STEFANO BERTOLI: GLI OCCHI ROSSI DELL'INVERNO

 


 

 

Il folclore nipponico suggestiona non poco gli autori inclini alla sperimentazione e Yuki-onna (2023, Three Times Cursed) del sound-artist Stefano Bertoli ne è un'ulteriore dimostrazione. Yuki-onna è la donna delle nevi dell’immaginario tradizionale giapponese, una figura imperscrutabile nell’aspetto e nelle intenzioni, ritratta tanto come una presenza malevola e insidiosa quanto come un’ombra pallida che appare improvvisa tra gli alberi spogli del rigido inverno orientale. Il ritmico e costante rumore dei passi nella neve serpeggia al di sotto delle tracce come a scandire il lento mutare del paesaggio agli occhi del viaggiatore. Le fonti sonore appaiono rallentate, quasi congelate all’interno di una dimensione atemporale, perfetta per rappresentare l’apparizione delle entità sovrannaturali conosciute come yōkai, sospese tra passato e presente, memoria e tradizione, abitatrici dell’invisibile confine tra realtà materiale e spirituale. Bertoli si dimostra capace di immergere l’ascoltatore in un mondo di echi sinistri, di atmosfere lugubri e bizzarre, intrecciando spiazzanti dicotomie sonore che accentuano l’effetto paralizzante che le apparizioni inesplicabili provocano negli esseri umani. Ormai ripudiato dalla civiltà odierna delle scienze esatte e delle esperienze sempre misurabili, lo strano, magico mondo degli Yōkai parla ancora ai creativi e agli idealisti, oscuri umani costretti a vivere dalla parte sbagliata dello specchio.






LG: Con Yuki-onna hai scelto di rappresentare l’invisibile.

SB: Yuki-onna è invisibile solo ad occhi umani. Per poterla vedere devi crearne l’immagine nella tua mente attraverso il suono dei passi nella neve, attraverso i suoi sussurri nel vento.

 

LG: Una parte importante del tuo metodo compositivo consiste nell’esplorare le possibilità creative dello stretching sonoro.

SB: Una tecnica che ho sempre adorato, fin da quando lavoravo sui nastri, a fine anni ’80. Il concetto è quello di separare il più possibile trama e ordito: lo spazio che si crea all’interno prende una via tutta sua, determinata soprattutto dalle percezioni dell’ascoltatore.

 


LG: Musica per immagini e musica di immagini: l’una assolve ad una funzione pratica, l’altra richiede il coinvolgimento attivo dell’ascoltatore. Direi che Yuki-onna rientra a pieno titolo in quest’ultima categoria.

SB: Assolutamente sì. Vale certamente il discorso di prima ma tutto il disco è pieno di piccole suggestioni, suggerimenti lasciati lì in modo apparentemente casuale. Sono come le briciole di Pollicino, tranne per il fatto che i percorsi sono molteplici ed è proprio la sensibilità di chi ascolta a creare il proprio.

 

LG: Il Giappone è una terra magica, con un immaginario in continua riscrittura, che non teme il rimescolamento con le suggestioni occidentali ma che anzi le incorpora, rielaborandole. Illustraci la tua personale visione del sincretismo giapponese e il tuo rapporto con la cultura nipponica.

SB: Yukio Mishima era ossessionato dall’occidentalizzazione del Giappone: pur adorando la cultura occidentale di cui era un profondo conoscitore ne aveva previsto il disfacimento. Sono arrivato in Giappone circa dieci anni fa in seguito ai miei studi sul buddhismo Hossō (Quinta Scuola di Nara) e non me ne sono più andato. Dell’occidente mi è rimasto l’amore per certa letteratura e per Spinoza, grazie al quale non faccio fatica a restare in equilibrio fra i due universi che considero assolutamente paralleli.

 


 

LG: Le esistenze elusive che i giapponesi chiamano Yōkai sono presenti in tutte le culture, pur se con nomi e fattezze diverse. È il reame soprannaturale, il mondo al confine col nostro. Il tuo rapporto con la vita, la morte e con altri possibili stati d’esistenza.

SB: Amo distintamente e profondamente ogni stato dell’Esistenza al punto da considerarli indistinguibili. Sai che non riesco davvero più a darmi una collocazione? O forse, semplicemente, non lo desidero e preferisco fluttuare. La Morte così come l’Amore è un ennesimo passaggio di stato: quando giungerà te ne parlerò, anche se a quel tempo la prossima intervista la faremo via ouija.

 


 

LG: Il progetto Collettivoinconscio (a cui hai entusiasticamente aderito) nasce dall’assunto secondo cui esiste oggi un movimento artistico e musicale che - diversamente rispetto al passato - non è accomunato dall’aderenza a un determinato stile e suono bensì dalla volontà di proporre un’alternativa costruttiva alla progressiva plastificazione della cultura (musicale ma non solo).

SB: Ed è il motivo per cui sono entrato con tanto entusiasmo: non si può pretendere di creare qualcosa di nuovo usando gli stessi pattern di trent’anni fa ma neanche quelli della scorsa settimana.

 

LG: Stefano futuro prossimo.

SB: In Giappone ho raccolto ore di registrazioni ambientali, fotografie per almeno quattro progetti (oltre ai due libri che ho in uscita nel prossimo anno) e centinaia di pagine di appunti. Adesso è il momento dell’assemblaggio, giorni e giorni a costruire nuovi mandala per poi “seppellirli” dentro ad un libro o a qualche disco.

 

LG: Grazie.

SB: Grazie a te.

 


 

 

 

https://threetimescursed.bandcamp.com/album/yuki-onna










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