SIMONA ZAMBOLI: INTERMITTENZE ETERNE

 


 

Simona Zamboli è fonica, musicista e sound designer. Il suo ultimo lavoro, Ethernity, pubblicato dalla storica label tedesca Mille Plateaux, è un distillato nervoso di strutture sintetiche e percussive inquiete e accidentate ma sempre in perfetto equilibrio dinamico.


LG: Ethernity è il tuo primo disco: generalmente la gestazione di un’opera prima abbraccia un tempo più lungo delle successive e alcune idee possono provenire dal nostro passato remoto. Ti ritrovi in questa descrizione? E perché hai scelto questo titolo?

SZ: A dire il vero, Ethernity non è esattamente il primo disco. La primissima esperienza in LP liquido l’ho provata lo scorso anno con Hyber Nation, rilasciato dall’etichetta americana indipendente Silent Methods Records; ma quella è stata un’esperienza più “di stomaco”, meno cerebrale. Con l’ultimo album, Ethernity, raccolgo una decina di tracce che mettono in scena una carrellata di quella che è stata la mia esperienza con la produzione di musica elettronica sinora e, senza dubbio, vanno a rimembrare frammenti di ascolti adolescenziali e post.

In ordine sparso, vi sono brani che risalgono al mio ombroso 2018 - dove facevo fatica ad espormi al di fuori del mio laboratorio casalingo (mi piace chiamare così la mia situazione di home recording!)- fino ad approdare al mio esplosivo 2021; periodo aureo, per quel che mi riguarda.

Per rispondere alla tua domanda: sì, mi ci ritrovo!

Ethernity è l’enunciazione enunciata che si autoproclama in un “qui ed ora”, ma che vuole propagarsi nel per sempre; è da questo principio di continuum che nasce il titolo.

LG: Nel tuo disco molti elementi risultano lievemente fuori fase e le cellule ritmiche sono reticenti ad allinearsi: penso ad esempio alle intermittenze ingolfate di A lighting Bolt… il tuo processo compositivo si basa sulle leggi dell’aleatorietà o ubbidisce ad una sorta di caos logico?

SZ: L’estetica di Ethernity opera sulla trasparenza, la liquidità e al contempo sulla densità, intesa come saturazione del sistema. All’interno delle mie produzioni si sente questa forte presenza ritmica che scandisce il tempo,sfidando le logiche matematiche e compositive - giacché, spesso e volentieri, quelle drums sfasate coprono un range che consuetamente dovrebbe riguardare timbriche per lo più armoniche - e giovando dell’irregolarità, in senso lato: non sono particolarmente attratta dalla struttura, preferisco applicarmi sul sound e su tutti i suoi tecnicismi; ma forse questa è soltanto una mia deformazione professionale, essendo prima di tutto una fonica di post produzione.

Tuttavia mi piace integrare a questa harshness una larga componente emotional, che poi è la parte umana che voglio mi contraddistingua; da qui melodie dissonanti, melanconiche, desiderose di portare l’ascoltatore verso confini in-familiari, dimensioni extra uterine.

In realtà c’è pieno controllo psichico e tanta intenzionalità in quello che faccio e sì, la teoria del caos e le sue logiche annesse sono sicuramente mie materie di studio dalla preadolescenza. Basti dare un occhio alla cover dell’album, si tratta di un mio disegno di qualche anno fa, quando adoravo “registrare” impulsi, fino a stendere su carta il grafico emotivo che in quell’istante più mi rappresentasse e che, ad oggi, ritrae iconograficamente la frammentarietà di Ethernity.

LG: Continuando sullo stesso argomento, le asimmetrie ritmiche sembrano interessarti molto: da cosa nasce questa predilezione? Quali ascolti hanno formato il tuo gusto al riguardo? E verso cosa vorresti spingerti?

SZ: Nei miei ascolti elettronici ci sono da sempre sonorità meccaniche, break, talvolta assordanti e ripetitive; paesaggi sonori tipicamente industriali, oscillatori che scavano nell’underground più inquieto che vi sia. Non sento la necessità di intrattenere, mi piace condurre il fruitore verso un percorso, la meta sta a lui deciderla. Ricordo un lungo periodo di focus incentrato su ambient-techno e molta brain dance music che hanno influenzato tantissimo la mia estetica compositiva e il mio modo di percepire la musica in modo destrutturato. Per quanto riguarda la palette melodica, devo riconoscere di averla ereditata dalla neo-psychedelia e dal grunge.

Ora vorrei spingermi verso qualcosa di più complesso; quest’anno mi sono interfacciata con un po’ di programmazione ad esempio, intendo dire linguaggi informatici. Sarebbe favoloso avere dimestichezza con veri e propri softwares che, tramite OSC, possano sfruttare la potenzialità di algoritmi per generare suoni inauditi. Sono attratta dall’idea di modellizzazione in real time, in tal modo si potrebbe sperimentare nel vero senso del termine!


 


LG: Esiste una traccia in particolare a cui sei emotivamente legata per motivi extramusicali? Forse per le circostanze in cui è nata, o per le persone che hanno contribuito a forgiarla?

SZ: Sono molto legata e orgogliosa di Dream But Be Careful perché mi sono accorta di aver composto un sound che mi rispecchia tantissimo. C’è stata della vera e propria ispirazione, tant’è che non mi ero affatto accorta del viaggio che avessi intrapreso con la mente durante la sua produzione. Ho iniziato ad apprezzarla soltanto molti giorni dopo averla chiusa.

LG: Chi sono i tuoi eroi musicali? Con chi di loro vorresti collaborare e perché?

SZ: Non ho dei veri e propri eroi ma stimo tantissimo artisti che reputo veri e propri visionari. Parlo di coloro che non hanno sentito la necessità di appartenere a un movimento per darsi un’identità ma che l’hanno creato. Mi lascio ispirare da questi e il mio piacere più grande è sicuramente poter collaborare con i medesimi.

LG: Cosa c’è oltre l’eternità?

SZ: La magnificenza! :)

LG: Grazie.




Per approfondire:


simonazamboli.bandcamp.com





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