"FU UNA BELLA STORIA": LIBERO DIALOGO CON ARLO BIGAZZI - PARTE SECONDA

 

 

credits: Giulio Dell'Aquila

 

 



LG: Parlavamo di concept-albums e dunque direi che è il momento di citare un tuo lavoro del 2018, La Passione. Ritengo che i soggetti sacri siano importanti da esplorare per un artista: questioni ataviche come divinità, umanità, eternità non possono essere eluse per sempre. Di solito questo si traduce in un profondo raccoglimento e una scrittura densa come ho notato in La Nona Ora (la traccia che mi ha colpito maggiormente per intensità e lirismo). Ultima Cena con i suoi toni pastorali quasi da scuola di Canterbury. Voi dite chi io sia è una traccia che inevitabilmente mi ha fatto pensare a Passion di Peter Gabriel per gli innesti world anche se la deriva un po' psichedelica del finale la rende estremamente soggettiva.

Dicevo, Passion: sicuramente i due lavori sono accomunati dal gusto multietnico anche se La Passione ha un sapore mediterraneo nell'uso delle corde e un'intensità notevoli.

Curiosamente il disco su cui sto lavorando pur non potendo definirsi di argomento sacro mi sta gradualmente conducendo verso questo territorio.


AB: La Passione raccoglie la musica per una sacra rappresentazione che si tiene ogni sette anni a Terranuova Bracciolini, vicino dove abito. Al di là del tema "obbligato", mi sembra un buon esperimento di world music con elettronica e sapori ambient. Per questo album volevo richiamare le musiche mediterranee perché in fin dei conti è lì che si sono svolti i fatti. Ed è per questo che ho coinvolto Stefano Saletti, che ritengo sia uno dei maggiori esperti in Italia di cultura e musica del Mediterraneo. Con lui avevo lavorato ai tempi dei Novalia e conosco bene anche la sua "attitudine" al prog, alla sperimentazione e non poteva che essere il partner ideale per questo lavoro. Durante la preparazione mi sono letto i Vangeli, persino nella traduzione “poetica” di Niccolò Tommaseo. Poi mi sono visto praticamente tutti i film, addirittura Brian di Nazareth, ma ho evitato La Passione di Scorsese e di riascoltare Gabriel. Anche perché mi era comunque impossibile tenermi alla larga: conoscendolo, come facevo a non rimanerne influenzato?

La mia idea era di creare una musica inclusiva, come penso sia il messaggio originale di Cristo. Per questo ho mischiato suoni e temi. Golgota si rifà a un tema mongolo, La nona ora cita un canto gregoriano, Crux Fidelis (che tra l'altro ha un testo che fa accapponare la pelle per la sua bellezza) e tutto l’album contiene suoni di strumenti tradizionali che niente hanno a che fare con il mediterraneo. Secondo me, il basso in Il giorno dopo il sabato ha persino dei brevi fraseggi dal sapore blues e da qualche parte appare il berimbao, per farti capire le mie intenzioni. Suoni e frasi non evidenti, ma che tutte insieme costituiscono l'ossatura del lavoro. Mi fai tornare in mente che Ultima Cena è un brano che ho composto una ventina di anni fa su Atari 1040, mai finalizzato ma del quale sono sempre riuscito a salvarne il file midi…

 

LG: Direi che ora ha trovato finalmente casa. Su Gabriel, che dire? Passion rimane a mio avviso il lavoro di più ampio respiro della sua discografia solista (che comunque alterna stenti e trionfi come dal titolo di un volume a lui dedicato e letto millemila anni fa).


AB: Si, pur avendone quasi la discografia completa, ritengo Passion il suo unico vero album di world music. Il resto è pop music di gran classe. Non ha inventato la world music, come comunemente si pensa. Esisteva già la world music anche se non codificata con questo termine. I primi dischi di Santana o la produzione dei tedeschi Embryo cos’erano se non world music? E si parla di musica realizzata tra fine Sessanta e inizi Settanta.

 

 

credits: Dario Nigredo

 

LG: Pienamente d'accordo. Sul riprendere i vecchi lavori ho notato che il passare del tempo è un buon giudice. Vedi difetti che a caldo non notavi ma anche potenzialità nascoste. Durante le sessioni dei miei primi tre album controbilanciavo spesso l'ipervalenza ritmica dei lavori ufficiali con composizioni personali, mai pubblicate, dal taglio completamente differente, estatiche, mistiche. Ora che sto allontanandomi da quelle sonorità (non rinnegandole affatto) quei vecchi lavori tornano utili.

 

AB: In tutta sincerità, è raro che ascolti i miei vecchi lavori. Per quelli realizzati di recente credo di non aver neppure ascoltato il CD finito. O se l’ho fatto, è accaduto un bel po’ di tempo dopo l’uscita e ci deve essere stato un qualche motivo che mi abbia spinto a farlo. Però mi diverte rimaneggiare brani già editi, magari usando solo delle note se non l'intero impianto. Ci scopri sempre qualcosa di nuovo, punti di vista diversi. Lo ritengo un esercizio curioso.


LG: Rientra in quella capacità di cui si discuteva di vedere le composizioni come organismi viventi e non come strutture inamovibili.  

 

AB: Sì, sono d’accordo, perché mai considerarli strutture inamovibili? Noi cambiamo nel proseguire della nostra esistenza, non c’è motivo di non far cambiare anche quello che abbiamo musicalmente creato negli anni. E infatti non è detto che un giorno mi ritrovi a rimaneggiare brani provenienti da La Passione che ritengo un buon lavoro, anche se tema e copertina lo hanno certamente un po’ penalizzato.

 

LG: Dici? Io non credo. È un soggetto universale, sviluppato in modo sempre diverso dagli autori perché filtrato attraverso la propria sensibilità e gusto musicale.

 

 

AB: Mi sa che c'è più ottusità di quanto pensi. A scanso di equivoci, non sono credente. Anzi, non è corretto: non mi pongo proprio il problema della veridicità dell'esistenza di un dio. Però le religioni sono una cosa interessante e curiosa e, in fin dei conti, nei loro principi fondamentali, sono le basi del vivere in comunità.

 

 

credits: Dario Nigredo



LG: Personalmente ritengo che scrivere opere sacre non sia necessariamente sinonimo di adesione a una fede specifica. È un soggetto che può essere interpretato nei modi più diversi (dal realismo al surrealismo, dal gregoriano al post-industrial) perché attinge a un bisogno atavico dell'uomo. Anzi, un autore non credente potrebbe accostarsi al soggetto avendo un approccio nuovo.


AB: La penso come te. Il complimento più bello che ho avuto è stato da una figurante, quella che interpretava Maria, e molto ma molto credente. Una seria, non bigotta, a mio modo di vedere. Durante le prime prove dove verificavamo l'efficacia dei brani, mi prese da una parte e disse: “sei molto più spirituale di tanti credenti, vai avanti così”. E con la sua "benedizione" finirono dubbi e discussioni sul mio coinvolgimento che come primo impatto aveva creato qualche problema a Riccardo Vannelli, il regista e coordinatore della sacra rappresentazione.


LG: Spiritualità e religione sono due cose diverse. A volte un individuo riesce a viverle entrambe serenamente ma sono casi rari. Ad ogni modo concordo che quel complimento è valso più dei molti pareri miopi e pregiudizievoli che tanto facilmente si scrivono.


AB: Certo, spiritualità e religione non necessariamente combaciano. Un altro mio lavoro, che credo abbia poco di spirituale e da me poco amato è Sempre Sofia. Fu mio fratello a decidere di pubblicarlo. Io lo avrei anche lasciato morire come colonna sonora di uno spettacolo teatrale. Anche perché dovetti tagliare moltissimo i brani, che nello spettacolo si sviluppavano in tempi più lunghi. Nello spettacolo c'era un'attrice in scena, Caterina Meniconi, Chiara Cappelli in video, proiettato nel fondo del palco e che interpretava la psichiatra. Forse fu da quella esperienza che nacque con Chiara la voglia di provarsi insieme, risolta poi nel Majakovskij!, senza le mediazioni obbligate dai contesti dove ci eravamo trovati a lavorare insieme. 

 

 


credits:Antonio Viscido

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