AYN & MARLEN UND MARLEN: LE ALI DELLA MEZZANOTTE

 

 

 

Ed ecco nell’aria convulsa della camera

io vidi disciogliersi una grande massa di capelli madidi.

Ed essi eran più neri delle ali di mezzanotte.

 Ligeia, E.A.Poe



From the Floor below è l'espressione più recente del connubio artistico tra Ayn Christian Nicolao e Marlen Und Marlen. Rispetto ai precedenti lavori - già di alto livello - qui c'è una fortissima tensione gotica e visionaria che lo rende magico e straniante, disperato e nero come la pece. Nella traccia My Body Made of Nothing la vocalità di Marlen sorretta da un arrangiamento ispirato e convulso è puro decadentismo. Dove però si respira davvero l’ultraterreno è nelle atmosfere di Neptune in the V House, soprattutto in quel glissando spiritato che avvolge come una spirale maledetta l'intero brano. Tra sussurri, xilofoni e storte canzoni a metà strada tra Cave e Yorke questo lavoro riesce efficacemente a incapsulare quel disagio esistenziale che tutti noi artisti cerchiamo in qualche modo di esprimere. A circa metà del disco le composizioni si allontanano dal dark ambient virando verso uno psych-folk dolente con una sottile vena death - il doppio cantato di The Worm ad esempio. Le atmosfere rimangono lugubri ma la forma canzone permette di aggrapparsi ad uno scampolo di poetica umanità. Anabasi chiude l'album riproponendo gli impasti ambientali della prima traccia dando così un senso di completezza all'intero lavoro. Un disco funereo e nebbioso, carico di tragico lirismo e di complesse trame sonore dal pathos chimicamente sconvolgente, insostenibile, quasi demoniaco per intensità e colore.




LG: Nascita artistica ed evoluzione di Ayn & Marlen Und Marlen.


Marlen Und Marlen: per me l’arte è malattia e cura, un gioco, una condizione essenziale. Non voglio definirmi e non saprei farlo. La mia vocazione si può materializzare nel visuale quanto nel sonoro, seguo la mia istintività. La mia natura mi porta a ricercare in territori non definiti. Non credo in una evoluzione di nessun tipo ma nell’essere qui ed ora e che tutto ciò che ne consegue venga naturalmente. Per questo non sento la necessità di fare progetti. L’unico sforzo che ho fatto finora è stato di dare un’unità a quanto creato, in una sorta di buco nero che è il sito di Endegehen, collettivo artistico ideato con Ayn (endegehen.blogspot.com). Endegehen è un’espressione che si può tradurre con “andare verso la fine”: è moto istintivo verso l’uno, inizio e fine al contempo, indagine sulla materia e sulla sua trascendenza.

Non mi piace parlare di ciò che creo ma mi piace che parli ciò che creo. E in genere amo molto di più ascoltare. Non creo mai con l’intenzione di ottenere visibilità, ascolto: per me è la creazione stessa che si offre come una ferita aperta, una miseria, una sofferenza, un mancato compimento e diviene pertanto condizione comune e dunque condizione per una comunicazione.


Ayn: ho sempre avuto fin da bambino una marcata attrazione per le onde sonore.

La domanda che costantemente occupava la mia testa era: da dove proviene la musica?

L’iniziazione è avvenuta smontando le vecchie radio dei miei genitori che distruggevo con la speranza di dare una risposta a questa domanda.

Crescendo ho capito che a questa mia domanda non ci sarebbe stata risposta e ancora adesso sono affascinato dalla magia che avvolge la musica, dalla sua capacità di metterti in sintonia emozionale con il musicista, di farti vibrare alle stesse meta frequenze. La magia del riuscire a creare mondi immateriali fatti di soffi, di respiri, di evocazioni di entità provenienti da altri iperurani per me è sempre stata una sorta di culto religioso, un’urgenza fisiologica dell’anima.

Durante la fase adolescenziale ho cominciato a suonare la chitarra - non perché fosse il mio strumento preferito - ma era uno dei pochi strumenti con il quale potevo entrare in contatto fisico in tempi rapidi. Mio zio mi regalò una vecchia chitarra acustica con cui imparai i rudimenti della chitarra. Ricordo che la prima canzone che imparai a suonare e cantare a quindici anni fu All Along the Watchtower di Bob Dylan.

Dopo questa prima fase dadaista ho avuto i primi contatti con altri musicisti, le prime condivisioni.

Nel 1999 abbiamo formato gli Eyekum, un gruppo neo-wave sperimentale, con cui ho inciso due album, fatto numerosi live e registrato tonnellate di file audio.

Nel 2009 ho conosciuto Marlen Und Marlen ed abbiamo iniziato a condividere i nostri percorsi di vita ed artistici. Insieme abbiamo dato vita al collettivo Endegehen in cui sperimentiamo suoni e visioni.  

La mia ricerca musicale è anche ricerca introspettiva con cui esterno emozioni, psicosi, elucubrazioni. La musica che creo permette all’ascoltatore di raggiungere uno stato ipnagogico, immergendosi in una sorta di viaggio onirico ai limiti tra il grandguignolesco e l’esoterico, il magico e lo psicologico; una sorta di esplorazione intrapsichica negli erebi in cui abita la nostra natura più ombrosa e arcana. 

 

 




LG: From the Floor Below è il vostro lavoro più recente. Il concept a cui si ispira è in qualche modo legato alla figura di Dostoevskij.


Marlen Und Marlen: From the Floor Below è luogo sacrificale, lacerazione, nudità animale a tratti oscena. Imperfetto, non compiuto, può toccarti nel punto in cui soccombi. Il dramma e la disperazione, come condizioni dell’essere, ci mettono in comunicazione. Ci consentono di perderci. Di bruciare non per consumarci, ma per portarci ad una forma di compimento.

Qui mi vedo in totale dissolutezza, un essere posseduto dal bisogno disperato di perdersi, è stato così per tutto il tempo. Fare From the Floor Below mi ha dato molto, sono ora in uno stato di comprensione differente.


Ayn: From the Floor Below ha avuto una lunga gestazione; quasi due anni passati a comporre e a ricercare quelle sonorità eteree e metafisiche necessarie per esprimere concetti esistenziali e nichilisti senza i quali il viaggio nel nostro sottosuolo non sarebbe stato possibile.

La scelta si è concentrata su suoni che potessero indurre uno stato di ipnosi, una disconnessione, uno shock gurdjieffiano con il flusso indotto dal nostro vissuto e creare varchi nei quali sprofondare e perdere qualsiasi tipo di connessione con la pura razionalità, potendo finalmente abitare – anche solo per un istante - il nostro meta-vuoto, il sottosuolo.

L’uomo del sottosuolo di Dostoewskij ha ispirato il concept dell’album. L’uomo del sottosuolo dostoewskijano è anzitutto un uomo che soffre e che vede la sua sofferenza come irrimediabile in un mondo in cui il razionalismo illuminista ha la pretesa di dimostrare con la ragione la conoscenza certa e definitiva delle leggi secondo cui deve regolarsi l’uomo per giungere alla sua piena e definitiva autorealizzazione. L’aggancio è proprio in questo nodo cruciale: ancora oggi la nostra società è basata su questi criteri positivisti, illuministi, razionalisti, scientisti con l’aggravante del postmodernismo che riduce l’uomo a mero predatore consumistico: Tutto ciò porta inesorabilmente a scollegarci del tutto dalla nostra parte più dionisiaca, animica, arcaica.

Dal piano di sotto ritorniamo alla ragione arricchiti di nuovi pensieri, di conoscenze, di rivelazioni utili a evolvere a livello cosciente.

Tornando all’aspetto musicale dell’album, la forma canzone alla quale tu alludi è presente in quanto nostro retaggio musicale: le nostre prime sperimentazioni sono legate alla recitazione di testi su di un tappeto sonoro. L’idea era quella di creare un album cinematic -dark –ambient in parte cantato, un cantato catartico, liturgico, rituale che desse qualche pennellata poetica all’album. Questo è stato il seme che ha dato origine al flusso musicale.

 



LG: Sia le tracce sia l’artwork sono il risultato di un unico processo creativo, a quanto vedo.


Marlen Und Marlen: la creazione, come un flusso, diviene materia visiva e sonora al contempo. Ho, su tutto, una visione estetica, sinestetica e non dualistica.

Quello che tento di fare è entrare in contatto con l’essenza e provare a comunicare con essa. Il linguaggio viene dopo. E anche quello che ne esce è secondario. Mi interessa il processo ed essere in quello stato.


Ayn: sia l’artwork sia il flusso musicale sono fusi indissolubilmente. Le immagini di copertina potrebbero essere frames di una pellicola che ha come colonna sonora la musica di From the Floor Below. Il processo creativo è in moto silente anche nel momento in cui non siamo consapevoli di ciò. Per conseguenza naturale ogni entità creata è il prodotto di intuizioni e indagini di diversa natura nel corso del tempo. Questo è From the Floor Below: creazione musicale e visuale all’unisono che ha avuto una lunga gestazione nel tempo.


LG: Compiendo un passo indietro nel tempo giungiamo a Exquisite Black. In questo caso è Carl Gustav Jung ad essere l’ispiratore dell’intero progetto.


Marlen Und Marlen: mi piace pensare possa esserci un inconscio collettivo, un varco luminoso che dall’essere porti all’essere. Exquisite Black mi fa percepire questo e tutta la luce contenuta nel buio: qui plasmo le energie occulte che dispongono la profondità onirica. La conoscenza teosofica con cui entro in contatto ha da sempre peso nel mio processo creativo.


Ayn: Exquisite Black nasce dopo un periodo immersivo nel liquido amniotico creato dal pensiero di Jung. Durante la composizione a volte avevo l’impressione di lavorare alla musica come sotto ipnosi.

Entrare in contatto con alcune delle opere di Jung ha aperto varchi che ci hanno messo in contatto con cavità sepolte dell’inconscio, energie occulte.

Le tracce di Exquisite Black sono un viaggio nell’oscurità dell’inconscio. Il viaggiatore incontra le figure archetipiche per comprenderle.

Ho sempre dato molta importanza al mondo onirico. Uno dei sogni più vividi che ricordo è il seguente: sono all’interno di un ascensore che sta precipitando ad altissima velocità. Su di una parete dell’ascensore c’è un foglio con sopra annotata un’accordatura di chitarra.

L’ accordatura che ho ricevuto nel sogno ha ispirato la parte di chitarra in molti brani, uno dei quali è Neptune in the V house, contenuto nell’album From the Floor Below.


LG: La compresenza di elementi elettroacustici, elettronici, ambientali e folk rende complicato inserire le vostre produzioni in un contesto stilistico delineato. Personalmente ritengo l’eclettismo sonoro un punto di forza ma può rivelarsi anche insidioso.


Marlen Und Marlen: tutto ciò che si può definire mi risulta per natura estraneo. Non dover circoscrivere e stabilire confini è certamente la parte più interessante per quanto mi riguarda. Se sapessi già l’esito, perderei il desiderio. Il desiderio mi tiene in vita, è il sacro fuoco cui porto rispetto. Il resto non mi interessa. Mi auguro piuttosto che l’opera sia lacerante come il filo di un rasoio, tagli di netto, sia un punto estremo che accechi, gridi e abbagli fino allo stridore, che ci bruci fino al compimento, che ci invada fino a farci sentire persi.


Ayn: l’universo musicale da cui proveniamo è sicuramente percepibile nella musica contenuta nell’album ma il nostro modus operandi è da sempre l’ibridazione di generi e la decostruzione di linguaggi sonori. L’eclettismo sonoro è sicuramente un punto di forza in un mondo dove tutto è catalogato, standardizzato. Pare che se non appartieni ad una qualche categoria precostituita, non esisti. Tutto è nato in maniera spontanea, senza forzature, lasciando circolare liberamente le energie creative.


LG: Grazie.


 


Per approfondire:

https://ainendegehencollective.bandcamp.com/album/from-the-floor-below?fbclid=IwAR2oAj2sfgJMJQ9ARBZGi84YNNZaYxK19kFjEBo4o1Ur8eIwRwGjigohooM

http://endegehen.blogspot.com/





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