ARTURO STALTERI: RADIO LUNAIRE



 

 

A 124 anni dalla prima trasmissione, la parabola più significativa della radiofonia sembra essersi esaurita: parole e musica continuano a diffondersi attraverso l'etere ma l'impatto che esse hanno sulla società è significativamente ridotto. È inutile (e forse anche dannoso) fare i paragoni con il web, strumento che da una certa prospettiva raccoglie l'eredità della radio espandendola al massimo in termini di multimedialità e interazione. Anche nei primi anni della radiofonia essa ha avuto i suoi energici detrattori: uno scenario non così diverso dalle polemiche sul web.

Come spesso accade, il passato viene idealizzato e così si finisce per rimpiangere un tempo in cui la musica era sempre la migliore e le radio facevano cultura. 

Ma davvero le radio hanno diffuso cultura? 

Ho un vivido ricordo dell'enorme apparecchio in casa dei miei genitori e di mia madre che armeggiava quotidianamente con l'antenna in cerca di quelle che un tempo si chiamavano radio libere. Il problema è che non rammento di essermi mai imbattuto in trasmissioni di chissà quale profondità intellettuale: musica da classifica, l'ormai preistorico (ma immancabile all'epoca) radio juke box e poco altro. Fu solo ai tempi del liceo che iniziai ad ascoltare Alfabeti Sonori, condotto da Arturo Stàlteri. Quell'appuntamento quotidiano con la musica extra-colta mi introdusse all'interno di un universo sonoro fino a quel momento inconcepibile per me. Ebbi il mio primo contatto con la cultura in modulazione di frequenza.

A distanza di oltre trent'anni mi rendo conto che la cultura (musicale e non) la fanno le persone e non i mezzi utilizzati per diffonderla. Anche se il ricordo del tempo glorioso delle radio può oggi risultare sbiadito, esistono ancora individui pronti ad andare oltre i luoghi comuni, le citazioni stereotipate e le opinioni prodotte e riprodotte su scala industriale. Li troviamo nelle poche emittenti radio di qualità, nelle web-radio di nicchia, nei blog letti da una manciata di persone, negli anfratti dei servizi di condivisione video. Ciò che è importante è sempre il contenuto e non il contenitore.

Luca Giuoco

 

Arturo Stàlteri, romano, si è diplomato in pianoforte al Conservatorio Alfredo Casella de L'Aquila.

Svolge una vivace attività concertistica, rivolgendo la sua attenzione, oltre alle sue composizioni, anche ad autori dell'area extra-colta. Nel 2004 Franco Battiato lo ha voluto, come conduttore e musicista, nel suo primo programma televisivo, Bitte, keine Réclame e lo ha coinvolto, nel 2014, nella stesura del documentario Attraversando il Bardo. Come critico musicale è attualmente la voce di Primo Movimento, Il Concerto del Mattino e Qui Comincia, su RAI Radio 3.




LG: Arturo, la tua lunga esperienza nel mondo della radiofonia copre un arco temporale cruciale in cui all’ascesa delle emittenti libere è seguita un’evoluzione tecnologica inarrestabile. Come sempre, ad ogni rivoluzione si acquista e si perde qualcosa e non è detto che sia uno scambio equivalente. Mi chiedo se il prezzo da pagare per le radio sia stato troppo alto.

AS: In effetti le mie prime esperienze radiofoniche risalgono al 1978. Credo che, tutto sommato, il gioco valesse la candela. Le prime radio cosiddette “libere” ben presto si sono adattate al mercato (anche se non tutte) mentre oggi, grazie alle nuove possibilità di proporre musica alternativa a quella cosiddetta commerciale, c’è un ventaglio di ascolti differenziati. Naturalmente, bisogna sapersi orientare nel mare magnum delle proposte ma questo dipende solo dalla nostra reale volontà di trovare “altro”.

 

LG: Semplificando al massimo, possiamo affermare che ad una radio di puro e semplice intrattenimento - nonché cassa di risonanza delle mode del momento - si contrapponeva - almeno fino ad una ventina di anni fa - la radio che provava a fare cultura, non solo in senso strettamente musicale. Ritieni questa distinzione attendibile oppure la realtà (anche attuale) è più sfumata?

AS: Come dicevo, ritengo che ci siano tuttora molte radio (parlo soprattutto del web) in grado di proporre contenuti realmente alternativi.

 

LG: Come già ti accennai, il mio primo approccio a coordinate sonore differenti da quelle consuete è stata la trasmissione Alfabeti Sonori, uno spazio pomeridiano sulle frequenze di RAI Radio 3 che seguivo costantemente durante gli anni del liceo. L’impatto che quel programma ha avuto sulla mia formazione musicale è stato determinante.

AS: Bei tempi! Indubbiamente era una Radio 3 molto diversa da quella attuale. Al conduttore veniva data completa libertà di scelta… ricordo che nessuno mi ha mai suggerito o proibito di trasmettere un determinato brano musicale. A onor del vero non accade neanche oggi ma da parecchi anni ormai il conduttore è soprattutto un tramite tra il curatore della trasmissione (che propone anche la scaletta musicale) e gli ascoltatori. Devo dire però di essere stato piuttosto fortunato fino ad ora in quanto ho sempre lavorato con persone che sono sulla mia lunghezza d’onda.

 

 



 

LG: Dall’utopia della cultura in modulazione di frequenza alla distopia delle ideologie plastificate: è una descrizione eccessivamente pessimista dell’attuale stato di salute della radio italiana? O forse anche questa è una visione in chiaro scuro di un fenomeno sociale ben più complesso? Francamente, le emittenti radio sguaiate e dai contenuti dozzinali le ricordo fin da ragazzo.

AS: Assolutamente! La radio è sempre stata lo specchio della società, nel bene e nel male e purtroppo il cattivo gusto ci accompagna da tempi immemorabili. È un gatto che si morde la coda. Finché ci sarà richiesta di spazzatura i mezzi di comunicazione si adegueranno e finché questi stessi mezzi di comunicazione proporranno volgarità, le inclinazioni di chi ne fruisce rimarranno in moltissimi casi a livelli molto bassi.

 

LG: Personalmente credo che alcune web-radio abbiano realmente raccolto l’eredità della radiofonia italiana. Qual è il tuo punto di vista?

AS: Direi che ce ne sono alcune notevoli… magari non sempre la qualità dei contenuti proposti è veicolata da una conduzione di valore. Ma io sono ottimista. 

 

LG: A distanza di anni e dopo migliaia di dischi - ascoltati e trasmessi - se dovessi andare in radio ora, quale disco (del passato, del presente o del futuro, anche immaginario) vorresti presentare?

AS: Parlando di pop music avrei l’imbarazzo della scelta.

Qualche titolo: Their Satanic degli Stones, l’album bianco dei Beatles, Led Zeppelin III, Benefit dei Jethro Tull, In The Court of the Crimson King dei King Crimson.

Tarkus di ELP, Selling England by the Pound dei Genesis, Pawn Hearts dei Van Der Graaf Generator. Darwin del Banco, Non al Denaro né all’Amore né al Cielo di De André, Sulle Corde di Aries di Battiato, Volo Magico Numero 1 di Claudio Rocchi, Arbeit Macht Frei degli Area.

Pink Moon di Nick Drake, Pet Sounds dei Beach Boys, Second Album dei Curved Air, Chameleon in the Shadow of the Night di Peter Hammill.

A Rainbow in a Curved Air di Terry Riley, Music in Twelve Parts di Philip Glass, Another Green World di Brian Eno, Drumming di Steve Reich, Reggatta de Blanc dei Police, New Adventures in Hi-Fi dei r.e.m.

Ok Computer dei Radiohead, Takk dei Sigur Ros, Happy Songs for Happy People dei Mogwai, The Fat of the Land dei Prodigy, Illinois di Sufjian Stevens.

The Object is a Hungry Wolf di Andrew Poppy, The Sinking of Titanic di Gavin Bryars, The Piano di Michael Nyman, 1996 di Sakamoto.

For My Parents dei Mono, Rocking the Suburbs di Ben Folds, If I could remember My Name di David Crosby, Plans dei Dead Cab for Cutie, Immunity di John Hopkins.

Tubular Bells di Mike Oldfield, Phaedra dei Tangerine Dream, Music inspired by The Lord of the Rings di Bo Hansson, The Geese and the Ghost di Anthony Phillips…. Ma ne dimentico sicuramente tantissimi! 

 

LG: Grazie

AS: Grazie a te.





https://it.wikipedia.org/wiki/Arturo_Stalteri





























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