MEVSMYSELF: L'ALBERO, L'OLTRETOMBA E IL TEMPO INFINITO

 

                                                       credits: Roberto Del Bo 

 

 

Dal canto lirico studiato fin da giovanissimo allo studio delle più diverse tecniche vocali – tra cui body percussion, improvvisazione e sperimentazione – provenienti non solo dal mondo accademico e dall’esperienza della popular music ma soprattutto dall’analisi antropologica del canto come metodo di comunicazione atavico tra gli uomini stessi e con l’Invisibile - ancora presente nelle popolazioni indigene – si arriva al progetto MeVsMyself. Due dischi all’attivo (Yggdrasyll e Mictlàn) e un terzo progetto discografico (Aiòn) ormai imminente.

Giorgio Pinardi unisce alla meticolosità del docente – che analizza, studia, compara e rielabora - l’entusiasmo dell’esploratore perso all’interno di un’impenetrabile foresta vergine di voci, suoni e rumori prodotti da corde vocali e laringe. Ancora oggi la voce è lo strumento musicale più antico, duttile e istintivo, capace di agire sull’intero spettro delle emozioni.




LG: Genesi ed evoluzione del progetto MeVsMyself.

 

GP: Il progetto in Voce Solo MeVsMyself nasce nel 2013 con alcuni live in giro per l'Italia basati sul mio amore per la voce umana e le sue possibilità creative. Dopo anni di studio dello strumento ed esperienze molto eterogenee in formazioni e generi di ogni tipo ho naturalmente sentito l'esigenza di mettermi in discussione profondamente sul lato artistico. Non amando particolarmente il ruolo di mestierante della musica - ogni sera a ripetere una o più scalette predefinite e curate in ogni minimo dettaglio - decisi di provare a rischiare con un progetto dove la voce avrebbe spaziato tra generi, tradizioni musicali extra-europee, stili e vocalità da tutto il mondo, creando musica dal vivo ogni volta improvvisata, senza basi o sequenze pre-registrate. Unico strumento usato la mia voce, insieme a effetti dedicati e una loop-station. Ben presto mi resi conto di provare il desiderio di portare questo tipo di lavoro sull'improvvisazione (che approfondisco da anni anche come didatta) nella dimensione dello studio di registrazione, intendendolo come ambiente dove espandere le potenzialità del live ad un livello di elaborazione e intervento oserei dire chirurgico. Caso volle che conobbi colui che considero uno dei professionisti più abili e capaci nella gestione, manipolazione e editing della voce in Italia, Mr. Paolo Novelli dei Panidea Studios di Alessandria. Con lui realizzai, nell'oramai lontano 2015, il primo disco Yggdrasill.

La prima esperienza fu davvero stimolante perchè mi trovai ad improvvisare da zero centinaia di tracce e a generare ambienti sonori (non riesco a chiamarli brani) molto variegati, senza bozze o provini da cui partire, attingendo a tutti gli studi, gli incontri, le esperienze fatte fino a quel momento nel campo della cosidetta musica etnica (e non). Lo studio di registrazione è sempre inteso come una gigantesca looping machine con avanzatissime possibilità di intervento e definizione dopo la creazione estemporanea. La pubblicazione del primo lavoro ha portato a diverse esperienze dal vivo all'interno di Festival molto diversi tra loro, un pò in tutta Italia. Trovo normale che un progetto che travalica i confini e le etichette abbia trovato spazio in rassegne dedicate alla musica sperimentale, al rock/metal, alla musica a cappella, etc. Questo dimostra come parlare di musica significhi usare i generi solo come un modo per intendersi su modelli di riferimento comuni e a cui ricondurci per facilità di conversazione ma totalmente inutile e superfluo quando si vive la musica come un tutt'uno composto di tanti suoni, lati, sfaccettature, sfumature. MeVsMyself si nutre di tutti gli stereotipi dietro alla definizione di uno stile o un genere musicale, li mastica e li risputa in una chiave personale che li richiama ma al contempo li rielabora in modo inedito. L'obiettivo è sempre muoversi nella direzione di una musica non-genere, non nel senso di poco a fuoco ma al contrario così ricca di sfumature da non poter essere completamente riconducibile a nulla di già sentito, pur richiamandone l'eco. Questo obiettivo non lo ritengo ovviamente raggiunto, nonostante la realizzazione di tre dischi, ma un continuo work in progress, una sorta di obiettivo assoluto verso cui tendere con la mia ricerca musicale e vocale. Un obiettivo che nel 2019 vede l'uscita di Mictlàn, secondo disco in studio molto più maturo e personale, dal tratto anche sofferto e oscuro a tratti. Qui cercai di includere sonorità che nel primo disco non avevo potuto trattare per motivi di durata e urgenza espressiva, trovando una chiave ancora più personale. Vedo Mictlàn come il rovescio della medaglia di Yggdrasill, perfettamente complementare al primo disco. L'arrivo della pandemia l'anno successivo ha imposto uno stop brusco ad un disco che stava cominciando a trovare degli spazi dal vivo, portando al lockdown che tutti abbiamo vissuto. Invece di spegnere la creatività questo periodo di reclusione in casa ha stimolato il desiderio di trovare nella progettazione creativa un modo di non arrendersi alla situazione globale, portandomi a immaginare un'ideale conclusione di una fase, come se i dischi realizzati fossero da principio ideati come una trilogia. Questo trovare un senso successivo alla creazione di musica inedita è tipico del progetto, gli ambienti sonori stessi hanno titoli che nascono solo al termine delle registrazioni, il concept di ogni album è nato solo riflettendo su quello che era stato realizzato, a posteriori e mai prima della fase di mixaggio. Nel creare delle bozze in attesa di poter raggiungere nuovamente Paolo Novelli per nuove registrazioni mi sono reso conto di desiderare un approccio diverso ai precedenti lavori. Materiale molto più dinamico e veloce nel muoversi da un genere all'altro, maggior riconoscibilità e presenza di elementi musicali occidentali per mostrare ancora più chiaramente quanto non esistano barriere o limiti tra - ad esempio - una voce che imita l'oscillatore di un synth o un coro di voci che intonano una melodia dal sapore africano. Si arriva così al nuovo album Aiòn, pronto a uscire in formato fisico e digitale. 

 


                                                                                   credits: Diego Degioannini


LG: Dal soul al reggae, dal minimalismo al dadaismo, dal Rinascimento all'Africa nera: Aiòn è pacifica convivenza di stili e culture, idioma universale: per qualche ragione mi ha fatto pensare al Flower Power, all'Era dell'Acquario. E' una connessione azzardata?


GP: Per nulla e provo a spiegare in che modo le tue parole mi fanno riflettere sulla scintilla creativa alla base della realizzazione del nuovo lavoro. Se Mitclàn ha coinciso con un periodo estremamente duro e difficile della mia vita personale ci tenevo che durante le incertezze della pandemia ci fosse in me una naturale reazione costruttiva e propositiva alla situazione. Non parlo di negare la realtà o di non considerare le sensazioni negative da essa scaturite; piuttosto è emerso in me il bisogno di non soffermarsi più del dovuto su questi aspetti cercando per contro di sforzarsi di continuare a scavare alla ricerca di stimoli esaltanti. Ho quindi preferito un approccio giocoso e solare alla fusione di stili e generi apparentemente diversi tra loro, con una grande voglia di lavorare molto sull'emulazione – attraverso la mia voce – dei timbri chitarristici. Accenni al Flower-Power e io penso alla musica psichedelica e alla mia eterna, immensa passione (mai spenta) per Jimi Hendrix e per un certo sound a cavallo degli anni '60 e '70. La connessione mi appare assolutamente logica e sensata.


LG: L'unica sorgente sonora è la tua voce, editata e rielaborata in studio; è la serendipità responsabile del mirabolanti incastri vocali e degli innesti eterogenei di stili o anteponi all'improvvisazione un lavoro compositivo che ti permette di avere un'idea precisa della struttura che vuoi dare alla traccia?


GP: Il processo compositivo che mi costringo a compiere è il contrario del comporre razionale. Tento di far emergere una composizione il più possibile libera da pattern, schemi, soluzioni ricorrenti che mi capita di sentire ed esprimere quando sto sbagliando strada nel creare. Più che costruire devo de-costruire percorsi mentali che mi portano attraverso un processo molto simile all'errore a viaggiare in direzioni nuove del suono, dove esplorare un terreno nuovo e inedito a cui attingere per sentire che quello che sto creando ha senso ed è inedito in modo autentico, innanzitutto per me. Per Aiòn ho lavorato più che in passato sulla fase di pre-produzione del disco, quindi mantenendo un approccio spontaneo e autentico nella prima fase di creazione dal silenzio ma portando maggiore attenzione al riconoscimento e alla selezione di timbri, fonemi, armonie e accenni melodici che desideravo esplorare e approfondire. Sento questo disco come una sintesi dei miei due precedenti lavori anche se in una direzione diversa. Se in Yggdrasill e Mictlàn mi piaceva l'idea di far sprofondare lentamente l'ascoltatore verso una dimensione sonora densa, con diversi elementi nuovi ad ogni nuovo ascolto, qui è emerso naturalmente il desiderio di dare meno tempo di elaborazione all'ascolto, portando al pubblico un numero meno ampio di eventi ma più incisivi e in grado di lasciare un segno immediato, senza concedere troppo tempo per abituarsi alla migrazione o fusione tra generi.

 

                                                                                   credits: Diego Degioannini

 

LG: Compiendo un passo indietro rispetto ad Aiòn arriviamo al 2019, anno in cui pubblichi Mictlàn. Il concept alla base del lavoro è l'esplorazione di un ulteriore piano dell'esistenza, differente da quello terreno e sensoriale. Parliamo di vita oltre la vita? Quanto è presente il misticismo nella tua ricerca artistica e umana?


GP: Il misticismo è un aspetto importante per me, soprattutto nella sua accezione di superamento dei propri limiti attraverso l'annullamento dell'ego individuale. In definitiva è questo il senso di un progetto come MeVsMyself: non permettermi di cedere alle soluzioni di comodo, all'abitudine, alla semplicità (intesa come banalità) di scelte scontate per stimolarmi a spingermi oltre, verso una musica di senso, capace di comunicare qualcosa prima di tutto a me. Si crea una sorta di dialogo personale che instauro attraverso l'esplorazione di timbri, tecniche e stili, come se mettessi in contatto lati di me che razionalmente non vedrei dialogare spontaneamente e questo mi conducesse a riflessioni e intuizioni superiori, nel tentativo di decifrarne il senso profondo. In tal senso la parola misticismo mi suona più che pertinente; non parliamo ovviamente di religione ma del tentativo di porsi domande oltre la sfera materiale, per capirsi utilizzando la voce come chiave di accesso alla dimensione del suono, di cui conosciamo ancora troppo poco, ma in grado di dirci molto di noi come individui.


LG: Nel corso degli anni hai collaborato - in studio e in performances live - con svariati musicisti di fama internazionale. Di sicuro avrai avuto modo di comparare similarità e differenze rispetto agli artisti italiani con cui regolarmente ti confronti. Ritieni che all'estero si sia maggiormente ricettivi nei confronti della musica di ricerca oppure nel nostro Paese si sta finalmente sviluppando più sensibilità nei confronti di proposte musicali diverse dal mainestream? 

 


                                                                                  credits: Diego Degioannini


GP: Trovo che all'estero esista una naturalezza nell'approcciare musica di ricerca che l'Italia per ora non ha. Non amo mitizzare il resto del mondo ma nella mia esperienza ho trovato musicisti che, pur interagendo con contesti fuori dai confini nazionali, sostanzialmente ragionano molto "all'italiana" nel modo di proporre se stessi e il loro modo di fare musica. Sul fronte organizzatori di eventi questa tendenza raggiunge apici imbarazzanti. Ci sono ovviamente musicisti e organizzatori illuminati e speciali, da ringraziare e lodare per apertura, disponibilità, visione e coraggio ma è vero che nel nostro Paese fa fatica a farsi strada una cultura legata all'attenzione di una certa musica "altra". All'estero è molto facile trovare collaborazioni con musicisti anche di area diversa ma disposti a mescolare le carte per mettersi al servizio della musica. C’è anche molta attenzione agli artisti e a quello che propongono non per giro di conoscenze, favori e contesti ma per il valore vero e proprio della musica che propongono e una generale apertura a considerare la musica prodotta a prescindere dal curriculum. Il pubblico stesso è curioso perchè viene da un'educazione che parte da piccoli - non che attecchisca per forza con tutti, è ovvio - ma che è lì pronta ad accogliere chi ha voglia di diversificare i propri ascolti. Passare da Justin Bieber a Bruno Maderna si può fare serenamente se si ama la musica senza preconcetti o preclusioni. E' molto facile all'estero scoprire artisti assolutamente fuori dal cosiddetto mainstream e sostenerne la musica andando ai concerti, acquistando i loro album, etc. Tutto questo per dirti che a mio parere la responsabilità è di chi ascolta ma anche di chi propone. Proporre musica alternativa deve significare andare veramente verso un'originalità della proposta ma anche inclusione e collaborazione, senza elitarismi o diffidenze che si riflettono poi nel pubblico. Credo che in Italia ci sia un crescente numero di proposte musicali diverse da quelle che dominano le classifiche (dove guarda caso la musica ha sempre più un ruolo marginale, secondario) e credo anche che non così tante di queste proposte possano vantare un'autentica originalità, qualità e contenuti quanto servirebbe per dare respiro a un mondo fatto di suoni straordinari. Non voglio giudicare - io per primo ritengo di avere tantissimo da fare per sentirmi parte attiva di questo processo - penso però che si debba lavorare moltissimo per dare un contributo significativo.


LG: Grazie.


GP: Grazie di cuore a te per lo spazio concesso e a tutti coloro che vorranno leggere questa chiacchierata, magari apportando alla discussione il proprio punto di vista costruttivo.

 

 

                                                                                           credits: Elena Passoni

 

Per approfondire:

https://www.mevsmyself.it/

https://mevsmyselfvoicesolo.bandcamp.com/


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