"FU UNA BELLA STORIA": LIBERO DIALOGO CON ARLO BIGAZZI - parte prima

 

 

credits:Andrea Palei

 

 

LG: Stavo pensando a qualcosa di meno formale di un’intervista, a un libero dialogo sui dischi che hai realizzato nel corso degli anni… Che ne pensi?

 

AB: Ma veramente vuoi parlare di ogni mio disco?!? Ne ho fatti diversi, ormai è un bel po’ di anni che lavoro nell’ambito musicale, sarà un’impresa. Proviamo, iniziamo, vediamo cosa succede e se ci viene a noia ci fermiamo. Da quale disco vorresti partire?

 

LG: Da Tribae. Mi ha stupito positivamente perché per qualche strana ragione me lo ero immaginato più abrasivo all'ascolto e invece è un lavoro molto eclettico nei suoni e nelle atmosfere, sperimentale ma coinvolgente. Soundtrack mi ha ricordato gli innesti tra jazz, cyber ed elettronica tipici di certa scena giapponese sperimentale. Bello il corto circuito creato dalla presenza simultanea di fiati e textures ambientali. Un aspetto che ho gradito molto di Tribae è l'utilizzo della componente ritmica che rende le atmosfere tese e minacciose.


AB: Penso che Tribae sia un esperimento interessante voluto principalmente da Luca Brandi, fumettista e illustratore. Mi chiese di creare una vera e propria colonna sonora per un suo graphic novel wordless. Il primo brano, lungo ventidue minuti, è strutturato in modo da accompagnare, tavola dopo tavola, la lettura del novel. Non riesco a spiegarti in poche parole la narrazione di Tribae ma, sintetizzando molto, si tratta dello scontro, in una galassia immaginaria, tra due creature antropomorfe, con il volto di bambine deformi su dei corpi ripugnanti che fanno dimenticare qualsiasi tipo di umanità. Nel disegnare queste creature Luca rilegge in chiave grafica l'estetica delle statuette del Paleolitico.


LG: Sicuramente, osservando le tavole, la prima traccia acquista una fisionomia più precisa. Deve essere stato molto stimolante creare un alter-ego sonoro al mondo paleo-onirico di Brandi.


AB: Mi hanno raccontato che è una bella esperienza leggere seguendo la musica, un’esperienza curiosa, inusuale. Poi, sì, per noi è stato un lavoro stimolante, perché con Luca lavoravamo a stretto contatto, proprio come se realizzassimo una colonna sonora di un film. Lo tenevo informato su ogni variazione e lui confermava o meno: "Sto disegnando e ascoltando la musica. Funziona. Vai avanti..." Poi il CD – come il libro – ha anche una vita propria, e per questo motivo ho inserito altri tre brani slegati dal contesto ma ispirati ai disegni di Luca.


LG: Le colonne sonore per immagini statiche (come i fumetti) sono un territorio ancora poco esplorato. Abbiamo nel nostro paese delle vere eccellenze, penne capaci di creare veri mondi alternativi ma non vengono pienamente valorizzate.


AB: Sono d’accordo. il fumetto italiano sta avendo un suo bel momento di creatività e diffusione. Semmai mancano gli editori lungimiranti che possano comprendere la possibilità di unire altre discipline al fumetto. In generale, penso che confrontare, mettere insieme le varie arti, siano esperimenti interessanti. Pensa che con Tribae abbiamo realizzato sia un paio di concerti – con Mirio Cosottini, Lorenzo Boscucci e Blaine L. Reininger – dove, oltre a una scenografia fatta di cubi, veniva proiettato un video, realizzato da Rossano Dalla Barba, con le immagini di Luca e inoltre delle mostre con le tavole originali, che sono di grande formato, dove veniva diffusa la soundtrack. Un’esperienza immersiva, insomma, e di ampio respiro. 

 

 

credits: Alex Dematteis


LG: Il futuro è il sincretismo artistico. L'idea di graphic novels con relative colonne sonore potrebbe diventare un genere a sé. Credo che il problema degli editori poco lungimiranti sia lo stesso che affligge le etichette discografiche. Diciamo che forse sono io idealista, ma una label non serve solo a far stampare dischi e a fare promozione, spesso quest’ultima ridotta all’osso e in un arco di tempo brevissimo. Sarebbe bello proporre un progetto, discuterne, confrontarsi.

Questo un po' manca al momento.


AB: Che io sappia, non esiste più questo mondo e questo metodo di lavoro. È anche vero che il panorama musicale e culturale sono totalmente cambiati e credo che la maggioranza delle label prestino, nella sostanza, solo dei servizi. È pure vero che è stato sperimentato di tutto, quindi mancano gli stimoli, mancanza dovuta forse anche alla carenza di spazi disposti a proporre cose nuove. L'unica strada per non ripetersi penso, come dicevamo, sia quella sì, di mescolare le diverse discipline, ma anche cercare nuovi spazi. Il progetto Majakovskij! ha questa intenzione, poi il Covid ha fatto saltare tutto quanto avevamo programmato, ma l'idea di base era quella: partendo da un semplice monologo e da delle musiche che lo accompagnano, modificarlo in continuazione per proporre sempre esperienze diverse.


LG: Un'opera in continuo divenire, mai del tutto simile a se stessa. Mi fa pensare a un organismo vivente e meno all'idea di cattedrale sonora a cui spesso si paragonano certe opere monumentali.


AB: Sì, l’idea è proprio quella, un’opera in continuo divenire per le possibilità che ci vengono proposte, ovviamente. Non abbiamo molti mezzi a disposizione, ma il senso è quello. In sostanza, con Chiara Cappelli, non facciamo differenza tra un concerto vero e proprio, la presentazione in una libreria o la proiezione di un video. Pensa che di recente abbiamo realizzato un concerto con dieci musicisti sul palco, oltre a Chiara, ed esiste un altro CD realizzato con Flavio Ferri che è intervenuto "massacrando" alcuni brani originali e che sarà allegato a un libro – che sarà pubblicato da Silentes – di foto di Lucia Baldini che illustrano la poesia Ascoltate! tradotta da Chiara. Come, nel mio immaginario, c'era (e forse c'è ancora) l'idea di andare a sostituire, nello spettacolo, alcuni brani originali con quelli realizzati con Flavio. Sempre in mutazione, insomma. Un progetto che non sia mai uguale a sé stesso, pur rimanendo ancorato all'idea originale.


LG: È un progetto ambizioso e innovativo. C'è da dire che nelle mie letture ricordo un'intervista a Peter Hammill in cui descriveva i loro primi concerti come totalmente improvvisati e costruiti su frammenti dei loro brani rielaborati in modo sempre diverso. Penso sia un'attitudine molto Free Jazz. Ci vuole preparazione e competenza nell'improvvisare, qualità non proprio così diffuse al momento.


AB: Sì, qualcosa di simile. Spesso accade che in alcune situazioni riutilizzi le basi preesistenti dove poi improvvisiamo partendo da dei frammenti originali. Un esempio è il live che abbiamo realizzato al Museo Venturino Venturi e poi pubblicato in video su YouTube e pure in CD. Vado a memoria, ma in questo caso abbiamo utilizzato un brano da Tribae (dove Mirio suona un flauto tenore e non la tromba), da Solitarie Comunanze Digitali (ma utilizzando un altro testo) e per Ma Voi abbiamo utilizzato la base della versione strumentale del CD e non la versione "teatrale" dello spettacolo. Cari belli ha invece un'altra musica rispetto a quella originale usata per un video. Anche il testo è un po' diverso ed è pure l'introduzione allo spettacolo Majakovskij! non è inclusa nel CD. Negli spettacoli il testo può cambiare di volta in volta, in base a quanto accade nel mondo.

 

 

credits: Antonio Viscido


LG: Non per niente li chiamiamo concept album. Esercitano da sempre un potente fascino su di me.


AB: Anche se non apertamente dichiarati, tutti i miei album sono concept. Ho necessità della narrazione. Non riesco a mettere brani uno dietro l'altro solo perché mi è venuto di comporli. Ho necessità di narrare una cosa, che poi può valere solo per me, ma non riesco a fare altrimenti. Se non ho niente da dire, taccio.


LG: Seguo la tua stessa linea. Se non concepisco in modo chiaro almeno un canovaccio narrativo (anche solo una serie di immagini interconnesse) ho difficoltà a dare un senso ad un disco.

 

AB: Si, avevo avuto quest’impressione ascoltando qualcosa di tuo. L’idea dei cosmonauti perduti mi è apparsa intrigante. Scoperti i tuoi brani, sono andato a informarmi sulla vicenda dalla quale prendi spunto. Una bella storia da raccontare e una bella idea, la tua.

 

LG: Ah, ti riferisci a Utòpia-Entròpia… Ludmilla è una delle figure del mio immaginario a cui sono più legato. Mutuata dalla storia delle intercettazioni radio e dal fatto che è avvolta dalla leggenda rappresenta per me la lotta tra ideale e inesorabile. E poi i cosmonauti della prima ora sono per me come degli eroi romantici.

 

AB: Sì, concordo pienamente. Non conoscevo questa storia ma la trovo esattamente come dici tu. Anzi, sarebbe ancora più intrigante se Ludmilla non fosse mai esistita. Pensa che Ludmilla era il nome della sorella maggiore di Majakovskij. Fantasticando, ci potremmo trovare delle connessioni…

 

LG: Le coincidenze... Oppure le coincidenze non esistono e in un breve istante abbiamo condiviso una storia fuori dal tempo. Mi fa pensare a Twilight Zone.

 

AB: Il mio amico Diego Repetto le chiama "connessioni”. Per questo ho molto apprezzato l'idea di Ludmilla e dei cosmonauti dimenticati: non sono brani casuali in sequenza ma racconti una storia, mi fai entrare dentro la tua narrazione. Lo trovo interessante e sulla mia stesa lunghezza d’onda.

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

credits: Sonika-Poietika

 

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