MAGAZE, DIPSO: LO CHIAMAVANO POST PUNK

 

Parlare di post punk significa accettare la contraddizione implicita nella stessa definizione del genere. Quando l'uragano distruttore della prima rivoluzione punk si abbatté su un pubblico ignaro della portata (musicale ma anche sociale) di quel cambiamento in molti si resero conto che si trattava di un passo indietro e uno avanti: tornavano i tre minuti e i tre accordi, la struttura lineare del rock'n'roll fino a pochissimo tempo prima considerata ormai il fossile di un'era musicale preistorica. A mutare del tutto fu lo spirito: sia il r'n'r sia le evoluzioni successive (psichedelia, progressive, hard-rock etc) rappresentavano futuri possibili non solo per la musica  ma anche per il nostro stesso mondo (basti pensare al movimento Flower-Power). Con l'entrata in scena del punk è il nichilismo a dominare: non c'è futuro, non c'è speranza, solo un vorticoso, sporco e ruvido vortice di rumore ad accompagnare la fine dell'umanità. Non ci sarebbe mai dovuto essere un post punk perché l'umanità non sarebbe sopravvissuta fino a tanto. Invece il post punk si è palesato per poi iniziare un processo di contaminazione stilistica che lo avrebbe reso sempre meno definibile. Ora si potrebbe parlare di post-post punk ma la nostra è l'epoca delle etichette musicali posticce, delle rivisitazioni derivative e dell'immobilismo creativo: oppure no? Anche queste possono essere definite solo etichette se applicate frettolosamente anche a progetti musicali guidati dalla volontà di interiorizzare la matrice stilistica originale, portandola al limite estremo e al contempo di intessere su quel sostrato brandelli di inedite suggestioni sonore.

Magaze e Dipso sono due esempi di band che dal post punk nascono ma da cui non vogliono dipendere a tutti i costi.

 

IN CONVERSAZIONE CON MAGAZE 


 A SIDE

a cura di Luca Giuoco

 

LG: Post Punk. Cosa non è e cosa non sarà mai.

 

[Daniele]
 
Il punk è stato non solo musica fuori dagli schemi del periodo ma anche ribellione sociale, ossia tutto quello che manca adesso. Dire "Post Punk" è per dare un'idea di quello che si fa musicalmente, niente di più. Noi puntiamo al "sensual punk noise" , ennesima inutile etichetta, ma almeno ci divertiamo.

[Luca]
 
Non sarà mai quello che il punk ha rappresentato come espressione di un preciso periodo storico di una classe sociale. Non rappresenta un gruppo, un tentativo di emancipazione collettiva, forse neanche più un movimento. Oggi è un genere musicale attraverso cui delle individualità trovano un particolare spazio, come direbbe Simon Reynolds è il "luogo in cui le regole sono sovvertite in una sperimentazione continua, selvaggia e colta insieme" e secondo me continua ad essere così. Nodi senza archi di una rete che non riesce a prendere più (o ancora) coscienza di sé stessa.

[Marco]
 
Non è punk per una serie di motivi:
Tutto ma proprio tutto dai testi, dal modo, dalla musica. Il punk è di getto e per come nasce risulta essere chiaro e diretto, anche la ricerca artistica è ridotta all'osso, non ci sono particolari compromessi. I concetti di rifiuto, di rivolta e di vomito necessitano di un veicolo essenziale dritto con pochi fronzoli. Per questo credo che non è e non sarà mai. Si potrebbe dire che nella domanda è implicita una contraddizione palese. Comunque la domanda la farei a Lydon quando nel 1978 ha formato il PIL.



LG: Le coordinate stilistiche e concettuali del vostro progetto
 

[Daniele]
 
Stilisticamente siamo o quantomeno cerchiamo di essere un mix di esperienze e di gusti musicali, puntando il più possibile ad ottenere un buon risultato. La musica deve soddisfare il nostro corpo e la nostra anima, a quel punto, il concetto è pronto.

[Luca]
 
Ripartiamo dalle nostre individualità e proviamo a metterle insieme, in un microcosmo, con coraggio. 35 anni di differenze è la dispersione delle nostre età con punti di vista e gusti diversi, problemi generazionali affrontati e da affrontare ci compongono ed indirizzano nelle scelte. Siamo ripartiti dopo il covid, ognuno con i propri progetti musicali terminati o falliti, con l’idea di riprendere in mano gli strumenti elettrici, i distorsori, i riff, cantarci sopra in italiano per essere capiti e ci siamo resi conto che avevamo maturato tanto da voler dire.
 

LG: In una società soffocata dal diritto di criticare tutte le voci si sovrappongono fino a ridursi a monotono rumore di fondo.
 

[Daniele]
 
La critica ci sta, fa parte del gioco. Il punto è distinguere da chi critica perché invidioso, da chi data la sua vasta esperienza sul campo, da dei consigli sensati.
Nel secondo caso, si ascolta e si cerca di capire cosa può avere senso per noi cercare di cambiare o migliorare.
Nel primo caso, non importa.

[Luca]
 
Siamo chiamati ad essere preparati, ad essere lucidi, forse di più rispetto ai decenni precedenti in cui ci si fidava di una intermediazione tra pubblico e critica, nei vari campi, dalla musica alla scienza, ma non lo siamo e lo siamo anche meno. Oggi è garantito un pubblico per ogni opinione e allora bisogna ritrovare il tempo e la voglia di approfondire, di imparare a riconoscere il suono dal rumore, di non subire questa nuova forma di censura fatta di sovrabbondanza di informazioni, sapendo riconoscere anche il proprio posto rispetto a quello che si è, si sa e si fa.


LG: La vostra utopia, la vostra distopia.
 
 
[Daniele]
 
Utopia: Bud Spencer Presidente della Repubblica, della Camera e del Senato.
Distopia: L'attesa di un meteorite che finalmente azzeri l'umanità. Speriamo presto.

[Luca]
 
Utopia: Ritornare ad essere in grado di pensare utopie, trascinando l'orizzonte più lontano e prendere aria.
DIstopia: Una nuova era oscura (cit.James Bridle), un nuovo medioevo fatto di fibra, dati, connessioni, accessi e l'uomo è un mezzo che serve la rete.
 
 
LG: Grazie.
 

 

 
 

B SIDE

A cura di Marco Gronge

MG: Fede
 
[Daniele]
Non lo so.

[Luca]
Oggi lo considererei un atto sovversivo.

MG: Sacrificio
 
[Daniele]
Per raggiungere obiettivi è necessario.

[Luca]
Strumento di emancipazione.

MG: Arte
 
[Daniele]
Creare qualcosa da un'intuizione.

[Luca]
Strumento di connessione.

MG: Morte
 
[Daniele]
Le foglie in autunno.

[Luca]
L’unico atto che ci rende tutti uguali.
 
 
 
 
I DIPSO RACCONTATI DA GRONGE
 

PREMESSA: i Dipso sono un'altra formazione di difficile definizione, autori di un bizzarro art-punk dalla forte valenza soggettiva. Non essendosi creata l'occasione per una conversazione lasciamo che sia Gronge a descriverli.


Se  parliamo di difficoltà strutturali nella comunicazione Dipso è un vademecum dell'inconscio disabituato alla comunicazione, pezzi di puzzle incastrato a forza nella quotidianità respingente. Una formula disagio alcool e thc che  dal vivo esplode in tutto il suo stridore di chitarre d'acciaio: Jeeg robot col bancomat appena sradicato che fugge mostrando chiaro e palese che in questa società non vuole e non può collocarsi. 
 
Marco - riff alcoolici e voce ululata di sguardi persi dietro gli scaffali di un supermarket in perenne hang over band -  lancia sprazzi e sputi di genialità proto punk.
Giancarlo, il gigante compresso che appena tocca il basso sollevando sacchi di biancheria sporca sembra alzare la sua perenne misera vita come una coppa dei campioni da esibire sempre.
Claudio: coi suoi tamburi inarrestabili completa un ciclo che profuma di emarginazione dal cosmo - perlomeno quello della comunicazione verbale -  ma a volte guardandolo picchiare ti senti la terra tremare sotto i piedi. 
 
Era impossibile pretendere da loro che si mettessero a scrivere;  loro non hanno tempo, devono provare a distruggere le camerette dove sono stati coltivati che senza musica sarebbero rimaste buie e silenziose ma ora urlano nello spazio profondo "ci siamo, siamo qui e non sarà facile mandarci via"!
 
 

 
 







 
 

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