OSLO TAPES: METAFORE DALL'INFINITO



 

 

Staring at the Sun Before Goin’Blind è la quarta incarnazione di un’idea prima che di un progetto, fortemente voluta e concretizzata da Marco Campitelli, l’uomo e l’artista dietro a Oslo Tapes.

Un discorso solista a propagazione collettiva che vede Marco coinvolgere di volta in volta musicisti, amici e nuovi collaboratori per dare forma alle sue visioni al confine tra post rock e kraut.

Musica aliena ma in collegamento diretto con la Terra attraverso una scrittura musicale più immediata e comunicativa rispetto ad altri progetti elettronicamente contaminati, difficilmente fruibili a causa di un suono aspro e intransigente.

Le otto tracce di Staring at the Sun Before Goin’Blind sono firmate dallo stesso Marco e da Amaury Cambuzat, già nei faUSt e Ulan Bator nonché produttore e dispensatore di sonorità analogico-magnetiche che serpeggiano lungo l’intero lavoro.



 

LG: Le geometrie cosmiche di Staring at The Sun Before Goin’ Blind.

MC: Geometrie cosmiche ma anche mistiche. Il cosmo è una metafora dell’infinito, il luogo da dove tutto viene e tutto torna. Geometrie con le quali tentare di dare forma a ciò che chiamiamo Indefinito.

 

LG: Descrivi questo lavoro come “un breve lasso di tempo percorso in otto brani” ma oltre l’atmosfera terrestre non c’è nulla di più relativo del tempo stesso.

MC: Sì, hai ragione, ci tocca fare i conti con la relatività del tempo, utilizzando parametri che tengano conto dell’idea ordinaria (e quotidiana) che si ha di esso. Un disco è un breve viaggio di quarantacinque minuti, un tempo misurabile e comprensibile a tutti. È durante l’ascolto di Staring at The Sun che la nostra percezione del concetto convenzionale di “tempo” inizia a cambiare.

 

LG: Quanto la musica si è inoltrata nello spazio profondo dall’epopea del krautrock ad oggi.

MC: La mia passione per il kraut è evidente fin dall’artwork di Staring at The Sun, un genere che più di altri continua ad affrontare concetti a me vicini.

 

 

 

 

LG: La contaminazione creativa è sempre più il futuro della produzione musicale, come è testimoniato da Staring at The Sun, il cui suono è cesellato da molti collaboratori esterni.

MC: È una formula artistica che Oslo Tapes utilizza da sempre: contaminare il suono (e di conseguenza il mio intero universo musicale) con quello di musicisti che stimo.

 

LG: Passato, presente e futuro di Oslo Tapes.

MC: Oslo Tapes è un progetto nato per dare voce e forma ad un’insopprimibile urgenza di manipolazione sonora. Volevo far suonare in modo diverso gli stili e i generi che già conosco e apprezzo. Questa ricerca mi ha permesso di raggiungere la maturità artistica e ora sento la necessità di esplorare nuovi spazi.

 

 


 

LG: Come nella traccia Sonnambulist’s Daydream la nostra esistenza potrebbe essere solo un’illusione onirica e la cecità invocata nella title-track l’unico modo per scorgere la vera essenza delle cose. In entrambi i casi, gli occhi sono superflui.

MC: Sì, in entrambe le tracce ci si riferisce al senso della vista non in senso letterale. Nel caso di Sonnambulist’s Daydream si allude alla mancanza di consapevolezza (e di coscienza) quando si percorrono le strade della propria vita. In Staring si compie invece un’esperienza mistica e destrutturante… È come spogliarsi di ciò che siamo, entrare all’interno di una spirale che racchiude la nostra intera esistenza ed essere trasportati verso l’Ignoto.

 

LG: Grazie.

MC: Grazie a collettivoinconscio per l’interesse e per la precisione chirurgica avuta nel parlare della musica di Oslo Tapes.

 

 

 

 

https://oslotapes.bandcamp.com/album/staring-at-the-sun-before-goin-blind-4



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