggiamento simbiotico. Non vado sempre in giro con la chitarra e non mi va molto di suonare per gli amici come facevo da ragazza solo perché me lo chiedevano.
Per me lo lo strumento musicale, quale esso sia, è una cosa molto intima. È un canale per far uscire qualcosa che si manifesta attraverso di me ma che non so da dove viene. Non posso farlo a comando. È per questo che non suono più dal vivo. Concludendo non sono in simbiosi fisica con la chitarra pur prediligendone il suono.

LG: Across the Blood è un disco di grande suggestione frutto della collaborazione con Michael Bonaventure: com’è stato lavorare ad un disco a quattro mani? Questa esperienza ha cambiato il tuo modo di comporre?

LC: Io e Michael ci conosciuti ascoltando Unexplained Sounds e poi anche come musicisti trasmessi dalla radio. Ci siamo ascoltati a vicenda e ad un certo punto ci siamo parlati; ho fatto io il primo passo ma i tempi erano già maturi. Michael ha accettato subito la mia proposta di suonare insieme e durante il lockdown abbiamo cominciato a mandarci delle tracce. Prima io e poi lui creavamo la parte di organo o di chitarra elettrica. Mandava lui la traccia per primo ed io ci suonavo sopra o viceversa. Raramente rimaneggiavamo i brani,perché eravamo in un momento di fortissima ispirazione e venivano quasi sempre di getto. Ci siamo trovati veramente in una inimmaginabile sintonia. È stato bellissimo, commovente. Eravamo lontani e non ci siamo mai visti dal vivo! Per me non è però una novità suonare insieme. Per molti anni sono stata abituata a suonare in gruppo, comporre in gruppo, a improvvisare in gruppo suonando rock e blues. Precedentemente ho pubblicato un altro album in collaborazione con il contrabbassista Simone Serafini :"Eden's Noise". Quindi, per me, collaborare non è stato strano ma è lo è stato farlo a distanza e con questa sintonia. Anche se, come ho detto nella risposta alla domanda precedente, sicuramente ha influenzato poi il mio album successivo. Questo sì. Dubito che ci sia qualcosa di importante che ci capita nella vita e che poi non influenzi quello che viene dopo. In ogni caso è stato fantastico. Grazie Michael! Il nostro album peraltro sta avendo successo in Scozia. Michael è molto apprezzato e lo sta promuovendo anche all'interno di competizioni musicali per "migliori album sperimentali pubblicati nell'ultimo anno".

LG. Parliamo del potere terapeutico della musica: ritieni che droni, loops e riverberi permettano all’ascoltatore di immergersi nel proprio inconscio?

LC: Alla domanda se droni, loops, suoni elettronici, effetti sonori nuovi, amplificati, ripetuti, mescolati, distorti, immaginati e creati possano immergere l'ascoltatore nel proprio inconscio, rispondo "assolutamente sì". Ma credo che la musica e l'arte in generale possano essere l'espressione dell'inconscio umano e quindi possano raggiungere anche l'inconscio altrui. L'elettronica nella musica aiuta a raggiungere più facilmente quella dimensione onirica che è propria dell'inconscio in quanto non vi sono i limiti dall'acustica analogica. Con questo non voglio sminuire il potere evocativo della musica classica e della musica in generale senza l'elettronica applicata. Direi che sono due cose che viaggiano su due binari diversi. Ma parliamo sempre di musica. Io non faccio parte di quelle persone che, quando prendono una strada diversa, sminuiscono quella precedente o quella che altri percorrono. Qualunque tecnica musicale puó farci immergere nell'inconscio. Direi che qui posso cominciare ad introdurre la risposta alla domanda seguente. La verità è una ma ci sono strade infinite per raggiungerla. Quindi, alla tua domanda se penso che ci sia qualcosa oltre la materia, rispondo :"io credo di sì, sento di sì".

LG: Ritieni esista qualcosa al di là dell’esistenza materiale?

LC: Dicevo che credo di sì. Più che credo, sento di sì. Ho sempre sentito lo spirito immanente alla materia. E mi sento come una alchimista che cerca lo spirito nella musica. Nei miei brani ci sono riferimenti al mito, quindi nascono da una immaginazione mitica. Inoltre faccio riferimento ad esseri fiabeschi, sirene, fate e mondi fantastici. La mia è una materia sognata, immaginata. Quindi un insieme tra visibile ed invisibile, udibile ed inudibile. Anche la musica non è materia e non è materia quello che evoca. Cerco dunque di estrarre lo spirito dalla materia. Penso comunque che ognuno debba sentire a modo suo "l'oltre materia ". Sono una filosofa e sono convinta che sia giusto nutrirsi delle idee degli altri ma che, alla fine, sia fondamentale crearsi assolutamente le proprie. Anche per questo nelle mie interviste non amo usare citazioni.

LG: Eve, Eden’s Noise, Primal Scream...nei titoli dei tuoi lavori compare più volte il riferimento ad un passato primordiale: è un concetto a cui sei legata?

LC: Quando ho cominciato a suonare e a produrre la mia musica ho iniziato per la prima volta a comporre e non più solamente ad eseguire brani creati da altri o improvvisare su brani scritti da altri e mi sono sentita come Eva. La prima donna nella mia nuova vita. Sulla cover dell'album è rappresentata una valchiria sul cavallo alato quindi mi sono sentita anche una donna forte e coraggiosa che vola verso nuove avventure. Primal Scream si riferisce alla nascita di mio figlio o alla nascita della madre che c'è in me, a qualcosa che ha creato una donna nuova che ha completato il suo senso dell'amore. L'ho dedicato infatti a mio figlio Andrea. È anche il grido primordiale dell'uomo come archetipo. Eden's Noise rappresenta il rumore in questo paradiso terrestre di Eva. Si riferisce ai problemi che sono nati nella nuova vita ma anche il "noise" come effetto sonoro applicato nella produzione dei brani di quest'album, veramente sperimentale. Io e il contrabbassista Simone Serafini abbiamo registrato le tracce insieme in presenza. Poi io l'ho elaborato elettronicamente. Invece Across The Blood per me e Michael ha un significato metaforico. La trasmissione attraverso il sangue di madre in figlio, di padre in figlia, il sangue della passione, il sangue dell'amore, il sangue delle guerre, del parto, dell'arte. Un simbolo dalla vita alla morte.
Per quanto riguarda l'ultimo album Riding The Night, dedicato a Luigi, sono io che cavalco la notte, cavalco il buio nonostante le difficoltà, saldamente in sella. C'è un brano che si intitola Triumph of The Light e quindi saldamente in sella e con un faro che mi guida. Così mi sento in questo momento. È un buon momento per me,
per la mia vita e per la mia musica. Sono così legata al concetto di primordiale che ogni mio nuovo album ed ogni mio nuovo passo sono legati ad uno di questi concetti. Mi dà armonia interiore.

LG: discutendo dei dettagli di questa intervista mi hai detto: ”la musica è dentro di me, non fuori”. E’ un concetto molto interessante che merita un approfondimento: vorresti parlarcene?

LC: Ho sempre sofferto del fatto di aver scelto di essere una esecutrice perché la musica la sento dentro di me. Ora la lascio uscire come una medium attraverso i miei strumenti. Non so da dove viene e nemmeno dove vuole andare. Ma le ispirazioni le attingo assolutamente nel mio inconscio. Non sono logiche. La fonte interiore, la sintesi e la nascita della creazione sono al centro della mia persona, non all'esterno. Se volessimo utilizzare termini filosofici per me la musica è soggettiva e non oggettiva, la musica è centro e non periferia, è la sintesi di tesi e antitesi. Per me la musica è l'anima e non il corpo anche se si manifesta attraverso il corpo nella maniera più totale. La musica rimane sempre un mistero. È stato un privilegio potermi raccontare in questa occasione di condivisione di noi stessi. Noi musicisti contemporanei ma aperti all’atemporalità dell'espressione artistica.

LG: Grazie.

 

Per approfondire:

loopcy.bandcamp.com









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