PETROLIO: CREAZIONE DISOBBEDIENTE, ARCHITETTURA DELLA LIBERTÀ

 


 

 

La parabola artistica di Enrico Cerrato e del suo progetto/alter-ego Petrolio è stata già introdotta in queste pagine in occasione della pubblicazione di Club Atletìco (2021, Depths Records). “Volevo qualcosa di denso e vischioso che ricordasse la base della mia ricerca musicale” spiegava Enrico a proposito del suo moniker, paradigma di un progetto caratterizzato da sonorità dense e nere che emergono dal mix lucide e affilate. Una dicotomia rara nel mondo fortemente lo-fi dell’elettronica sperimentale, che si accompagna a un ancor più raro equilibrio tra fruibilità e ricerca, suggestione cinematica e introversione, caratteristiche che rendono la musica di Petrolio perfetta per rappresentazioni multimediali trasversali nelle quali il muro che divide pubblico e performer si assottiglia sempre di più, in un clima da esperienza collettiva.




LG: Evoluzione del suono di Petrolio da Club Atletìco a La Disobbedienza.

 

EC: Si tratta di due percorsi molto diversi. Club Atletìco nasce con lo scopo di ritrarre uno spaccato scuro, violento, legato alla dittatura argentina sfruttando il mio interesse per le musiche fortemente cinematiche. In questo caso era prioritario ripercorrere atmosfere cupe mentre La Disobbedienza nasce per dare una veste ambientale ad un lavoro teatrale intitolato L’Architettura della Disobbedienza. Le musiche per questo contesto richiedevano una connotazione ambientale tale da trascinare il performer e il pubblico in una sorta di dimensione parallela. Il disco ha poi rielaborato tali atmosfere per renderle più vicine a quellottica rumoristica tipica del progetto Petrolio. Non so se possiamo parlare di evoluzione, direi piuttosto che si tratta di una ramificazione del percorso principale che guida da anni la composizione della mia musica, esperienza che arricchisce quel mondo sonoro che caratterizza Petrolio.


LG: Cinema e teatro sono linguaggi profondamente legati al tuo immaginario musicale. La Disobbedienza nasce principalmente come musica di scena per una performance teatrale e l’austera solennità de Il Tempio rimarca un momento della performance di grande coinvolgimento emotivo.

 

EC: Petrolio nasce come un progetto performativo cercando di unire la propria vena di ricerca di sonorità con un approccio visuale totalmente autoprodotto. Amo confrontarmi con altri artisti e la possibilità di lavorare con registi, progetti di danza, pittori o performer la vivo sempre come una offerta oltremodo stimolante. 

Nel caso de La Disobbedienza, i brani di partenza ricalcano le esigenze dello spettacolo, risultando molto ambientali, eterei e suggestivi. È stato bellissimo eseguirli live durante la performance avvenuta allo Spazio Kor di Asti in occasione di Asti Teatro. Ho pensato a lungo se avesse un senso pubblicarli ma la voglia di provare a manipolarli per renderli interessanti per un nuovo disco ha preso il sopravvento. Effettivamente la solennità che ascolti ne Il Tempio ricalca un momento importante della performance in cui il pubblico partecipa attivamente alla costruzione di una città immaginaria. Ogni episodio del disco ripercorre un momento particolare del percorso degli spettatori che si sono ritrovati ad esplorare la propria città dalle fondamenta fino alle ampie piazze del centro storico.

 



LG: Similitudini e idiosincrasie tra Enrico Cerrato e Petrolio.

 

EC: Petrolio nasce come espressione artistica unica ed inequivocabile di Enrico. Esprime tutta quella oscurità interiore che nellordinario non avrebbe sfogo, convogliandola nelle tinte dei miei lavori. Direi che non sono due entità indistinguibili, si compenetrano e si arricchiscono a vicenda, a volte in contrasto come accade in una coppia di amanti. Enrico e Petrolio si stupiscono di piccoli aspetti del quotidiano e se nella vita di tutti i giorni Enrico applica i propri valori nella sua attività lavorativa, Petrolio mette in discussione questi valori, li rielabora e li appallottola in glitch sparati nei propri visuals.


LG: Petrolio Master Engineer.

 

EC: Domanda che mi incuriosisce: per quanto io abbia sempre curato personalmente mixaggio e mastering dei miei progetti sono in realtà un autodidatta in questo senso. Allo stesso tempo sono però un fautore della costruzione e personalizzazione del proprio suono e nel corso del tempo ho imparato ad assaporare il lato creativo di queste operazioni con una certa soddisfazione, pur mantenendo la consapevolezza di incorrere talvolta in errori procedurali. Ma la creatività è parte del processo creativo e gli errori possono essere anche qualcosa di costruttivo e di esplorativo nell’ambito della scoperta di nuovi suoni.

 

 



LG: Nonostante la propensione verso gli ambienti sintetici scuri e claustrofobici la tua produzione rimane fortemente intelligibile, meno ostica rispetto alle proposte più radicali del panorama elettronico ed elettroacustico.

 

EC: Penso che quanto correttamente osservi sia da attribuire alla mia personale necessità di porre filtri tali per cui quello che produco sia anche accettabile al mio gusto. Ritengo che sia fondamentale proporre qualcosa che sia di totale gradimento all’artista, soprattutto se non si tratta di una performance improvvisata per cui vale maggiormente l’impressione e l’emotività del momento rispetto a un approccio mediato dal tempo e dal riascolto. Inoltre dovendo riprodurre live le mie tracce prediligo una performance che diverta me in primis per poi trasmettere la parte emozionale al pubblico; questo rende unica e irriproducibile ciascuna performance.

 

LG: Sei stato tra i primissimi a cogliere l’opportunità di partecipare al progetto collettivoinconscio pur non potendo conoscere in alcun modo la forma che avrebbe assunto questo esperimento.

 

EC: Petrolio è un progetto solista e solitario ma Enrico è un artista che ama terribilmente il confronto e la contaminazione. Tutto quello che mi viene offerto da altri artisti la ritengo un’opportunità. Indubbiamente e da questo punto di vista collettivoinconscio è uno dei progetti più sperimentali che io abbia mai affrontato. Avevo sperimentato, durante la pandemia, una collaborazione con due artisti dell’etichetta Attenuation Circuit, Boban Ristevsky e Anja Kreising, che aveva generato un disco nato assolutamente nei meandri dell’inconscio di ogni artista, scoprendo dopo la fase di riascolto il risultato della coproduzione. Collettivoinconscio ha avuto il merito di raccogliere espressioni realmente diverse per culminare in un esperimento unico per la scena musicale italiana. Impossibile sottrarsi a tale esperienza.


LG: Perché disobbedire.

 

EC: Questo è un album che riprende il titolo della performance teatrale e la traspone in un contesto diverso e familiare. Se penso alla disobbedienza penso a mia figlia più piccola, che infatti è divenuta protagonista sia della grafica che del video de L’Inconscio.

La disobbedienza dei bambini è qualcosa di realmente creativo perché nasce del desiderio di ribellarsi e di fuoriuscire dal solco dell’usuale e del “devi fare così”, quella disobbedienza che successivamente perdiamo, incardinata in rivoli di regole che nulla hanno a che vedere con la convivenza e la civiltà. Sono catene, spesso trasmesse o ereditate, che limitano l’individuo nel proprio percorso. Il processo creativo deve essere disobbediente per definizione, ferire o curare l’ascoltatore in base a quello che è la propria esperienza di vita.


LG: Grazie

 

EC: Grazie Luca e grazie a collettivoinconscio per lo spazio che mi avete dedicato. Siate disobbedienti sempre, liberi di costruirvi universi emotivi sempre nuovi.

 

 


 

 

https://shyrec.bandcamp.com/album/la-disobbedienza

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