ANNALISA PASCAI SAIU: SOLSTICE OF THE TELLURIC GODDESS

 


 Foto: Isabella Quaranta

 

 Artista impossibile da inserire in un genere o in un movimento specifico, Annalisa Pascai Saiu è dedita da molti anni ad una forma di arte totale in cui gesto, suono, voce vengono sublimati all'interno di un corpo che si fa contenitore posseduto dallo spirito. Le sue performances vocali ( le più recenti raccolte nell'album Annalized) sono assolutamente devastanti per intensità e potenza primigenia.




LG:Iniziamo dal tuo ultimo lavoro, Annalized, un disco registrato durante una tua performance live: raccontaci le genesi di questo progetto e il suo processo compositivo.


APS: Annalized è un lavoro interamente improvvisato, ho delineato un percorso mentale in cui avrei voluto condurre l’ascoltatore ad una discesa agli inferi protesa verso un parto interiore di luce.

Ho registrato la prima lunga traccia il 12 dicembre pochi giorni prima del solstizio ed anche sua data rovesciata.

Ho cercato inoltre di caricarmi di energie telluriche e dell’influsso dell’acqua, visto che registravo all’imbarchino del Valentino, sulle rive del fiume Po.

Rispetto agli anni passati ho deciso di snellire il mio set e usare solo due walkman , tapes, no input mixer e voce, cercando di suonare le tapes di altri artisti che apprezzo, esattamente come vorrei sentirle, costruendo una sorta di cut-up simile alle schadografie dadaiste di Christian Schad .

Nella seconda traccia specialmente ho deciso di distorcere e interagire attraverso la mia glossolalia con la tape Noiose di Emilio Bernè ( dadaist tape 2021).

Per la mia tesi di laurea triennale, ho creato un alfabeto impossibile fatto di simboli e concetti, seppur priva di suono, finché non è giunto anch'esso attraverso una glossolalia fatta di suono e preghiera, nata da una performance collettiva all’alba proposta a me e Luca Olivieri dall’artista Amalia de Bernardis.


LG: Hai contribuito a creare Noise Delivery e ne sei da sempre instancabile promotrice: mi sembra però riduttivo parlare solo di una rassegna di musica improvvisata quando in realtà è un’esperienza molto più immersiva. Aiutaci a definire meglio le coordinate di questo progetto.


APS: Sono arrivata a Torino a fine 2013 e nel 2014 ho capito che avrei voluto organizzare una rassegna underground per ospitare gli artisti che stimavo e dato che Luca Coucourda del Des Arts era già un mio sostenitore ho pensato di proporgli questa piccola follia.

L'idea era di avere una programmazione annuale di noise, free, improvvisazione totale che constasse almeno di una ventina di eventi l’anno con artisti internazionali.

Nonostante il low budget negli anni si sono susseguiti grandissimi artisti e anche quando non potevo viaggiare ho avuto la possibilità di godermi comunque grandi live.

Emilio Bernè ha inventato il nome, Isabella Quaranta ha sempre provveduto alla documentazione fotografica e alla realizzazione delle locandine, Ricky Mandarino, Renato Grieco e altri preziosi artisti mi hanno regalato opere magnifiche per i nostri flyer, dischi , dvd, tapes, vinili, etc.

Michele Anelli per diversi anni ha collaborato con me all’organizzazione e come artista ha performato svariate volte nella rassegna.

Noise Delivery ritengo sia la mia creatura più riuscita.

Nonostante un anno e mezzo di pausa, il suo nome continua a circolare a livelli internazionali, ho sempre richieste, ed ho potuto collaborare negli anni con diversi festival, locali, collettivi, sparsi per l’Italia e fortunatamente nessuno collega direttamente il mio nome, per cui sono stata un Deus ex machina degno di tale nome, non essendomi mai messa troppo in prima linea neanche per i concerti, tentando sempre di essere figura essenziale ma “silenziosa”.

Il tentativo è sempre quello di creare una rete di contatti che contribuisca a creare cultura, uscendo dagli schemi del provincialismo che fete di mafia e che possa continuare a decapitare linguaggi vetusti e oramai privi di poesia e senso.

Perché la musica è stanca ed anche il linguaggio ha voglia di morire un po’, vieppiù che poi risorge.




 Foto: Isabella Quaranta

 

 LG:  “Il teatro è come una barca, è soltanto grande così, ma la rivolta è il rovesciamento del sistema, la rivoluzione è il capovolgersi della marea.”- Julian Beck 

A queste parole aggiungerei che oggi più che mai la nostra società ha bisogno di arte, altrimenti la trasformazione in un’entità amorfa e insensibile sarà inevitabile. Qual è il tuo punto di vista al riguardo?


APS: Intanto ti ringrazio per avermi omaggiata citando Julian Beck che è uno dei miei più grandi amori di sempre.

Per il resto, voglio sorridere rispondendo così, un po' fuori tema, un po' evasiva. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

"L'uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri tradizionali, le autorità costituite... L'uso della libertà, che tende a fare di qualsiasi cittadino un giudice, che ci impedisce di espletare liberamente le nostre sacrosante funzioni. Noi siamo a guardia della legge che vogliamo immutabile, scolpita nel tempo. Il popolo è minorenne, la città è malata; ad altri spetta il compito di curare e di educare, a noi il dovere di reprimere! La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!"

[-Il dottore - Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Elio Petri, 1967]


LG: Agli artisti più sperimentali, che lavorano con materia sonora il cui confine con il rumore è percepibile solo da alcuni rivolgo spesso questa domanda: cosa è per te il Caos? Una forza primigenia e insopprimibile? O un’entità capace di rimescolare le carte proponendoci un modo diverso di osservare la realtà? In risposta a questa stessa domanda Nàresh Ran affermò che “caos è una parola che incute rispetto”.

 

APS:

Spalancò la voragine,

Lo spillo fendette la vertigine somma

Gridó all'Unto di torcersi

di consegnare la piccola lancia

che l'avrebbe trattenuto

Tacque

Ci fu un grande frastuono

Uccelli inimmaginabili

volteggiano nello spazio di un soffio

Quella bocca spalancata

Cavità di anime

Il Simurgo mostra una piuma

Il deserto è il suo nido

La cavità il suo volo

Si torce su se stesso

Non vi è nulla al fuori dell'Uno

e quel fuori sarebbe comunque Santo.




Foto: Isabella Quaranta


 

 LG: Il tuo rapporto con la musica jazz.


APS: Sto giusto guardando un documentario su Miles Davis e come sempre mi sconvolge.

Spesso giudichiamo gli artisti, dalla loro pochezza umana, e sbagliamo tantissimo a mio avviso. Uomini come Picasso, Davis, Bird o Ray Charles non erano certamente galantuomini o rispettosi né delle donne né degli uomini spesso e volentieri, ma occorre guardare la luna e non il dito, e per dirla alla Tarkovskij “la poesia va oltre la natura peccaminosa del poeta”.

Dico inoltre, citando un vecchio amico, che occorre nutrire la poesia di sangue e la bestia di poesia per non uccidere più.

Tornando al jazz, credo di non aver mai amato tanto una musica quanto il jazz, e forse non ho mai odiato dei musicisti quanto i jazzisti, specialmente quelli italioti.

Come direbbe un uomo saggio, “non c’è nulla di peggio di un ignorante con degli ideali.”



LG: Tra i tuoi progetti più recenti annoveriamo una personale nella città di Cagliari, una raccolta di poesie, una performance rituale (Allow Myself To Be) oltre a Annalized, ovviamente. Esiste un filo rosso che collega tutte le tue attività? Una chiave di lettura univoca, forse?


APS: Amalia de Bernardis nella post-fazione della mia tesi sul Logos ha scritto :-" Decapitare è figlio del capitare".

Ecco, trovo che oltre la poesia, la ricerca del sacro, la volontà di teurgia e l'incessante preghiera, ci sia sempre questo profondo desiderio di salire sopra il Monte e respirare quel nulla perpetuo che è Tutto e Dio, che incroció San Giovanni della Croce,e di cui la decapitazione del linguaggio è la sua trasfigurazione in arte.



 
 Foto:Togaci

 

LG: Pur non potendolo dimostrate materialmente credo che esistano altre realtà, differenti piani dell’esistenza, invisibili e intangibili solo perché non ricordiamo più come accedervi. E in molte culture la musica è sempre stata un elemento determinante durante i riti di comunione con le divinità. Mi sembra di vedere una connessione tra i due elementi: è lo stesso per te?


APS: Dico sempre che non sono molto legata a questo mondo e se non fosse per la mia costante percezione dell'invisibile e per l'amore sarei già pessoianamente svanita da questo mondo.


Dal mio manoscritto di tesi di Laurea Triennale "E IL LOGOS SI FECE SUONO,

DAL CORPO PITTORICO A

LA "DIGESTIONE" ALCHEMICA."


E il Logos si fece suono.

Il teurgo è colui che torna a Dio, all’Uno, percorrendo la strada verso il Nome,oltrepassando il settimo giorno e volgendo verso la Corona, Kether.

Tappa fondamentale di detta via è perfettamente espressa dalla lama XVI dei tarocchi detta nei marsigliesi la “Maison Dieu” esotericamente detto il “Ritorno a Dio”, “Io Sono Dio, Sono io”. Nella lingua sarda, detta campidanese, ci si presenta sempre con l’espressione Seu Deu o Deu Seu, appunto dal latino Ego Sum Deus.

L’artista che percorre questa ardua via, diviene ciò che è, porta a compimento ciò che era in nuce, la spada e la coppa. 1+1 = 4

La Tetraktys di cui è composto il nome dei nomi.

Il viaggio verso le nozze alchemiche.

Nelle culture tradizionali, intese in senso Guenoniano, i poeti erano coloro che parlavano la lingua degli Dei e la parola poesia stessa era intesa nella sua primigenia accezione.

Poesia, dal latino pŏēsis dal greco ποίησις, derivato a sua volta da ποιέω = produrre, fare, creare ed, in senso più ampio, comporre, sino alla radice sanscrita pu- che ha appunto il significato di generare, procreare e al kri, che è la radice di karma.

Il poeta era teurgo, oracolo, profeta e non vi era pressoché distinzione tra poesia e preghiera.

Henri Chopin nella sua opera “Les mirage des 27” parla dell’inafferrabilità dei linguaggi post- alfabetici e a mò di manifesto ci chiarisce che in ogni singola lettera è contenuto l’intero universo. In questo vedo la sua forma di preghiera, la sua forma di Teurgia, lo stesso fondatore del movimento lettrista, Isidore Isou, dedicò il suo nome d’arte alla Dea Iside.

Nel suo film Traitè de bave et d’eternitè compie non solo un salto in avanti verso un proto- situazionismo post artaudiano, ma nel tentativo di scandagliare, decostruire, quasi annientare il linguaggio, compie anche un salto all’indietro verso la ricerca di una preghiera.

Quest’ultima intesa come suddetto , la ricerca della divinità in sé.


LG: Grazie Annalisa.


APS:

Ringraziammo

per esserci incontrati sul ciglio

Sul limine di quel sentire.

Cedetti alla tentazione

di mostrarti un angolo del mio ventre.

Nessun sé detiene sé

come il ventre stesso.

Bevete dalla mia coppa

È genuino il suo contenere

Flette e riversa

Ogni lacrima

Ogni gioia

Ogni stoltezza

Svela,

Senza più rivelare.


  1. P. S. Cagliari Giovedì 9 settembre 2021 ore 23.33

     


    Foto: Isabella Quaranta

     

     

    Per approfondire:

    https://noisemargin.bandcamp.com/album/annalized

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