LYKE WAKE: STRANIERO NELLA GALASSIA

 


 

 

I Live In Fear, I Burn In Hate di Lyke Wake rientra nell'ambito di un progetto ben preciso che coniuga trame pseudo-sinfoniche e rumoristica noise (quest'ultima principalmente di origine sintetica). Nel tentativo di dare al proprio suono una forma di più ampio respiro e non imprigionata all’interno di rigide barriere stilistiche si procede alla fusione di due diversi linguaggi musicali: la scuola cosmica tedesca (soprattutto nella sua accezione più atonale e sperimentale) e la new age dei primordi, sviluppata da compositori come Vangelis (non a caso si insiste molto sull'utilizzo di tappeti sonori dal sapore orchestrale). New Age non solo nel colore ma anche nella scrittura: i temi hanno un sapore più cameristico che sinfonico ma distillati in poche note essenziali come nel minimalismo, generati grazie all'aiuto di arpeggiatori e step machines. Il tono disteso, a tratti epico, romantico ma non tragico e il leitmotiv vocale più volte riproposto (che parrebbe uscito da The Lord of the Rings) sono i tratti distintivi di un esperimento dalla valenza fortemente cinematica, intesa come capacità di evocare un susseguirsi di immagini narrativamente legate tra loro.

 

 

 

 

LG: Coordinate stilistiche ed estetiche di I Live In Fear, I Burn In Hate / Symphonic Noise e analisi di una dicotomia.

LW: I Live In Fear, I Burn In Hate / Symphonic Noise è l’ultima evoluzione di quel suono che io chiamo, appunto, symphonic noise. Per me la musica è un modo di espressione e una modalità di rappresentazione del mondo interiore, psichico. Io suono quello che sono. Utilizzo il suono secondo la sua funzionalità, senza distinzioni tra suoni ruvidi e morbidi. Ho cercato di fondere insieme, non semplicemente di accostare, suoni sinfonici e noise, suoni che generalmente sono ritenuti antitetici ma che sono adatti alla mia modalità espressiva.

Soprattutto negli ultimi lavori è presente una forte componente sinfonica e solenne; questa è stata una mia precisa esigenza. Scelgo razionalmente come esprimermi con i suoni e così ho deciso di aumentare la parte sinfonica del suono e la sua solennità. È un processo razionale sia nell'ideazione sia nell’esecuzione. Così come si scelgono le parole giuste per esprimere un concetto allo stesso modo si scelgono i suoni adatti al proprio mondo sonoro.

 

LG: I Live In Fear, I Burn In Hate / Symphonic Noise si presenta come un’unica monolitica traccia; penso a Mike Oldfield, agli Yes e a molti altri eroi del rock progressivo, epoca in cui le dimensioni delle composizioni parevano non avere limite. Senti anche tu quest’affinità?

 

LW: La mia prima produzione risale al 1981. Sin dall’inizio ho quasi sempre utilizzato suite molto lunghe perché adatte alla creazione dell’universo sonoro che ho in mente. Sono cresciuto musicalmente con il prog e poi con il new prog passando per il punk e la new wave e finendo all’industrial. Quindi uno scenario quanto mai vario. Anche se ho sempre amato le lunghe suite di prog sinfonico non credo che abbiano avuto un’influenza su quello che suono. Semplicemente, la suite è adatta al mio mondo sonoro.

La mia è sempre stata una musica per stati interiori e il lungo viaggio sonoro che permette la suite si adatta perfettamente allo scopo.

Non ho mai avuto dei modelli ai quali ispirarmi ma ho sempre cercato di sviluppare il mio suono personale. È stato così agli inizi ed è così ancora oggi. Sicuramente quello che ascolto ha un’influenza sulla mia musica ma credo sia una cosa assolutamente marginale.

 


 

LG: Lyke Wake: Passato Remoto, Futuro Prossimo.

LW: Il progetto Lyke Wake è sempre lo stesso. "Il disagio di chi si trova in un mondo non suo sapendo che il proprio non esiste"; da lì è nato tutto. Ovviamente il suono è cambiato molto dagli esordi; la musica, se viene utilizzata realmente come mezzo di espressione, si evolve, così come l’essere umano. La visione di fondo può mutare ma non stravolgersi e alcune cose restano intatte. E così solitudine, sofferenza e dolore saranno sempre centrali nella musica di LW.

Io rimasi folgorato dalla concezione di base dell’industrial, oggi troppo spesso dimenticata; chiunque avesse un’idea poteva svilupparla ed esprimerla in ogni modo e in totale libertà, senza tecnica sullo strumento. Una vera rivoluzione.  E così negli anni ‘80 iniziai a utilizzare in maniera massiccia suoni noise estremi, quasi sempre su una base di synth; poi introdussi anche suoni più morbidi perché più funzionali a quello che volevo esprimere. Quasi sempre ho utilizzato una linea melodica che è diventata fondamentale. Però gli elementi principali dell’universo LW, quel disagio profondo e totale, sono sempre stati gli stessi. Esiste una linea continua, che va dal 1981 ad oggi, costituita da elementi che caratterizzano il mio suono e che credo siano facilmente riconoscibili e costituiscano una sorta di marchio di fabbrica. Se le modalità espressive col tempo sono mutate la sostanza è rimasta la stessa; qui non c’è spazio per la luce e dopo il buio non c’è che il buio.

Credo che l’unione di elementi così differenti renda il mio suono difficilmente catalogabile. Questo è il sistema migliore per restare fuori da tutto perché la gente ha sempre bisogno di catalogare la musica per ascoltarla. Però lo sapevo già dagli anni ‘80 e la mia integrità espressiva viene prima di tutto.

Ho appena terminato il nuovo album e non ho iniziato a pensare a nuove composizioni; i miei tempi sono sempre molto lunghi, in accordo con le necessità espressive. Quando ho la motivazione per esprimere qualcosa, penso a come farlo con i suoni. Dall’idea nasce il titolo della composizione e poi penso ai suoni che posso utilizzare per esprimere quell’idea. Quindi passo alla realizzazione che è anche il momento più difficile dato che non è semplice, per me, tradurre in suono le mie idee. Non c’è praticamente nulla di improvvisato ma tutto viene pensato e realizzato razionalmente. Sicuramente nelle prossime composizioni proseguirò sulla strada dell’unione di suoni sinfonici e noise però tutto sarà sempre funzionale all’idea da esprimere e quindi ci saranno sempre nuovi elementi da inserire.

 

LG: Mi risulta che proprio recentemente hai preso parte ad un evento live: quale ruolo ha per te oggi la musica dal vivo in un contesto di streaming e musica liquida?

LW: Il mio ultimo e recente live è stato al Circolo Fanfulla di Roma, a metà dello scorso aprile, durante un evento organizzato da Giacomo Elettrodo, Adriano Vincenti di Macelleria Mobile Di Mezzanotte e Paolo Bandera di Sigillum S e Sshe Retina Stimulants. Un evento per la presentazione di Ossido Di Cromo, un cd tributo ai suoni industrial degli anni 80, quei suoni registrati su nastri all’ossido di cromo, appunto. Per me è stato un onore che un mio brano del 1988, The Noise Of Dream, sia stato inserito nell’album e rielaborato da Adriano Vincenti. Il cd è stato curato da Adriano e Paolo e la serata si è sviluppata con il live di Daniele Ciullini, il mio, quello di Adriano e Paolo e un brano suonato da noi tutti insieme. Una serata molto gratificante; oltre al bellissimo accordo tra noi che abbiamo suonato, il pubblico era composto da moltissimi amici e da musicisti che hanno fatto la storia dell’industrial; una serata d’altri tempi.

 

Se facciamo riferimento ai live della scena sperimentale, sicuramente oggi il pubblico è meno numeroso che in passato, probabilmente perché l’offerta è maggiore. Negli anni 80 non erano in molti a conoscere certi tipi di suono ma per curiosità e per la scarsità di live il pubblico era sempre numeroso. Poi spesso rimaneva negativamente impressionato da un live noise, non sapendo cosa fossero quei suoni che uscivano da synth o molto spesso da registratori. È capitato che dopo un live alcuni mi chiedessero che cosa fossero quei rumori, quei suoni così insoliti. Non era semplice portare live l’industrial. Ora non è più così; il noise ha una piccola schiera di appassionati e tutti sanno cosa aspettarsi.

Ormai si parla molto della musica liquida come un problema. In realtà non credo abbia spostato le cose più di tanto; chi guadagnava prima con la musica lo fa anche oggi. Solo che le cose si sono invertite; un tempo i guadagni venivano dalla vendita dei cd mentre i concerti servivano solo come promozione e spesso erano in perdita dato che i biglietti costavano poco. Ho vissuto in prima persona i tempi in cui si diceva che la musica doveva essere di tutti e gratis, i tempi in cui ai live di Lou Reed e Santana veniva bruciato tutto perché le persone volevano entrare senza pagare, i tempi del processo a Finardi perché si era venduto. Ora tutto questo non esiste più e lasciamo stare se sia un bene o un male. Ormai i CD non si vendono più e il download e lo streaming gratuiti permettono a quasi tutti di fruire della musica senza pagare. Però oggi i live, almeno quelli dei grossi nomi, hanno prezzi molto alti e quindi i guadagni per loro ci sono lo stesso. Personalmente credo che la musica non dovrebbe essere uno strumento per fare soldi però questa è una mia idea e non ho la pretesa di imporla. Anche per molte piccole etichette la necessità di rientrare almeno nelle spese è imprescindibile e lo posso capire. Nonostante questo, io con la musica posso tranquillamente continuare a fare quello che ho sempre fatto: suonare per me stesso e - anche se non è il mio obiettivo principale - condividere quello che produco con chi lo vuole ascoltare.

 

 

https://lykewake.wixsite.com/lyke-wake

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