SOME MINUTES WITH MIRCO SALVADORI

 


 

Mirco Salvadori è scrittore, critico musicale e dal 1983 collaboratore dello storico mensile musicale Rockerilla. Nel corso della sua lunga carriera è stato anche DJ potendo così osservare da vicino i mutamenti della scena musicale internazionale, dall'era delle radio libere fino a internet e al controverso ruolo dei social media. Con il suo aiuto possiamo tracciare un'accurata parabola di questi ultimi quaranta anni di musica, tra idealismo e disillusione. Mirco è una voce spesso spigolosa nei suoi giudizi verso proposte musicali che nulla aggiungono a quanto è già stato detto. Allo stesso tempo rimane uno dei più curiosi e attenti indagatori di quella realtà sommersa che ancora chiamiamo Underground e nelle cui viscere spesso risiedono i veri talenti.

LG: fin dai primi anni ottanta ti occupi di musica indipendente ma il concetto stesso di musica indipendente è mutato in modo radicale nel corso degli anni: puoi aiutarci a capire in che modo è avvenuta questa metamorfosi e a cosa siamo giunti?

Posso solo cercare di raccontare cosa ho visto e come questo qualcosa che ho avuto la fortuna di vivere, pian piano si è come afflosciato, svanito, scomparso in un nulla canzonettistico irrilevante. Come giustamente hai detto giungo da un periodo nel quale si faticava a tener dietro alle uscite discografiche, lo si faceva non per la quantità del materiale che usciva settimanalmente, comunque notevole. Lo si faceva prevalentemente per l'eccezionale qualità del contenuto. Per chi giungeva dal rock classico, ogni disco era una sorpresa, purissima novità. Questo non succedeva solamente con le formazioni estere, anche in Italia, seppur di riflesso e copiando (con solo rare eccezioni) da coloro che la nuova onda l'avevano praticamente creata, era nata una risposta alternativa e dirompente al mainstream imperante. Un movimento che comprendeva, oltre le miriadi di gruppi sorti spontaneamente, anche decine di etichette indipendenti che si autogestivano e organizzavano la propria attività di produzione e distribuzione del materiale prodotto. Ne cito una a caso che a caso in realtà non è citata, visto che è stata tra le prime a farsi sentire in piena esplosione punk (italiana) ed è la Materiali Sonori nata nel 1977, una delle pochissime originali - l'unica forse? - realmente indipendenti label italiane ancora attive. In quegli anni era divenuto normale acquistare esclusivamente materiale indipendente perché la stragrande maggioranza della musica ascoltata era, un prodotto assolutamente indipendente. Il tempo insegna e l'enorme successo tra i giovani di queste nuove mode non solo musicali venne ovviamente notato dalle major che iniziarono a insinuarsi acquisendo le indie-label o distribuendone i dischi. Un esempio per tutti lo diede la Italian Records con la Ricordi prima e la EMI in seguito. Giunsero poi i primi anni 90, gli anni nei quali possiamo tranquillamente salutare il suono indipendente come lo avevamo conosciuto. Questo il motivo per cui personalmente, ho abbandonato il rock soprattutto italiano, iniziando a seguire la via elettronica che proprio nei primi 90 iniziava a esplodere come nuovo fenomeno non solo musicale ma artistico a tutto tondo, mantenendo comunque una sua identità ben precisa, slegata dalla massificazione che in seguito comunque lo raggiungerà.

LG: l’attuale scena alternativa italiana è ricca di micro realtà, alcune dotate anche di grandi potenzialità eppure siamo inevitabilmente legati al passato musicale. Ritieni che il motivo sia da ricercarsi nell’attitudine eccessivamente cerebrale di certa ricerca musicale? La nuova musica di confine dovrebbe trovare un punto di equilibrio tra ermetismo e accessibilità?

Presumo ti riferisca alla scena elettroacustica e di ricerca che giustamente è molto popolata se vista da chi la abita per motivi professionali o da semplice ascoltatore ma che è invisibile, se pensata come elemento della scena musicale italiana. Per guadagnare l'attenzione dei fruitori abituati alla musica di consumo, si dovrebbe abbassare la qualità del suono, renderlo più "orecchiabile", praticamente la scena di ricerca dovrebbe svaccare di brutto per guadagnare qualche ascolto in più. Tieni presente che, quando mi riferisco a "scena musicale italiana" non mi riferisco ovviamente alla realtà commerciale tout court ma a quella che tutt'ora si definisce indipendente, rock, altra dal commerciale, in teoria. Io credo che non ci si debba porre problemi riguardanti i like e le aperture verso altre audience non interessate. Il suono di ricerca, inteso come elettronica, elettroacustica e derivati vari nasce da un bisogno di indagine, progressione e ricerca anche interiore che non ha bisogno di un pubblico da stadio ma di un vero pubblico, anche minimo, che lo segua con quella passione che ormai la maggioranza di chi ascolta ha perduto. Ciò che purtroppo manca è il riconoscimento, questo si, di una realtà culturale che molto lavora cercando di indagare nel suono. Musicisti, sound artist e ricercatori capaci di farsi conoscere all'estero popolando con i loro lavori le più interessanti label specializzate in circolazione. Personalmente trovo sconfortante vedere realtà ininfluenti a livello di ricerca e prive di reali contenuti artistici, presenziare a festival o manifestazioni culturali grazie a conoscenze o favori. Ma qui si aprirebbe un'altra discussione. Rimaniamo sul pezzo va.

LG: Osservando la scena musicale da una prospettiva più ampia è chiaro che viviamo un momento storico di ristagno culturale: cosa è andato storto? Abbiamo davvero “bruciato le tappe” vivendo troppe rivoluzioni musicali nell’arco di soli tre decenni?

Quando sento la frase "nulla di nuovo si può più inventare in campo musicale" non posso che concordare. Il punto è, come si può riuscire a interpretare in modo innovativo ciò che altri hanno ideato. Questo è ciò che ci si dovrebbe chiedere. Ultimamente ho avuto il piacere di ascoltare i lavori di Francesco Maria Narcisi o di Salvio Vassallo che rispettivamente compiono un lavoro di rivisitazione del suono barocco il primo e della scrittura monteverdiana il secondo che decisamente stupiscono. Questa è innovazione che passa attraverso la rivisitazione e non vi è ristagno che conti anche se tutto è stato già scritto. Quello che tu chiami ristagno è un fenomeno ben esistente che va a ingrossare il già enorme bacino del suono massificato, ne aumenta il volume oltre il livello di guardia e non prova la minima vergogna nell'iterare se stesso proponendo reale trash. Il valore sinistramente culturale di questa operazione è enorme, generazioni intere di giovani ne vengono attratte perdendo la capacità critica nell'ascolto, capacità perduta anche da molti addetti ai lavori che si gettano a capofitto sul nulla perché questo chiede il pubblico e gli editori delle riviste o quotidiani sui quali scrivono.

LG: Parte della tua professione consiste nell’ascoltare (e recensire) le nuove uscite musicali: quali aspetti di un disco catturano la tua attenzione?

Devono avere un requisito fondamentale: devono contenere un racconto. Da molti anni ho scelto di abbandonare la tecnica o la storiografia musicale largamente diffusa nelle recensioni, così come i confronti con altri artisti simili o il classico "per gli amanti di...". Il disco deve raccontarmi una storia a parte e di conseguenza anche la recensione che lo descrive. E' con le parole che cerco e spero di riuscire a descrivere il suono che sto ascoltando e il racconto che porta con sé. Ammetto che ascoltare la materia elettronica aiuta e molto, vista la sua a volte maestosa potenzialità visionaria ma anche certo rock non scherza. Tra l'altro questo esercizio mi è servito parecchio durante il periodo nel quale scrivevo i racconti per i quattro volumi di "Alone" firmati da Gianni, un musicista capace di farti toccare e vedere il suono che produce come pochi, un'anima rara che ha saputo mostrami quanto serbava nel cuore. Dolore, ansie, gioia, speranza, morte e rinascita, tutti elementi che fanno parte di racconti scritti per quei volumi discografici.

LG: E’ opinione comune che ai grandi movimenti unitari di un tempo (beat, prog, punk, etc) si è gradualmente sostituito un confuso caleidoscopio di sotto-generi coevi ma spesso eterogenei tra di loro. Ritieni che questo frammischiamento di stili e generi si acuirà sempre di più in futuro o possiamo aspettarci una nuova rivoluzione?

Per capire meglio questo fenomeno credo si debba guardare fuori dai nostri confini, lì dove solitamente alberga il mio ascolto e dove è in atto una sorta di ricerca che tende a unire vari generi sotto l'egida dell'imperante pop che, si badi bene, se costruito con tutti i crismi è una gran bella cosa da ascoltare. Esempi ve ne sono parecchi come, giusto per fare un esempio, l'ultimo lavoro del producer francese Para One che è riuscito a riunire in tre 12" usciti prima e dopo l'album vero e proprio, una serie di tracce che coprono esperienze di ascolto le più svariate ma lo fanno con un'eleganza e uno stile che sorprende. Tra l'altro si fa aiutare nell'operazione con remix di gente tipo Les Mystère Des Voix Bulgaires, Alva Noto e Actress. Se si usa la conoscenza e la capacità tecnica e compositiva, qualsiasi caleidoscopio, come tu lo chiami, risulta affascinante.

LG: Tempo fa rivolsi questa domanda anche a Gianluca Becuzzi e ora sono curioso di ascoltare la tua opinione: in anni recenti Brian Eno indicò la voce umana come ultima frontiera della sperimentazione sonora. Condividi questa affermazione?

Condivido. Tra le più belle e interessanti cose ascoltate da un po' di tempo a questa parte figurano i lavori di artisti che usano la propria potenza e modulazione vocale come unico strumento. Potrei fare molti esempi, cito velocemente una Lyra Pamuk ma anche la nostra Olivia Salvadori o Anna Caragnano da un po' scomparsa dai radar, autrice nel 2015 di uno splendido album assieme a Donato Dozzy che si intitola Sintetizzatrice. La voce umana è meraviglia, tieni presente che stai parlando con uno, un tempo ragazzo nel 1978, anno che vide l'uscita per l'indimenticabile Cramps (a proposito di etichette indipendenti un tempo regine) di un disco intitolato "Cantare la Voce". Chi di noi ascoltati agé può scordare le sperimentazioni vocali di Demetrio Stratos? Siamo tutti diplo e triplofonici : )

LG: Oggi si può pubblicare gratuitamente su Bandcamp il proprio progetto discografico e per ogni musicista in erba questa opportunità sembra un sogno che si avvera; altrettanto presto si scopre che il proprio disco si è perso in una melassa appiccicosa di migliaia di altre uscite tutte simili tra loro. L’indipendenza dalle etichette discografiche non sembra aver portato i frutti che ci si aspettava. Qual è la tua opinione in merito?

Stai parlando con un fedele della piattaforma che hai citato. Passo ore nella ricerca di suoni interessanti presenti nelle varie pagine. Odio visceralmente Spotify e fatico a seguire Soundcloud, per certi versi più techno oriented. Trovo Bandcamp una realizzazione meravigliosa perché riesce a darti tutte le info necessarie sull'autore o sulla formazione, ti allega ampia discografia e soprattutto, ti fa ascoltare come Dio comanda le tracce. Un po' come si faceva un tempo quando entravi nel negozio di dischi e volevi farti un'idea di cosa stavi acquistando. Ho imparato ad amarlo quando mi occupavo di Netlabel, quelle folli etichette che, al pari di quella gestita assieme ad altrettanto folli amici, distribuiscono suono gratuitamente in free download in Creative Commons License. Una usanza che ormai sta svanendo proprio per l'avvento anche di questa piattaforma che permette a tutti gli aspiranti di gestire da soli il proprio suono, senza appoggiarsi ad una label specializzata. Convengo con te, anche Bandcamp si è trasformato in una jungla difficile da attraversare, colma di suoni per la maggior parte inutili, un tempo sapevi che quella netlabel era specializzata in un genere piuttosto di un altro, conoscevi il livello delle produzioni e i nomi dei sound artist che le pubblicavano. Era un universo sconfinato nel quale però potevi viaggiare con ottime coordinate. Oggi si avanza a vista e l'unica cosa che può salvarti è l'orecchio. Un ascolto decennale mi ha permesso di capire abbastanza velocemente se il player mi sta inviando buona musica o robetta e questo aiuta molto. Il consiglio è quello di affidarvi alle pagine Bandcamp delle label, meglio se piccole. E' in quelle micro realtà che si continua a produrre buona musica e si persevera nell'uso di una sostanza da molti dimenticata: la passione.

LG: Grazie.

 


Per approfondire:

www.instagram/mircosalvadori.com

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