ALBIREON: THE SORE MANSION

 


 

 

Albireon è una formazione storica che possiede una sua identità stilistica e poetica ben precisa, costante nel tempo e aliena da compromessi. Inserire questo progetto nell’ambito del neofolk cantautorale ci permette senz’altro di stabilire delle coordinate di massima per decifrarne le peculiarità ma in Albireon emozione e invenzione procedono sempre parallele.



LG: Albireon è un progetto ormai ventennale che La Bellezza di un Naufragio riassume e sintetizza. Percorriamo a ritroso la storia della band. 


DAVIDE: In realtà il prossimo anno saranno addirittura venticinque anni di Albireon. Se ci pensi è qualcosa di incredibile: abbiamo dedicato più di metà delle nostre vite a questo progetto e ci sembra di avere iniziato ieri, tante sono le idee che ancora confluiscono in questo speciale contenitore di emozioni attraverso di noi. E soprattutto, per quanto Albireon sia da molti identificato nella mia persona, la realtà è che siamo in tutto e per tutto una band. Davide, Carlo e Stefano sono Albireon da sempre, e poco importa che il bisogno di creare musica sofferta ed emotiva sia partito da me nell’estate del 1998, perché quella è stata solo l’occasione, la scintilla che ha dato origine a un cammino al quale, poco dopo, si sono aggiunti Carlo e Stefano.

Gli ultimi anni, seppure si siano diradate di molto le apparizioni live, sono stati i migliori, proprio per l’intesa personale e creativa all’interno del progetto, per la collaborazione stabile con Toten Schwan e per alcuni album che ci hanno dato grande gioia. Ci siamo permessi di sperimentare, di uscire dalla nostra comfort zone, sempre seguendo un’urgenza creativa che non sembra essere mai appagata. Un lavoro come La Bellezza Di Un Naufragio 1998-2018, con le sue versioni speciali di brani che appartengono a tutta la nostra discografia, è stato proprio un voler celebrare un naufragio, un’odissea verso il nulla, ma di grande bellezza e intensità.

A Mirror For Ashen Ghosts Part Two, appena uscito, sta mostrando per l’ennesima volta come il pubblico percepisca le nostre sperimentazioni nel modo migliore, seguendoci dove noi riteniamo di dover gettare un raggio di gelida luce, riscoprendo le vicende di tredici personaggi sfortunati, con un tocco di umana compassione. La stessa disperazione già esplorata in altre forme nella ´Parte Uno´, pubblicata nel 2018, o nella devastante esplorazione del lutto de I Passi Di Liu, uscito dieci anni prima. Nel mezzo una lunga fase cantautorale, che comprende dischi come Mr. Nightbird Hates Blueberries, Le Fiabe Dei Ragni Funamboli e L’Inverno e l’Aquilone i quali hanno formato la colonna portante dei diversi concerti del periodo 2012 – 2016, insieme a mostri sacri come Death In June, Sol Invictus, Sonne Hagal, Argine, Ataraxia, Camerata Mediolanense e molti altri.

Come dimenticare poi gli esordi su Cynfeirdd, con quel Il Volo Insonne che nel 2005 ha forse definito il nostro particolare modo di utilizzare neofolk, cantautorato e sperimentazione. Una parte fondamentale, in questi 25 anni, sono state le collaborazioni: amiamo incorporare le sensibilità di artisti che stimiamo nei nostri brani e siamo stati ricompensati da alcuni episodi ancora oggi capaci di commuoverci come ascoltare una divinità come Francesca Nicoli di Ataraxia cantare Nineta nel nostro antico dialetto o Sonne Hagal prestarsi ad interpretare (in italiano!) Ala Di Falena.

CARLO: Ricordo benissimo l’incontro con Davide: ci conoscevamo di vista, come spesso capita a chi ascolta e suona musica di nicchia in una piccola città e ci siamo fermati a chiacchierare nella stazione dei treni di Reggio Emilia. Stava scrivendo cose nuove e difficili da definire ed io, che apprezzavo molto la musica dei The Path, ero molto curioso. All’epoca ascoltavo pochissimo neofolk, ma mi avevano conquistato i Death in June, i Fire+Ice e i Sol Invictus; e certo non immaginavo che un giorno avrei avuto la fortuna di incrociare la loro strada. Stefano ha dato al progetto una profondità nuova, qualcosa di ancora più notturno e inquieto: i suoi suoni hanno dato forma alla parte più onirica e subconscia del progetto. Oggi, guardando indietro, vedo dischi molto diversi che si concatenano in un discorso estremamente coerente, come se fossero capitoli di un’unica storia. Forse è anche per il modo in cui sono nati quasi tutti questi dischi: ogni volta Davide ci ha raccontato un pezzo della sua storia e noi – Stefano ed io – abbiamo ascoltato e poi provato a raccontare quella stessa storia dal nostro punto di vista.

 


 

LG: la forma canzone è da sempre scelta privilegiata per Albireon: nell’odierno panorama underground risulta essere un’eccezione.

 

DAVIDE: Per noi questo è normale, la forma canzone è un’opportunità, non una gabbia. Abbiamo vissuto all’interno di diversi mondi musicali e ne utilizziamo quelle forme che spontaneamente ci rappresentano oppure ciò che abbiamo dentro utilizza quelle stesse forme per mostrarsi a noi. In particolare, i cantautori italiani e i vari, meravigliosi, traditionals di tutta Europa sono tra le nostre fonti di ispirazione ed è qualcosa che ci portiamo dentro fin dall´infanzia, che sia un verso di De André, Il Gigante e La Bambina di Ron oppure le drammatiche vicende de Il Testamento dell´Avvelenato o di The Foggy Dew poco importa, la forma-canzone è la magia di poter raccontare una storia in pochi minuti, sottolineandone l´emotività con una musica adeguata, rime che sappiano toccare. Ma appunto, questa non è una regola e spesso ci concediamo divagazioni ambient o rumoristiche, oppure ampliamo le parti strumentali quando ne sentiamo il bisogno, basti ascoltare Labirinti, Gennaio o le tre parti di The Black Harbour.

 

LG: La Bellezza di un Naufragio ospita un consistente numero di artisti che sono stati parte della storia della band. Si potrebbe dire che questo disco non è solo un’antologia ma anche e soprattutto un’affermazione stilistica e artistica.

 

DAVIDE: Trovo che il disco, nonostante includa brani composti nell’arco di vent’anni, dimostri una sua unità e coesione, pur accostando spesso e volentieri l’anima cantautorale e quella sperimentale di Albireon. Gli ospiti sono tutti artisti straordinari, che hanno voluto condividere un pezzo più o meno lungo di strada con noi. Ci riteniamo onorati dei loro contributi, tutti di altissimo livello tra l’altro. Un manifesto di un certo modo di intendere il neofolk/darkfolk? Forse sì. In Albireon ha sempre prevalso l’aspetto poetico, emotivo e forse filosofico, con pochissima attenzione ai cliché storico/politici che il genere sembra richiedere. Quindi niente slogan ma introspezione, niente rune ma dipinti onirici di Massimo Romagnoli, voci soffuse e lievi anziché tonanti dichiarazioni di intenti. In realtà attraverso la rielaborazione, e in alcuni casi la destrutturazione o la attualizzazione di brani come Canto Del Vento Lontano, Gli Aironi o Liù Dorme, abbiamo voluto soprattutto festeggiare il nostro piccolo naufragio con alcuni selezionatissimi amici. Permettimi di dire che anche l’elegante box A5 con libretto confezionato da Toten Schwan rende il tutto davvero ´nobile´.

STEFANO: Più che voler celebrare uno pseudo traguardo  cercavamo l'occasione per misurare la nostra storia da un diverso punto d'osservazione. Per questo motivo ci siamo affidati ad amici che scegliendo e interpretando liberamente un nostro brano lo hanno raccontato a loro modo. Il risultato è stato sorprendente, una sorta di "auto-tributo" che non ha assolutamente completato un percorso, anzi, ci ha portato nuova consapevolezza e voglia di continuare per dirigerci oltre.



LG: Toten Schwan è una realtà nobile del panorama discografico italiano che in più occasioni ha intrecciato la sua storia con quella di Albireon.

 

DAVIDE: Abbiamo sempre avuto buoni rapporti con le label per cui abbiamo pubblicato, vedi i lunghi periodi con Cynfeirdd e con Palace Of Worms, ma quella con Toten Schwan è davvero una collaborazione e una comunione profonda, della quale non possiamo che essere grati. Marco è soprattutto un amico da una vita e questo ci permette di poter parlare apertamente di tutto e di realizzare ogni progetto con la cura e la passione che contraddistinguono i dischi TS. Marco sceglie i dischi da pubblicare sulla base dei propri gusti personali, per cui ci troviamo perfettamente a nostro agio in un catalogo che accosta progetti così diversi ed interessanti. Il prossimo passo con TS potrebbe essere quello di realizzare il tanto sospirato vinile, impresa non facile al momento, date le liste d’attesa del settore, ma vedremo cosa si potrà fare.

 

LG: In Ballata delle Rovine il neofolk si ammanta di un’estetica decadente e quasi post-industrial.

 

DAVIDE: Ballata Delle Rovine è stato forse il nostro unico ammiccamento involontario al neofolk dei tamburi da guerra e della visione apocalittica sulla storia recente, con uno sguardo da incubo sulla scia di sangue che caratterizza la storia umana, che sembra anche in questi strani giorni non saper rinunciare alla guerra e alla distruzione della propria specie, cosa che a noi non cessa di fare male. Però, dal momento che non potevamo semplicemente accodarci a stili e correnti musicali, abbiamo inserito chitarre distorte quasi doom e un finale industrial a spirale, giusto per rendere il tutto più intenso e personale.

 


LG: A Mirror for Ashen Ghosts è un lavoro del 2018 che si avvale, per il mastering, del supporto di Daniele Santagiuliana. Un’opera dolente, un silenzioso museo di spettri, una dimora per gli spiriti inquieti e le anime che non riescono a trovare pace.

 

DAVIDE: Le due parti in cui si articola A Mirror For Ashen Ghosts nascono da un profondo bisogno di riscoprire la compassione umana, sentimento che mi sembra essere evaporato nei miei simili come se fosse qualcosa di cui vergognarsi.

Il disco è nato quando mi sono reso conto di quanto spesso mi trovassi a osservare un mondo di spettri, oltre uno specchio, ma anche di come al tempo stesso lo specchio restituisse l’immagine del mio viso sovrapposta e unita a quella di quelle anime perdute. Il confine è sottilissimo, essere da una parte o dall’altra a volte è una questione di mera fortuna o fato. Nella ´Part One´ abbiamo esplorato quel mondo di ombre, cercando di dar voce a tutte le persone che hanno subìto abusi fisici o mentali e che in seguito a queste violenze abbiano o meno deciso di passare dall’altra parte dello specchio. Una dedica sola, a Dead dei Mayhem, la cui personalità allucinata e autodistruttiva sembra aver origine negli episodi di bullismo subìti in giovane età.

Questo viaggio ha richiesto un completo abbandonarsi al dolore inesprimibile di queste forme mute, per cui arpeggi acustici svaniscono in chitarre distorte e muri sonori. La voce è soffocata, straziata, corrotta, urlata. C’è pochissimo spazio per grazia e bellezza perché il viaggio richiede sacrificio e sofferenza. In questo la masterizzazione curata da Daniele Santagiuliana ha reso al meglio questa asprezza così inedita per Albireon.

La seconda parte, uscita invece da pochi giorni, è focalizzata su tredici personaggi della storia, dell’arte o dello sport. Ogni brano reca una dedica precisa e se in alcuni brani è possibile riconoscere l’impronta dark folk, a prevalere sono campionamenti e sperimentazioni quasi da colonna sonora. Anche in questo caso l’obiettivo, per quanto la creazione in Albireon resti sempre qualcosa di istintivo, era rivolgere uno sguardo compassionevole a personaggi ´pubblici´ famosi o meno, come Anna Pardini (la piu´ piccola delle vittime dell’eccidio nazifascista di Sant´Anna Di Stazzema), Alfredino Rampi, Kaspar Hauser o Joseph Merrick, meglio noto come Uomo Elefante. E in questa sequenza di storie dolorose non sfuggirà la presenza di Marco Corbelli - Atrax Morgue per chi segue industrial e power noise. Per quanto riguarda la seconda parte, la masterizzazione è stata curata da Mauro Berchi di Canaan/Eibon Records, altro caro amico e leggenda della musica italiana.

 


LG: Grazie.

 

DAVIDE: Grazie a te e a quanti ci presteranno attenzione, è stato un piacere.

 

Per approfondire: 

https://totenschwan.bandcamp.com/album/tsr-107-la-bellezza-di-un-naufragio-1998-2018

https://albireon.bandcamp.com/

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