“ANCHE NOI SIAMO MACCHINE”: IN CONVERSAZIONE CON REMO DE VICO

 

IA: un acronimo che è ormai divenuto sinonimo di polemica, rifiuto, pregiudizio e timore. Probabilmente la reazione è così accentuata perché l’instabilità sociale e il crescente timore (se non vero e proprio terrore) del futuro attanaglia tanto chi sta scrivendo queste righe quanto coloro che le leggeranno. Dobbiamo confrontarci con una guerra che non tutti definiscono tale, con un cambiamento climatico che pare essere costantemente sottostimato dai potenti della Terra e quando speriamo che la scienza sia in grado di compiere il miracolo ecco risalire dal fondo dei nostri incubi più distopici la minaccia di una gelida entità disumana che, divenuta cosciente, decide di eliminare la nostra specie a favore di un sempiterno impero delle macchine. 

Se questa è l’immagine che abbiamo della tecnologia in discussione forse converrà ridimensionarla. L’IA è l’inevitabile risultato di una ricerca informatica che negli anni non si è mai arrestata ma sempre di uno strumento stiamo parlando, che possiamo decidere di utilizzare oppure no. All’entusiasmo febbrile di questi giorni probabilmente seguirà un periodo di stasi in cui emergerà chiaramente la consapevolezza delle reali possibilità di questo strumento, certamente ampie ma non infinite. Il principale architetto di questa rivoluzione, l’uomo, continuerà ad averne il controllo e questa affermazione, se da un lato può consolare, dall’altro terrorizza più della famigerata singolarità a cui l’IA potrebbe un giorno giungere. Non sarà l’IA a tagliare posti di lavoro o ad appiattire il già desolante panorama artistico: saranno le scelte dissennate delle corporazioni tritacarne - il cui unico obiettivo è il profitto economico - a trasformare ancora una volta una conquista tecnologica in un onnipresente incubo sociale. 

Nel settore artistico e musicale i timori e le perplessità sono similmente comprensibili: temiamo che il già ridotto interesse verso l’odierna produzione musicale verrà definitivamente azzerato da una tecnologia che virtualmente potrebbe permettere alle etichette discografiche di produrre materiale nuovo basato sul repertorio di band e artisti storici (“diamo in pasto all’IA l’intera discografia di Jimi Hendrix e spingiamola a comporre dischi nuovi da vendere al pubblico”). Ad un costo contenuto (perché ribadiamo che l’IA da sola fa ben poco e il materiale generato deve essere sempre rimodellato da un esperto) e senza dover più versare royalties al presuntuoso artista di turno (che nel frattempo - considerando le percentuali di ricavo dallo streaming e il mercato del disco ormai resettato - starà smontando dal turno di notte in fabbrica) i grandi discografici potranno finalmente tornare a nuotare nell’oro. 

Non so, a me questa prospettiva non piace molto ma non è detto che le cose debbano andare necessariamente così. Senza dati l’IA muore d’inedia e i dati provengono dall’ingegno umano, che siano partiture musicali, opere figurative, prosa e poesia. Mi preoccuperei maggiormente per la mancanza di idee del nostro tempo o, meglio, per l’incapacità di rielaborare in modo personale idee e spunti preesistenti. La musica è da sempre l’arte del prestito; in una certa misura possiamo dire che anche noi come l’IA fagocitiamo dati producendo infinite variazioni del materiale di partenza. Forse sarebbe auspicabile un’era in cui uomini e macchine possano dialogare alla pari, resettando ogni pregiudizio e scoprendo che, alla conta dei fatti, come ammise il capitano Jean-Luc Picard nel celebre processo al suo amico androide Data, “anche noi esseri umani siamo macchine, solo di un altro genere”.


Luca Giuoco


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Remo De Vico (1986) è compositore e sound designer laureato in letteratura musica e spettacolo presso l'università 'La Sapienza' di Roma, con una tesi di Laurea su Luciano Berio curata dal prof. Antonio Rostagno.

Autore di musiche per il cinema e per il teatro è direttore dell'etichetta Studiolo Laps fino alla pubblicazione N.52 e fondatore della Slaps Orchestra.

Viene inserito nell' Unexplained Sounds Group - the first annual report, album nel quale si trovano inediti di personaggi come Steve Reich e Morton Subotnick.

Nel 2015 fonda l'etichetta Unique Copy con cui viene premiato al Mei di Faenza 2016 come Indie dell'anno.

Nel 2021 presso il Museo Interattivo di Archeologia Informatica, insieme ad un gruppo di compositori, fonda il laboratorio elettroacustico del Miai.

Nel 2021 Partecipa al Festival Torinese Noise Delivery, sul palco insieme a Timotheè Quost.

Nel 2022 si avvicina al mondo del cantautorato, lavorando come assistente di studio alla Brunori Sas ed entrando nello staff creativo della cantautrice Glomarì.

Nel 2023 è tra i fondatori di OperAI Records, la prima label europea dedicata alla musica creata con l'ausilio dell'intelligenza artificiale, attirando l'interesse della Deutschlandfunk Radio.

Sempre del 2023 la pubblicazione di Finally the Moon.

 




LG: AI: un ulteriore strumento per espandere la creatività umana?

RDV: Grazie a collettivoinconscio per avermi concesso l’opportunità di parlare di intelligenza artificiale e dunque della mia esperienza con OperAI Records, che è la prima etichetta discografica in Europa interamente dedicata a progetti che utilizzano l’AI come supporto creativo.

Nella squadra di questo progetto ci siamo io e Jacopo Solari, techno artista e ricercatore scientifico,

alla curatela del catalogo Spotify; Niccolò Clemente in arte Whale; Cp.Mordecai nel reparto che si occupa di NFT ed il professor Carlo Lucibello dell’Università Bocconi di Milano che oltre ad essere membro del comitato scientifico ha anche finanziato parte del progetto.

Per rispondere alla prima domanda, direi che più che una tecnologia capace di espandere la creatività umana (che spesso è innata e non apprendibile) l’AI sarà uno strumento di fondamentale supporto alla realizzazione delle nostre idee.

Voglio comunque lasciare una porta aperta a scenari degni della migliore fantascienza.


LG: A beneficio dei lettori potresti descrivere per sommi capi le modalità di utilizzo nonché i limiti dell’AI?

RDV: Ovviamente quello che posso fare è descrivere le tecniche che stiamo utilizzando per la creazione del catalogo di OperAI Records.

Partirei dalla parte meno problematica ovvero la generazione di immagini. Abbiamo trovato un grande aiuto nell’utilizzo di Dall-e e Midjourney: i volti degli artisti che abbiamo creato sono stati realizzati con questi due strumenti. Per quanto riguarda la produzione di testi abbiamo utilizzato Chat-Gpt per realizzare le loro biografie ed abbiamo preso per buoni – e con divertimento - alcuni dettagli biografici che l’AI ci ha fornito.

Ovviamente testi ed immagini hanno bisogno di essere indirizzati da chi cura i progetti.

Dal punto di vista video invece gli sviluppi sono più problematici, pertanto non starei ad approfondire.

Nel campo musicale le cose si fanno ancora più complicate; ogni giorno facciamo scopriamo nuove tecniche e possibili utilizzi.

Abbiamo iniziato con la ricerca di un programma che potesse catturare il nostro interesse. Iniziammo ad usare AIVA rimanendo molto soddisfatti del fatto che si potesse avere una traccia realizzata dall’intelligenza artificiale divisibile in diverse linee midi; ergo potevamo aspirare ad avere grande modellabilità del materiale ed agire nettamente sugli errori strutturali che spesso l’AI commette (anche se bisogna dire che alcuni errori potevano diventare una cifra stilistica).

Questo però non ci soddisfaceva del tutto da un punto di vista artistico, lasciavamo troppo spazio alla creatività spesso banale della macchina. Abbiamo così abbandonato la piattaforma AIVA iniziando a sperimentare decisamente altri mondi con Chat-Gpt.

Capimmo subito che Chat-Gpt poteva essere un supporto incredibile alla programmazione e all’utilizzo di programmi come Sonic PI, MaxMsp e Pyhton. È stata davvero una sensazione futuristica creare alcuni brani. Per fare un esempio, collegando Chat-Gpt ad un comando vocale potevo conversare direttamente con la macchina e fare richieste del tipo “abbassami la traccia 4, il loop della parte 1 deve essere 15 secondi più lungo” oppure “modifica questi dati della patch e collegali al filtro”.

Questo infaticabile assistente - a suo modo e tramite codici - esegue tutto quello che gli viene chiesto.

È davvero un grande aiuto e sono abbastanza sicuro che questa tecnologia verrà integrata sia nelle prossime DAW sia nella nuova generazione di strumenti musicali elettronici.


LG: La tecnologia oggetto di questa conversazione ha sollevato una polemica internazionale, spesso alimentata da ipotesi inverosimili e cultura pop fuori luogo. Siamo nuovamente di fronte agli stessi timori avuti con l’introduzione del telefono, del televisore e di internet? Oppure esiste un fondo di verità?

RDV: Credo che le polemiche legate al concetto di copyright siano più che legittime ma c’è da dire che chi ricrea un brano pop per fare ufficio stampa e per avere pubblicità sul dibattito del momento probabilmente non ha capito la portata dello strumento AI.

Siamo assolutamente di fronte ad una rivoluzione; abbiamo già vissuto in passato periodi del genere, basti pensare al passaggio da nastro a digitale, alla computer music, alla dodecafonia.


LG: È plausibile riferirsi all’utilizzo in ambito musicale dell’AI come a una nuova forma di musica generativa o il paragone è fuorviante? Le macchine analogiche del passato che hanno contribuito a plasmare il suono elettronico (step-machines, matrix sequencers e arpeggiatori) possono essere considerate precursori dell’Intelligenza Artificiale applicata alla produzione musicale?

RDV: Sicuramente AI e musica generativa hanno qualcosa in comune ma rimangono differenti. La musica generativa è figlia di un algoritmo con cui possiamo andare a modificare determinate variabili ottenendo risultati diversi; l’AI elabora uno storico molto grande di dati e ci dice quale sia la “strada migliore” a seconda della situazione. Possiamo educare la macchina in base a quello che vogliamo; possiamo dargli in pasto tutte e opere di Bach e chiederle di creare un lavoro completamente nuovo usando lo stile che ha appreso.

Addirittura, possiamo creare nuove macchine di musica generativa e programmare nuovi strumenti digitali.


LG: Finally the Moon ha un legame sottile con questa tecnologia.

RDV: Finally the Moon è il mio nuovo album e non fa parte del catalogo di OperAI Records, è un disco su cui ho lavorato per un paio di anni.

All’interno del download bandcamp si può trovare il progetto grafico realizzato con Dall-e e questo è l’unico rapporto che ha con l’AI.

Finally the Moon è un'opera di fantascienza, in cui nastri e sintetizzatori creano una storia lunare.

È un lavoro melodico e rumoroso allo stesso tempo.

L'inizio in voce solista ci catapulta in un deserto, un ambiente metafisico, un vuoto oscuro.

La luna è uno specchio e ci mette di fronte al nostro riflesso.

Riusciremo a sopportare la nostra vera visione?

In un certo senso possiamo metterlo in relazione con l’intelligenza artificiale ma esclusivamente come accostamento ossimorico perché credo che quando prenderà piede in ogni campo del sapere il supporto AI tutto ciò che rimarrà artigianale aumenterà il suo valore in maniera esponenziale.

Pensiamo a come apprezziamo ora un cartone animato disegnato a mano, fotogramma per fotogramma.


LG: Pur avendo voluto circoscrivere al solo ambito musicale l’impatto che l’AI sta avendo sulla nostra società è innegabile che essa condurrà ad un sostanziale mutamento nel mondo del lavoro, dell’istruzione e dell’intrattenimento. I tuoi timori e dubbi (se li hai) da utilizzatore di questa tecnologia.

RDV: In parte credo di aver già risposto alla domanda: siamo di fronte ad una rivoluzione e tutte le rivoluzioni portano a dei cambiamenti, cambiano le abitudini, le professioni. Per questo i temi dell’arte sono sempre gli stessi dall’inizio dei tempi.

Abbiamo bisogno di una forza che ci ripeta costantemente nel corso della storia quale siano le cose importanti, come l’amore, la libertà, la creatività, il tempo, l’attenzione alle nuove generazioni, lasciare le cose meglio di come sono state trovate, la trasmissione della cultura.

Il nostro errore è quello di immedesimarsi con Sisifo perché lo vediamo umano quando in realtà noi dovremmo essere la pietra che eternamente rotola giù. Sisifo è l’arte, il sapere, la nostra memoria collettiva che ci sorregge portandoci verso l’alto come grazie ad una spinta di Archimede.

Bisogna accettare le cose nuove sempre con uno sguardo al passato, cercare il modo migliore di utilizzare le nuove tecnologie senza mai negarle.

Non ho mai utilizzato l’AI per farmi sostituire in qualcosa; ad esempio, avrei potuto farle scrivere questa intervista ma preferisco invece utilizzarla per avere un aiuto nel superamento dei miei limiti tecnici ed avere un ausilio nel tradurre le idee in linguaggi che padroneggio poco.

Come ultima cosa tengo a dire che tutto quello detto in questa conversazione in merito a AI è frutto di esperienza e di uno studio ancora in fase di approfondimento pertanto potrebbero esserci alcune inesattezze. 

 

LG: Grazie.

 


 

https://remodevico.bandcamp.com/album/finally-the-moon

https://www.remodevicocomposer.eu/

https://www.operairecords.com/

https://open.spotify.com/playlist/6PGvt5AYltC8EcLgR3DmCu?si=7ca294762b3648d2





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