NERO KANE/SAMANTHA STELLA: RAMINGHI DELL'ACHERONTE

 

 


 


L’occhio nel quale io vedo Dio è lo stesso occhio in cui Dio mi vede.

Meister Ekhart


Sussurri di morte divina in murmure odo,

notturno balbettìo a fior di labbra,

sibilanti corali, […] mistiche brezze

Walt Whitman



Of Knowledge And Revelation (2022, Subsound) è il terzo album firmato da Marco Mezzadri “Nero Kane” e Samantha Stella, un duo dall’ispirazione decisamente gotica - nel senso più letterario possibile - pregna di oscura poesia decadente e fascinazioni mistiche. Parlare di dark folk aiuta a inquadrare il progetto ma risulta riduttivo se consideriamo quanto l’analisi della mortalità operata nei testi e nelle musiche non sia un mero ornamento estetico - un feticcio di cui fregiarsi nel vano tentativo di mostrare un anticonformismo ormai ridotto a brand commerciale – ma nasconda la precisa volontà di dare corpo ad un’intensa riflessione esistenziale in grado di mutare in trascendenza il concetto di poesia.



LG:Of Knowledge and Revelation ha un che di ossianico nell’ispirazione, musicale e testuale.

NK: Per quanto le principali fonti di ispirazione e riferimenti siano stati dipinti antichi e testi poetico/filosofici appartenenti a differenti epoche, la tipologia di musica e il suo svolgimento potrebbero rimandare a quelle atmosfere. Anche le liriche richiamano un certo tipo di mondo antico, perduto, romantico e decadente. In particolare sono sempre stato affascinato dal periodo romantico ottocentesco che, per certi aspetti, è l’ultimo periodo storico in cui mi sarebbe piaciuto vivere.


LG: “Un costante pellegrinaggio spirituale attraverso l’oscurità, la nebbia e la luce”. Parole che potrebbero essere state pronunciate da un asceta.

NK: L’idea che volevo imprimere al disco era quella di un’elevazione verso la luce dell’Infinito. Un’ascesa verso il divino, verso la speranza, ma minata costantemente dalla caducità della vita e dalla sofferenza. O meglio dal suo indelebile ricordo. Anime che vagano in un Limbo nell’attesa della loro chiamata alla Luce oppure destinate per sempre a peregrinare in questo non luogo atemporale affollato da altre anime, altri sospiri, altre voci circondate da fuochi fatui. La Luce, l’ascesa, c’è, come si evince dal brano di chiusura Sola Gratia, ma la maggior parte del disco è congelata in questo luogo di sospensione ed attesa.


LG: L’ispirazione arriva da fonti per lo più extramusicali: Hieronymus Bosch, Gustav Dorè, Mechthild Von Magdeburg, per citarne alcuni. Tutti artisti che hanno tentato di descrivere l’invisibile e il divino, la dannazione e la colpa, la mortalità e l’ineffabilità dello spirito.

NK: Queste sono state suggestioni fondamentali per lo sviluppo del disco. In particolare il brano The End, The Beginning, The Eternal é stato ispirato dal pannello ad olio di Bosch Ascesa all’Empireo facente parte della serie di quattro dipinti Le Quattro visioni dell’Aldilà mentre le incisioni di Dorè per la Divina Commedia di Dante sono servite come ambientazione di riferimento per l’intero album. Gli Inni alla Notte di Novalis e il testo di E. Cioran Lacrimi şi Sfinţi sono state altre fonti importanti. In generale il trait d’union che lega tutti questi riferimenti è l’indagine sugli aspetti fondamentali della natura umana, un’indagine che, ovviamente in maniera edulcorata, mi piace riproporre nel mio songwriting. Tematiche come amore, morte, fede, perdizione e redenzione mi rimandano, dal punto di vista musicale, ad artisti come Nick Cave, Johnny Cash, Leonard Cohen, PJ Harvey, Nico e Mark Lanegan, riferimenti a me molto cari.


LG: Le tracce sono perennemente avvolte da una nebbia dronica che - come nell’iniziale Lady of Sorrow – sembra inghiottire ogni cosa.

NK: A livello di produzione sin dall’inizio avevo anticipato al produttore Matt Bordin dell’Outside Inside Studio, con il quale ho già collaborato per il mio precedente album Tales of Faith and Lunacy pubblicato nel 2020 (Nasoni Records), i riferimenti visivi/testuali, oltre che musicali, dai quali è scaturito il nuovo disco. Questi riferimenti hanno quindi alimentato tutto il lavoro di arrangiamento. La nebbia dronica fortemente riverberata è esattamente il corrispettivo musicale di quel Limbo di cui parlavo precedentemente. E’ il luogo, lo sfondo, in cui si muovono i brani. Ad essa si aggiungono poi dei field recordings che abbiamo usato per amplificare il tutto e renderlo ancora più immersivo.




LG: Se il mondo rappresentato in questo disco (e nei precedenti) è paragonabile a un Limbo dantesco allora è lungo le sponde dell’Acheronte che tu e Samantha potreste esservi incontrati.

NK: Direi che potrebbe essere un luogo adatto a rappresentarci. Riporto a proposito un breve paragrafo tratto da una recensione ricevuta proprio per l’ultimo album in cui mi sono particolarmente ritrovato: “Mi chiedo quali demoni abitino i pensieri di Nero Kane e Samantha Stella, spiriti inquieti condannati forse ad un eterno aleggiare a mezz’aria, spettri in cerca di pacificazione.”

SS: A livello immaginifico direi di sì. Del resto siamo Nero e io i protagonisti dei supporti visivi che creo, muovendomi in primis da anni nell’ambiente dell’arte contemporanea in qualità di performer, set&costume designer, fotografa e filmmaker, per lanciare gli album. Film dalla natura ibrida tra videoarte, sperimentazione e video musicale, spesso proiettati in ambienti museali e galleristici, di cui mi piace riportare queste parole di Stefano Morelli: Il contributo di Samantha Stella proietta poi oltre, in un cuore cinematico allucinatorio e neopagano che evoca Wenders, Lynch, Bartas e l’ungherese Tarr”. In particolare, per “Of Knowledge and Revelation”, ho immaginato Nero come un predicatore che viaggia tra i gironi danteschi: il giardino di fiori appassiti e pieni di spine rappresenta quella sorta di selva oscura narrata dal poeta e un passaggio circolare tra Paradiso, Inferno e Purgatorio. In una dimensione onirico-desertica alla Jodorowsky, Kane assiste alla propria morte nel primo episodio Lady of Sorrow, per poi addentrarsi nel giardino improvvisamente rosso e rivedere la sua amata Lady - Beatrice assorta tra rigorosa religione, preghiera e fiamme nel secondo episodio Burn the Faith.


LG: Nel circuito musicale più radicale e sperimentale non è infrequente assistere ad un rinnovato interesse nei confronti del sacro. Forse la condizione umana rimane un enigma che il materialismo scientifico del nostro tempo non è stato capace di risolvere.

NK: Personalmente credo che la suggestione del sacro e del divino sia sempre qualcosa di stimolante, anche solo semplicemente a livello visivo se penso all’innumerevole quantità di quadri ed opere ad essi connessi che hanno riempito i secoli di Bellezza. Sul piano filosofico il discorso si fa poi ovviamente più ampio. Inoltre vivendo in un paese come l’Italia, permeato dalla cultura cattolica e dalla Chiesa, è facile alimentarsi di certe suggestioni. Per rimanere in ambito musicale, che è quello che mi compete primariamente, queste tematiche fanno parte di un certo tipo di songwriting che, come detto poc’anzi, si incentra sull’uomo e sulla sua vita. Ed è questo che mi piace affrontare nella mia musica. La condizione umana è per molti aspetti ancora un enigma che lascia questo alone di mistero che può affascinare o anche destabilizzare. Sta al singolo scegliere. Io personalmente mi sento attratto da questa ricerca pur non essendo un credente praticante. C’è però qualcosa che spinge il mio animo verso questi territori ed io mi limito a seguirne il flusso cercando di portare in musica certe mie suggestioni.

SS: Sicuramente ma ritengo che l’enigma sia da sempre insito nell’animo umano a prescindere dal materialismo imperante dei nostri tempi. La mitologia greca ne è un grandissimo esempio. Sono attratta da sempre da una certa simbologia sacra in una sorta di personale religione laica, e mi piace ricreare con la voce e con i suoni di mellotron ambientazioni sacre corali come si può evincere anche dalla tipologia del mio cantato che spesso propende verso uno spoken word quasi da sermone liturgico (cito qui due realtà artistiche che amo e che sono esattamente in questa direzione, Father Murphy e Lingua Ignota).


LG: La vostra attività concertistica è intensa e vi porta spesso all’estero: immagino sia stato inevitabile il confronto con la realtà italiana, ancora poco recettiva nei confronti di proposte musicali alternative al desolante panorama odierno.

NK: Sicuramente la realtà estera è più ricettiva verso un certo tipo di musica che rientra in generale nel filone del dark folk. Il cantato in inglese può poi influire su una sua maggiore fruibilità all’estero. In Italia c’è sicuramente una scena underground attiva legata al dark e al gotico ma io onestamente non mi sono mai sentito parte di essa perché la mia musica nasce da un’unione di varie influenze e vari stili. Diciamo quindi che non è così strettamente identificabile in uno specifico filone. Se ad esempio ascolti il mio primo album Love In A Dying World (American Primitive, 2018), questo risulta particolarmente evidente. Questa non-connotazione musicale per certi aspetti aiuta perché rende il progetto particolare, o anche unico, come è stato spesso sottolineato da alcuni giornalisti, per contro lo rende un prodotto di non facile e immediata collocazione. L’estero appare quindi come la meta più consona a portarlo dal vivo, anche se in Italia abbiamo già suonato in molte occasioni e per questo tour sono in programma delle date a Bologna, Roma, Pisa, Brescia e Varese. Trovate tutti i prossimi concerti sul mio sito www.nerokane.com


LG: Cosa c’è al di là di ogni sapienza e di ogni rivelazione?

NK: Forse al di là di tutto rimane ancora semplicemente l’uomo nella sua infinita ricerca di sé. Come in una sorta di eterno ritorno. O forse ad attenderci c’è il nulla cosmico che potrebbe coincidere con la vera ed unica pace.

SS: O l’eterna dannazione.


LG: Grazie.

NK/SS: Grazie a te.

 

 


 

https://www.nerokane.com/

https://nerokane.bandcamp.com/album/of-knowledge-and-revelation

 



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