ELIO MARTUSCIELLO: UMANESIMO ELETTROACUSTICO


 

 

Non esiste suono o silenzio al mondo che non sia musicale.”

 Elio Martusciello

 

 

Se da un punto di vista prettamente artistico il nome di Elio Martusciello è sinonimo di ricerca e sperimentazione musicale (in solo e con rinomati ensembles di caratura internazionale come gli Ossatura), la sua attività di docente - svolta al conservatorio di Napoli - permette alle nuove generazioni di aspiranti compositori di acquisire gli strumenti per padroneggiare il complesso mondo della produzione musicale elettronica. Ma non solo: ciò che fa la differenza è ricevere tale formazione da un artista da sempre definitosi autodidatta ma ugualmente capace - attraverso la curiosità, l’immaginazione e la volontà - di oltrepassare ciò che molti percepiscono come un limite, giungendo a traguardi memorabili nel campo dell’arte acusmatica, delle installazioni multimediali e del live electronics.

Non a caso The New Noise definisce Elio Martusciello “nome di riferimento per le musiche non allineate in Italia”.





LG: Realtà acusmatica e immaginazione sensoriale.

EM: Uno dei modi possibili per indagare la peculiare interazione tra suono e immagine consiste nell’analizzare l’intero sistema di teorie e pratiche contemplate nel concetto di “contratto audiovisivo” nel cinema. 

Il mondo delle cose reali e quello delle cose sognate, solo pensate o immaginate vengono formulate o mostrate seguendo articolazioni e modelli ben precisi nell’arte cinematografica. Tutto ciò viene inquadrato utilmente se come premessa si fa riferimento alla descrizione che il filosofo francese Mikel Dufrenne formula in relazione a tale questione. Egli afferma che il suono non sembra appartenere allo statuto dell’essere, non definisce il dato di realtà di una cosa, ma ne è piuttosto l’annuncio. Il suono non è ancora la cosa, ma solo una sua eventuale emanazione vicaria. 

L’essere umano credo possa essere considerato il modello originario di tale riflessione. Infatti esso è primariamente un corpo che si mostra allo sguardo dell’altro. Egli esiste ed è reale per gli altri solo a condizione che venga visto. In giurisprudenza esiste la formula linguistica “testimone oculare” (che non ha un corrispettivo per l’orecchio) che serve per definire esattamente la prova di realtà di un fatto grazie alla testimonianza visiva. Solo in un secondo momento, attraverso la voce, un essere umano può annunciare la sua identità e comunicare le potenzialità del suo essere. Insomma, il suono della cosa non è ancora la cosa stessa, ma ne annuncia eventualmente solo il suo approssimarsi, così come un tuono in lontananza ci informa di una eventuale tempesta in arrivo. Le cose ascoltate devono necessariamente apparire allo sguardo per assumere tale qualità fattuale e ontologica. 

Quindi, il suono ha il potere di confermare le cose solo dopo che esse siano entrate in un campo visivo. Anche se in realtà qui si produce una sorta di valore aggiunto che il cinema mostra molto bene. Se le cose devono essere viste per ambire allo statuto di realtà, tuttavia senza il supporto del sonoro restano confinate in un orizzonte di etericità, di sospensione. Per cui il suono ha il potere di concretizzare le cose (la parola “concretizzazione” viene usata esattamente in tal senso nel contratto audiovisivo), nonostante il suono da solo non sia sufficiente ad assegnare lo statuto di realtà alle cose. 

Le cose già sono ciò che sono semplicemente grazie al fatto che si offrono allo sguardo, ma possono guadagnare peso e consistenza col supplemento sonoro. Quindi, il sonoro, senza l’ausilio della visione ci introduce unicamente in un mondo potenziale, virtuale, ancora di tipo fantasmagorico, mentre il visivo già appartiene al reale, ma può presentarsi in una duplice veste: come cosa reale che appartiene al mondo (se lo concretizza il sonoro) o come cosa reale ma che non appartiene al mondo (se non lo concretizza il sonoro), così come accade con i fantasmi, gli angeli, le divinità. 

Interessante annotare qui, en passant, la contraddizione tra la qualità ineffabile e immateriale del suono e la sua capacità di concretizzare il mondo delle cose dandogli peso e consistenza. Grazie a questa sua peculiarità immateriale il suono, senza il supporto della visione, attiva massimamente il campo immaginativo. In riferimento all’attività immaginativa indotta dall’esperienza acusmatica basti pensare ad esempio all’ascolto di una voce dall’altro capo del telefono, la quale consente un notevole spazio immaginativo sulle caratteristiche fisiche se l’interlocutore è una persona che non si conosce. 

Il mio nuovo album Akousma-Mother, che uscirà ufficialmente il 10 settembre 2024, fa riferimento alla dimensione originariamente acusmatica della madre, che in questa prospettiva non può che configurarsi come esperienza trascendentale della figura materna. Perché è ovvio che seguendo la ripartizione operata dal fenomenologo italiano Giovanni Piana, per “i suoni del mondo”, cioè per i suoni di cui già abbiamo esperienza, l’istanza acusmatica riduce l’atto immaginativo nei limiti della cosa già esperita, mentre per quello che riguarda “i suoni senza mondo”, cioè per quei suoni che non possono essere ricondotti a cause e fonti già esperite, l’immaginazione si evolve inoltrandosi in profondità fino a raggiungere il campo dell’esperienza trascendentale. 

Molti miti sono nati grazie ad esperienze sonore particolari che non consentivano di essere ricondotte a sorgenti o cause già esperite. Un suono non associato adeguatamente a un fenomeno fisico conosciuto non può che avere cause soprannaturali. Nel cinema la voce acusmatica è spesso quella di un narratore esterno alla storia, di un morto che racconta di quando era vivo o la voce di un dio. Noi veniamo al mondo rannicchiati in posizione fetale nel caldo e nutriente liquido amniotico, in un contesto essenzialmente di tipo acusmatico. Della propria madre ascoltiamo la voce - e del mondo i rumori - ma non li abbiamo ancora mai visti. Insomma, li ascoltiamo ma non sappiamo nulla di loro. Essi appartengono ancora alla sfera del mistero, della virtualità… un mondo ancora oscuro, ma ricco di potenzialità favorevoli alla vita.

 


LG: La didattica dell’Elettroacustica in una Italia sempre meno incline ad investire nella cultura.

EM: Sono molto fiducioso nei confronti di questo particolare ambito di studio. La musica elettroacustica in prima istanza si presenta come un volano per la ricerca scientifica e tecnologica molto utile per il pensiero strumentale e razionale delle nostre istituzioni statali. Quindi, tutto sommato si tratta di un campo non particolarmente osteggiato. In realtà, questa forma d’arte cova in profondità delle potenzialità assolutamente indisciplinate nei confronti di qualsiasi tentativo di costruzione rigida e limitante della società e dell’individuo. 

A differenza di tante altre esperienze musicali che rispondono a codici, strumentalità e logiche molto ben definite, la musica elettroacustica e la sua didattica non possono che riformularsi e aprirsi costantemente in direzione di orizzonti di senso sempre mutevoli. La fluidità, l’apertura di pensiero e la libertà sono i grandi fiumi carsici che l’attraversano. Dall’esterno, dal di fuori essa appare molto consistente, come dura roccia dai bordi taglienti, dai contorni immutabili e ben delineati, ma al suo interno l’acqua della creatività e dell’immaginazione scorre senza fine e ne corrode gli assetti cristallizzati e stratificati nel tempo. 

La didattica della musica elettroacustica viene praticata in aule che contemplano una popolazione studentesca molto variegata, eterogenea. Si tratta di classi molto stimolanti e vivaci. Non esistono leggi e criteri così definitivi, verticistici, assoluti capaci di limitare il flusso di idee e la libera interazione tra le persone. In particolare penso alle pratiche improvvisative connesse alla musica elettroacustica. Una pratica che opera in uno spazio di libertà capace di riconfigurare costantemente i suoi stessi strumenti, ogni musicista può inventarsi il suo proprio strumento. In questo settore più che in qualsiasi altro ambito musicale è necessario interrogarsi sul senso più profondo del suono, della condivisione, della musicalità, del gusto, della sperimentazione, della ricerca. Ogni aspetto della creatività e dell’immaginazione viene sottoposto a profonde riflessioni. 

La musica connessa alle tecnologie elettro-elettroniche ha il potere di liberare ed espandere le capacità d’ascolto. Un mio post pubblicato su Facebook il 7 novembre 2020, anche se si riferisce nello specifico al tema della musica liquida vs vinile, forse esprime bene questa aspirazione di libertà: “Nonostante io appartenga alla generazione del vinile, non vivo alcun senso di disagio nei confronti del fenomeno della musica liquida. Anzi, al contrario, l’immaterialità mi sembra meglio corrispondere alla natura ineffabile e spirituale della musica. Trovo inadeguata persino la presenza di diffusori, cuffie, amplificatori, dispositivi di lettura, cavi elettrici. La musica la si dovrebbe poter ascoltare chiudendo gli occhi mentre si galleggia tra le stelle in assenza di qualsiasi forza gravitazionale, ma con il corpo ugualmente esposto al magico potere vibratorio, tattile, carnale del suono”. Insomma, a causa di un fraintendimento connesso al suo appeal tecnologico, la didattica della musica elettroacustica fa breccia, in un contesto di depauperamento culturale, in aree istituzionali prestigiose come Conservatori e Università dove con relativa autonomia opera e contribuisce alla crescita culturale del paese.

 


 

LG: Akousma-Mother: diario dell’elaborazione di un lutto.

EM: In realtà, il lutto per la dipartita di mia madre ha solo coinciso con le fase finale della realizzazione del mio disco. Quindi non è un disco che è stato creato a partire dalla sua morte, come un’operazione cosciente sul tema della morte o come una sorta di elaborazione del lutto sul piano del sonoro. L’ho dedicato a lei, ma in realtà la fase iniziale di creazione della musica inserita nel disco è stata avviata quando lei stava ancora bene, in perfetta salute. 

La storia di questo disco è alquanto articolata, burrascosa e imprevista. Forse, il sottotitolo del disco “umbilical cord” descrive meglio le vicende e i contenuti di questa esperienza creativa. Tutti i titoli, sia quello che dà il nome all’album, sia quelli di ogni singolo brano, in effetti sono stati aggiunti successivamente alla morte di mia madre. Una sorta di cordone ombelicale ha connesso il mio presente con alcune delle esperienze più importanti della mia vita: mia madre, Ossatura, la musica acusmatica, la musica improvvisata, i miei primi passi musicali nell’ambito del rock, la forma canzone, l’astronomia (vedi le immagini di copertina realizzate da me), la poesia. In maniera anche inaspettata e involontaria tutto ciò ha attraversato l’intero arco di elaborazione dell’album. 

Le sedute di registrazioni sono state fatte nel 2021 e l’intento era quello di realizzare un nuovo disco di Ossatura, cioè il quarto. Ovviamente la pandemia aveva alquanto rallentato la nostra attività, spesso si è lavorato a distanza e ci scambiavamo opinioni, riflessioni per procedere nell’elaborazione del disco. Mia madre novantaseienne, fino ad allora perfettamente autonoma e lucida, in quel periodo iniziò a mostrare i suoi primi segni di stanchezza vitale. Nel frattempo, utilizzando il tempo disponibile dovuto alla crisi pandemica, mi ero impegnato nel costruirmi un diverso set che integrasse la mia nuova chitarra elettrica: una Fender Telecaster del 1951. Grazie però all’entusiasmo prodotto dalle sonorità che il dispositivo produceva, trovavo le mie parti registrate con Ossatura sempre meno in sintonia con il mio sentire di quel momento, considerandole ormai anacronistiche. Per cui decisi di sottoporre ad Ossatura una nuova versione del disco dove esclusi tutte le mie parti originarie sostituendole con i suoni ottenuti col mio set di chitarra. Il sound del disco era mutato in maniera radicale. Avevo dovuto necessariamente forzare molte delle strutture musicali originarie che avevamo creato tutti assieme. 

La mia versione del disco inizialmente generò in Ossatura un certo interesse, ma man mano che si procedeva verso correzioni e aggiustamenti condivisi emergeva in maniera sempre più chiara una certa insofferenza da parte di Fabrizio e Luca. Alcune parti effettivamente risultavano alquanto slegate. Ovviamente, siccome provengo dalla Musica Concreta non percepivo come problematico il fatto che alcuni processi di moto non convergessero secondo la logica dell’interplay, ma per Fabrizio e Luca non era esattamente così. Se il disco doveva essere di Ossatura allora era necessario far cogliere quel piano operativo collettivo anche in certe configurazioni strumentali più performative, improvvisative. Insomma, giustamente, più di una volta mi fu contestato che se si fosse trattato di un mio lavoro di musica concreta tutto sarebbe stato coerente, ma considerato il fatto che stavamo lavorando al disco di Ossatura allora i due piani di musica su supporto e musica improvvisata dovevano trovare un giusto equilibrio. Equilibrio che evidentemente non riuscimmo a produrre. Nei dischi precedenti di Ossatura, anche se le sessioni di registrazioni subivano importanti mutamenti durante la fase di post produzione, si riusciva sempre a conservare una certa atmosfera generale presente in origine. Non solo, anche queste operazioni di destrutturazione fatte in post produzione erano comunque frutto di una scelta collettiva, condivisa. Questo delicato equilibrio era stato infranto.

Intanto mia madre peggiorava sempre più e aveva perso la parola, la comunicazione fra me e lei era diventata molto difficile, frustrante per entrambi e la cura per lei mi impegnava in maniera sempre più esclusiva. Insomma, alla fine, con Ossatura decidemmo di abbandonare il progetto e ci accordammo per realizzare una nuova, futura sessione di registrazione (cosa che faremo a fine ottobre di quest’anno). Il declino vitale di mia madre da una parte e di un progetto musicale tanto impegnativo e agognato dall’altro aveva suscitato in me un sentimento di profonda amarezza, tristezza, come di una perdita imminente, inesorabile. Ho provato a contrastare questo sentimento dalle tinte scure impegnandomi in un bel po’ di altri progetti musicali. In effetti sono uscite in quel periodo alcune altre mie produzioni in solo o in collaborazione ma sentivo al tempo stesso l’urgenza di dover salvare qualcosa del mio passato che sembrava inabissarsi ineluttabilmente nel mare più profondo del mio essere. 

Decisi così di riprendere alcuni frammenti di quelle registrazioni di Ossatura per provare a dargli una nuova vita e così facendo gli elementi che lentamente affioravano, così come degli antichi relitti di meravigliosi velieri, sembravano accendere in me ricordi ed entusiasmi lontani. Un modo per tenermi aggrappato alle cose che contavano di più nella mia vita. Alla fine i frammenti e le parti raccolte da quelle registrazioni originarie erano così tante che ho proposto a Fabrizio e Luca di far uscire il disco chiaramente a nome mio, ma che prevedesse un qualche tipo di coinvolgimento di Ossatura. Così ci accordammo per la formula “performed by Ossatura” che appare sul retro del disco, e non solo all’interno, per rendere la collaborazione immediatamente chiara. 

Akousma-Mother può essere considerato come una sorta di lavoro autobiografico, in cui sono presenti molte delle cose che ho amato e che amo. Anche il termine “concreto” in qualche modo è riemerso, così come era già apparso durante la mia esperienza decennale dedicata alle “canzoni concrete”, infatti anche questo disco potrebbe essere definito in parte come di “rock concreto”. Dove il termine “concreto” sta per il modello compositivo tipico della Musica Concreta, che come tante volte ha chiarito Michel Chion, non è riferito alla tipologia di materiale utilizzato, così come una certa interpretazione un po’ superficiale del concetto di Musica Concreta ha frainteso e relegato all’idea di musica realizzata a partire da “suoni catturati grazie ad una ripresa microfonica”. 

L’epilogo di tutta la storia però lo si conosce o almeno lo si intuisce. Esso si è caratterizzato da un lato attraverso un movimento di emersione, di salita dal punto di vista della creazione musicale, quasi come di rinascita e dall’altro lato da un contro-movimento di immersione, di discesa in riferimento alla vita che si conclude, quello segnato dalla morte di mia madre. 

Riporto qui un mio post pubblicato su Facebook il 12 Febbraio 2021: “La musica non è altro che il calco della voce della madre udita dal figlio già da quando è presente nel suo grembo. Voce amorevole, avvolgente, che invita a instaurare il primo contatto con il mondo, con la vita. Contatto embrionale, nascente, intessuto di calore, sazietà, stupore, meraviglia. Tutto il resto è solo un continuo e disperato tentativo di rivivere, di ricostruire quella condizione primigenia, magica. Durante l’intero arco di una vita, quando capita di ascoltare un profilo melodico capace, misteriosamente, di riportare alla memoria quella voce, quel canto, quella poiesis originaria, ne scaturisce un’emozione così intensa e incontenibile da sfociare inevitabilmente in un dolce, nostalgico e struggente pianto liberatorio.” 

Se non fosse stato scritto nel 2021 sembrerebbe un testo perfettamente idoneo per il rilascio di Akousma-Mother.

 


 

LG: l’inconscio, I dadi, l’errore: l’intuizione di Cage ha liberato la musica?

EM: Durante il primo incontro che ho regolarmente con gli studenti del primo anno del triennio di Musica Elettronica nel Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli è ormai consuetudine sottoporli all’esperienza della visione e dell’ascolto di 4’33” di John Cage. Un’intuizione, quella di Cage, che fa da fondamento a tutte le cose che ho detto in precedenza in riferimento alla Musica Elettroacustica e alla sua didattica. Fondamentale, di questa intuizione, è la ricaduta sulla qualità profonda e consapevole dell’ascolto, così come del silenzio che ne è l'attributo fondativo. Non dimentichiamo che l’ascolto e il silenzio sono solidali; è solo se si è disposti a stare in silenzio che è possibile ascoltare profondamente. 

Durante quell’incontro con gli studenti, grazie a Cage, le domande emergono spontaneamente, con vigore e naturalezza. Deleuze scriveva che più importante del pensiero è ciò che dà da pensare. Direi che 4’33” aderisce perfettamente alla riflessione deleuziana. Trovo molto interessante quello sgretolarsi di impalcature che quei giovani studenti stavano già subendo e costruendo intorno ai tanti temi che attraversano la nostra esperienza di artisti del suono: cos’è la musica, cos’è la musicalità, cosa sia il bello, il gusto, l’errore, il caso, l’interiorità, la trascendenza, l’intenzionalità. 

Gli studenti si confrontano già a partire dal primo anno con le infinite potenzialità che offrono gli oggetti randomici presenti in un qualsiasi ambiente di programmazione informatica. Verificano in tanti modi come un sistema chiuso, binario, massimamente razionale e matematizzante, come quello digitale della musica elettronica, possa, grazie semplicemente a quell’oggetto informatico, aprirsi a logiche autogenerative, a complesse costruzioni esterne talvolta estranee alla volontà dell’individuo e capaci di una messa in discussione del concetto stesso di autorialità. 

L’interazione col proprio strumento in ambito elettroacustico grazie a queste potenzialità è in grado di interferire o di far interagire tra loro il lato conscio e inconscio, intenzionale e casuale del soggetto che opera col proprio dispositivo. Solo una musica come quella elettroacustica che contempla tutti i suoni del mondo e tutti i suoni senza mondo, che sa aprirsi al caos, alla fluidità e alla libertà e contemporaneamente chiudersi in strutture iper-rigide, com ad esempio in un loop infinito, macchinino, implacabilmente preciso fino al millesimo di secondo, è costretta ad interrogarsi sulla sostanziale apertura al senso che caratterizza in profondità l’essere umano. 

La musica elettroacustica è destinata ad aprire sempre nuove porte all’orizzonte del proprio essere. L’errore non esiste in assoluto, ma solo in relazione a un confine posto da un sistema di riferimento, confini che la musica elettroacustica modifica e sposta con rapidità sorprendente in virtù del suo costante divenire. Aggiungerei che Cage ha certamente liberato la musica, ma che è in particolare la musica elettroacustica, cioè quella capace di riprodurre e creare a piacimento tutte le possibili configurazioni del mondo, ad interpretare massimamente questo orizzonte di libertà e di apertura al quale Cage ci ha introdotti.

 


 

LG: Il futuro prossimo del suono elettronico: l’intelligenza artificiale da contrastare o da accogliere.

EM: Non sono in grado di immaginare il futuro dell’intelligenza artificiale ma al tempo stesso non riesco ad immaginare neanche la possibilità di contrastare questa apertura al senso che caratterizza la nostra specie. Al momento, l’attuale livello raggiunto dall’intelligenza artificiale nel mio quotidiano mi sembra solo incredibilmente interessante ed utile. Per quello che riguarda lo specifico della creatività non vedo come possa ostacolarla. Forse potrebbe avere ricadute sul piano economico, su certe professionalità connesse alla creatività, ma non sulla creatività tout court. Mi viene da pensare a tutti quelli che amano il gioco degli scacchi (me compreso): non vedo perché il fatto che oggi un computer possa battere qualsiasi giocatore umano debba impedire, e di fatto non lo impedisce, che delle persone continuino a divertirsi giocando a scacchi. Certo, questo può produrre dei cambiamenti sul piano organizzativo nella distribuzione del lavoro, nei modi di scambio specifici di un campo in cui opera efficacemente l’intelligenza artificiale, ma non vedo potenzialità tali capaci di intralciare seriamente la creatività umana. 

Il problema credo sia solo quello relativo al fatto se dare o meno fiducia all’uomo e non ai prodotti della sua intelligenza. Dovremmo solo essere all’altezza della nostra capacità creativa, tutto qui. Nello specifico poi riesco solo ad immaginare per la musica elettronica possibilità impensabili ora. Potenzialità elaborative intorno al suono capaci di offrirci fenomeni sonori inauditi. In realtà non mi spaventa neanche la possibilità da parte dell’intelligenza artificiale di realizzare complessi costrutti sonori in grado di emozionarci. Anche perché in primis la musica è per me una dimensione uditiva e non produttiva. Qualsiasi fenomeno acustico diviene musica se chi ascolta decide di considerarlo tale. D’altro canto, in precedenza si faceva riferimento a 4’33” di Cage, che di fatto si traduce nell’invitare il pubblico ad ascoltare una musica che non produce di certo un compositore o un musicista, ma il mondo che ci circonda, così com’è. Per uno come me che da ragazzo amava libri e film di fantascienza, che mentre ascoltava Tangerine Dream e Klaus Schulze inseguiva col proprio telescopio e l’ausilio di mappe stellari le fasi di Saturno, i satelliti di Giove o la costellazione di Orione, mi sembra fin troppo ovvio e naturale che la destinazione per l’umanità possa essere quella dei viaggi interstellari, il post umano o l’intelligenza artificiale. 

A tal proposito, riporto un mio post pubblicato su Facebook il 2 ottobre 2023 che credo possa in qualche modo riassumere quello che ho finora detto, anche se in maniera un po’ provocatoria: “Posso contemplare i suoni che il mondo produce in maniera molto libera ed appagante. Non ho la necessità che qualcuno, che solitamente chiamiamo compositore o musicista, mi inviti ad ascoltare i suoni da lui organizzati. Chiamiamo musica un sistema essenzialmente corrotto, di potere psicoestetico, che stabilisce quando io debba assumere una postura contemplativa nei confronti dei suoni, che impone una precisa gerarchia tra i suoni e che definisce il tipo di schema sonoro degno della mia attenzione. Quindi, sono disposto ad ascoltare compositori e musicisti solo quando essi considerino la loro proposta come una tra le tante configurazioni sonore possibili che ogni altro evento del mondo ininterrottamente propone: nulla di più, nulla di meno.”

 


 

LG: Breve biografia futura di Elio.

EM: Per provare a tracciare nei limiti del possibile una mia autobiografia futura devo necessariamente anticiparla con una fondamentale premessa. 

Considerando i miei sessantaquattro anni e i tanti amici e parenti che già non calpestano più questo pianeta, tale tentativo autobiografico ha ragione di essere immaginato solo a patto che gli anni che mi restino da vivere siano ancora un buon numero. Detto questo, tra circa sei anni per me si prospetterà la possibilità di scegliere tra due diverse vie da seguire. Non ho avuto figli ma grazie all’insegnamento in conservatorio sento di averne avuti tanti. Ecco! Tra circa sei anni finirò in un certo senso di generare figli, nel senso che il mio impegno d’insegnamento in conservatorio avrà fine. A quel punto, come dicevo, si tratterà di scegliere. 

La prima delle due strade che si presentano è quella più logica e conseguente cioè quella caratterizzata da una maggiore quantità di tempo disponibile da dedicare al tipo di cose che già faccio oggi. Questa è la direzione più logica, ma non è detto che sia la più probabile perché dall’altro lato del bivio c’è un’altra strada che mi intriga molto. Mi piacerebbe tanto ritirarmi in un luogo solitario, in montagna o su qualche piccola isola, dove dedicarmi ancora più assiduamente alla contemplazione, alla meditazione, all’introspezione, ma non alla musica. 

Grazie a tutti questi giovani musicisti, che mi piace pensare come a dei figli, immagino di lasciare con piacere a loro lo spazio da me ora occupato. Mi piacerebbe sperimentare più a fondo la dimensione della solitudine, al di là di quello che al momento sono capace di intendere con questo termine. Consapevole delle tante formulazioni diverse e perfino contraddittorie che esistono circa il tema della solitudine: non siamo mai soli perché costantemente in compagnia degli altri attraverso la memoria e l’immaginazione; siamo sempre soli perché l’altro è sempre infinitamente altro; siamo destinati alla solitudine perché siamo esseri mortali (la morte degli altri o la nostra). Vorrei raccogliere i miei pensieri, vorrei dedicarmi più assiduamente alla scrittura e scrivere poesie. 

Mi sono spesso chiesto quale fosse la più sublime delle attività umane. Ho sempre pensato all’arte, alle sue qualità spirituali, immaginative e creative. Però poi mi sono sempre interrogato su quale fosse tra le arti quella con una migliore ricaduta sulla crescita individuale, sullo sviluppo della persona. La risposta per me è sempre stata la poesia. Anche in conservatorio dico sempre agli studenti che non devono considerare la musica come il fine della loro esistenza bensì come strumento utile per nutrire le loro qualità umane. Il fine è l’uomo e non di certo la musica. Però spesso chiarisco che la musica è un ottimo mezzo per raggiungere quel fine, ma non il migliore di tutti. Quindi, racconto a loro della poesia, che oltre ad essere un’attività contemplativa, immaginativa e creativa, a differenza della musica opera direttamente su una delle proprietà che maggiormente caratterizzano la qualità umana, e cioè il linguaggio. Il dispositivo linguistico ha contemporaneamente la capacità di rilanciare sul pensiero, che a sua volta rilancia sulla sensibilità. La parola “senso” infatti si riferisce al corpo, ai suoi organi di senso e contemporaneamente al pensiero, al “senso” delle cose, della vita, alle qualità sentimentali. Insomma, dopo tante riflessioni su queste meravigliose qualità della poesia mi piacerebbe molto farmi guidare un po’ da essa. Riporto ancora un mio post sul tema del 4 Giugno 2024: "Si abita una lingua più di come si abita un paese o una casa, e un poeta lavora esattamente su quel suo abitare: ne modifica i confini e ne demolisce i muri. Infine, il poeta è colui che riesce ad abitare la distanza, l’esilio."

 


 

LG: Il laico misticismo di molta produzione elettronica contemporanea e il tuo rapporto con il sacro.

EM: Credo nella scienza, nel suo sistema di conoscenza e di indagine che si basa sull'osservazione, la sperimentazione e l’analisi utili per comprendere il funzionamento del mondo naturale e dell'universo. Credo nel suo metodo, condivido la sua curiosità e il suo desiderio di comprendere il mondo, ma anche col suo radicale scetticismo. In particolare condivido la postura mentale tipica dello scienziato che è capace di mettere in discussione le proprie ipotesi e teorie, anche quando universalmente accettate, basandosi sulle nuove evidenze. Viceversa, non credo in alcun Dio e ancor meno nelle religioni. Mi soffoca, quasi mi atterrisce l’idea del pensiero dogmatico. Nonostante ciò, sono molto attratto dalla dimensione trascendentale, inaccessibile e misteriosa del mondo. Però non sento di aver bisogno di un Dio per provare tali sentimenti, mi è più che sufficiente un fiore, una goccia di pioggia. Ogni cosa nel mondo è un miracolo. Per cui per me sono molte le cose del mondo che considero sacre, ma intentando con questo termine la riverenza, il rispetto, la meraviglia, la cura per ogni più piccola cosa della vita, del mondo. 

In precedenza, dicevo che la poesia è lo strumento più potente ed efficace che l’uomo possiede per accrescere il suo benessere e nutrire il suo essere, la sua spiritualità e il suo intelletto. Infatti, mi sembra che la figura del poeta coincida sovente con quella dell’intellettuale, mentre non mi pare che ciò capiti altrettanto spesso per la figura del musicista. Quest’ultimo, a mio avviso, è impegnato ad utilizzare gran parte del proprio tempo per acquisire conoscenze specifiche, utili per realizzare efficacemente la sua arte. Si tratta di peculiari saperi che a mio modo di vedere non sono altrettanto significativi per il proprio sviluppo intellettuale e linguistico. Certo, per conto proprio un musicista può essere un formidabile lettore, un grande intellettuale, ma non credo che sia la sua attività artistica ad indurlo a conoscere o ad approfondire ad esempio il campo della letteratura, della filosofica, della storia. Tutti saperi invece fondamentali per il poeta, nutrienti formidabili per il suo linguaggio, per la sua parola e quindi per le sue qualità intellettuali. 

Di conseguenza, ho come l’impressione che molta di quell’enfasi mistica presente in molta della produzione elettronica, ovviamente non tutta, sia alquanto superficiale, un po’ banale e forse anche indotta, in parte, dalle tecno-logiche dispiegate dai suoi dispositivi: riverberi profondi, lunghi bordoni, suoni della natura, nuove sonorità, ripetizioni ossessive, bassi profondi. Tutta una grammatica un po’ ingenua e stereotipata dell’idea di spiritualità. Ho la sensazione che sia invece molto più autentico e profondo il senso dello spirituale presente in tanta poesia contemporanea, anche quando quest’ultima appare radicalmente destrutturata, enigmatica o addirittura non intenzionata affatto ad esprimerla. 

Per concludere questa conversazione ed evitare qualsiasi fraintendimento, ribadisco che quando opero queste classificazioni e gerarchie tra le arti, non mi riferisco minimamente ad una qualche differenza rispetto a chi le apprezza, a chi ne usufruisce, ma sulla loro ricaduta in riferimento ai diversi modi di sapere e conoscere da parte di chi le pratica professionalmente. 

Ci sono, ad esempio, tante altre forme artistiche che a mio avviso pure hanno una ricaduta importante sulla qualità della vita di chi le pratica: il teatro, la recitazione, il cinema. Inoltre, anche lo stesso campo della musica è incredibilmente variegato, ci sono ambiti musicali che richiedono uno studio pratico e teorico estremamente tecnico, specifico, costante, assiduo, e musiche come quelle elettroacustiche e ancor più quelle connesse all’improvvisazione, in particolare quelle non idiomatiche, che invece risultano essere molto più spontanee, aperte, fluide e che quindi prevedono una conoscenza specifica meno ampia, ma di contro, un grande investimento in un sapere più olistico (un caratterista questa che le rende molo più simili alla poesia). 

Insomma, se come ho detto in precedenza dovessi scegliere di dedicarmi alla poesia, certamente l’ascolto della musica rimarrebbe un’attività centrale nella mia vita. Arrivati a questo punto credo sia chiaro che uso Facebook per confrontarmi con ciò che penso grazie anche ai commenti degli altri. Quindi riporto di seguito alcuni miei post, anche se in maniera un po’ disordinata, talvolta provocatoria e forse anche contraddittoria, che però sfiorano in qualche modo alcuni degli argomenti fin qui trattati:

31 maggio 2024 - Forse non è esagerato affermare che faccio parte di alcune meravigliose comunità spirituali come Ossatura, OEOAS, Ka’e, Figures of Absence, Notiziedaldiluvio, Suono Luce. In effetti si tratta di piccole o grandi comunità affettive attraversate da una profonda aspirazione a trascendere il reale con l’intento e la speranza di tracciare attraverso la dimensione spirituale dell’arte, in particolare dell’arte dell’ascolto, altri possibili esistenziali. Stiamo parlando di una dimensione dell’esistenza che si nutre di un originario di natura immateriale, che trascende la razionalità, il pensiero calcolante, la dimensione pratica, ordinaria e quotidiana della vita. Perché lasciare questo linguaggio dalla destinazione così alta alle sole religioni? Perché non dovremmo farlo nostro specialmente in un tempo in cui la dimensione dell’arte viene spesso intesa e vissuta, purtroppo anche da parte di chi si muove sul versante della creatività, come passatempo, divertimento, intrattenimento o nel migliore dei casi come semplice espressione sentimentale?

18 gennaio 2024 - Rimestando un po’ di sostanze eteree: Anaïs Nin; Friedrich Hölderlin. L’orecchio, educato al più alto grado di ascolto, diviene alchemico - oltrepassa la musica e trasforma anche i suoni più ordinari in oro, raggi riflessi del giorno, impreparati, così senza foglie, come pensieri.

15 gennaio 2024 - Stare in ascolto mentre il vento accarezza il volto, le orecchie, e contemplare l’ulteriore fragilità dei suoni trasportati dal vento. Anche il cuore è sempre un po’ esposto al vento.

5 gennaio 2024 - Andrej Tarkovsky: “L’evoluzione spirituale è lo scopo della vita umana […]: l’arte è un mezzo per aiutare l’uomo in questo processo […]. Quando un uomo che non sa nuotare viene gettato in acqua, non è lui, ma è il suo corpo che comincia a compiere movimenti istintivi nel tentativo di salvarsi. Anche l'arte è come un corpo umano gettato nell'acqua: è, per così dire, l'istinto dell'umanità di non affogare in senso spirituale." Però, per come la vedo io, forse sostituirei il termine “arte” con “poesia”. Poiesis: creatività, immaginazione, trasfigurazione, linguaggio, pensiero, sensibilità, contemplazione, meditazione, riflessione, intelligenza, conoscenza. Queste sono un po’ di cose che servono per fare poesia, che a sua volta nutre ed espande la spiritualità umana in un gioco di feedback praticamente illimitato. La poesia è la meno spettacolare e la più difficile tra le forme dell’arte. Con un po’ di artigianato qualsiasi imbecille può fare musica, dipingere o fotografare e rimanere tuttavia un imbecille. Insomma, a mio avviso, una società migliore dovrebbe essere così strutturata. Famiglie e scuole dovrebbero solo preoccuparsi di formare poeti. Una volta laureata in poesia una persona potrebbe decidere di specializzarsi e fare come lavoro il dottore, l’avvocato, il musicista, il piastrellista, l’infermiere, lo scrittore, il politico, il presidente della repubblica, l’idraulico, il poeta, il contadino, il pittore, eccetera. Tutti quelli invece che non fossero riusciti a laurearsi in poesia dovrebbero ricevere dallo stato un reddito universale, forse anche un po’ superiore allo stipendio di tutti gli altri mestieri, con il preciso impegno però a non fare niente, a non dire niente e a non pensare niente. Ecco, per me questa sarebbe forse l’unica società umana capace finalmente di non fare guerre e di evolversi spiritualmente.

9 ottobre 2023 - La poesia, così come la musica, possiede un corpo sensuale al di del senso.

15 settembre 2023 - Mi ostino a produrre suoni come se loro avessero bisogno di me, in realtà fanno di tutto per farmelo credere, ma è evidente che fingono; lo fanno per compassione, per donare un senso alla mia vita.

11 settembre 2023 - Il tempo in questa fase della mia vita si è ridotto drammaticamente. Considero ricco, libero e “in fase con la vita” chi ha tempo e sa utilizzarlo per tenersi evolutivo. Lo chiamerei il tempo della poiesis. Solo al suo interno è possibile articolare in maniera adeguata l’amore, l’arte, la lettura, la contemplazione, la meditazione, il desiderio, il gioco, l’amicizia, lo studio. Invece è povero e inesorabilmente si imbrutisce chi non ha tempo, chi subisce inconsapevolmente, in maniera coatta, il tempo della quotidianità, delle faccende da sbrigare, dell’impegno di lavoro, delle meritate vacanze, delle cose da praticare solo per abitudine, del parlare giusto per chiacchierare, delle cose da fare solo per riempire il tempo o per perdere tempo.

12 luglio 2023 - Cosa ho appreso dalle mie esperienze passate? Cosa ho appreso dai libri, dalla musica, dal cinema, dalla poesia, dall’arte, dall’amore e dall’amicizia? Credo di aver capito che nutrire un sentimento di gratitudine, che dare un nome ad ogni nostro sentimento ed emozione, che giocare creativamente e immaginativamente col mondo sia fondamentale per “sentire” la vita in maniera appropriata. Forse sono le uniche strategie che ci consentono di trasformare, trasfigurare, intensificare ogni nostra esperienza, negativa o positiva che sia, in un processo massimamente evolutivo, creativo, significativo. Così come accade quando ascoltiamo una musica profondamente struggente che si lascia vivere comunque attraverso un sentimento di positiva intensità, durante e dopo la quale un rinnovato desiderio di vita si impossessa del nostro cuore. Tutto ciò non di certo per trovare la felicità che è un mito, ma per essere semplicemente in fase con la vita.

7 luglio 2023 - I suoni svaniscono esattamente nel momento in cui compaiono, non c’è modo di intrattenersi un po’ con loro così come facciamo con un volto grazie allo sguardo. Anche se attiviamo il massimo dell’attenzione, i suoni possiamo viverli solo per un istante infinitesimale. Quando li pensiamo lo facciamo già in loro assenza, in loro memoria. Non dovremmo essere troppo distratti nei loro confronti, perché essi non ritorneranno mai più.

28 novembre 2021 - La folgorante meraviglia dell’esistenza non ha bisogno di divinità o maghi per mostrare la sua infinita trascendenza, ma di poesia, di immaginazione.

14 novembre 2021 - Le parole non sono mai perfettamente adatte nel dire dei nostri pensieri più profondi, del nostro sentire più autentico. Insomma, le parole non riescono mai a dire perfettamente ciò che vorremmo dire. Però è anche vero che le parole provengono da lontano, producono configurazioni e connessioni che vanno molto oltre i nostri pensieri. Le parole non ci appartengono e in un certo senso le abitiamo abusivamente. Parole e pensieri interagiscano costantemente tra loro. Si tratta di un effetto di feedback che vede da un lato il pensiero cercare o inventare sempre nuove parole utili per dire meglio ciò che pensa, e dall’altro lato le parole che, grazie alle loro autonome qualità strutturali, ricombinanti e associative, consentono di far emergere nuovi pensieri. Un processo di retroazione progressivo e costante in cui ognuno dei due poli alternativamente nutre e rilancia l’altro… fino a quando la parola si trasforma in ombra.

26 ottobre 2021 - L’esistenza senza immaginazione è sopravvivenza.

1 giugno 2021 - Credo che nessuna esperienza sensibile abbia la capacità di astrarsi così tanto dal mondo e allo stesso tempo di produrre un coinvolgimento emotivo così profondo come può fare una semplice melodia.

15 febbraio 2021 - La musica è intrattenimento, vezzo, chiacchiericcio consolatorio; dovremmo liberarcene, per scoprire che dietro di essa operano suoni-mondo incandescenti, infiniti, vertiginosi. La musica si nutre indegnamente di questa sostanza risonante originaria da cui deriva il mondo, la vita, la morte: suoni-mondo capaci di trafiggere i nostri corpi e di transitare tra mondi. La musica nasconde alle nostre orecchie questo prodigioso universo di vibrazioni per non dissolversi nell’insignificanza. Lasciate agli sciocchi questa credenza che chiamiamo musica (alla quale si terranno aggrappati con tutte le loro forze), lasciate agli abitudinari questa inutile illusione intessuta di melodie, armonie, ritmi e noiose sequenze di cadaveri sonori. Accogliete i suoni-mondo espandendo il vostro udito in modo da trascendere voi stessi: ciò che Rainer Maria Rilke chiamava “udito di morto” (ricordate che all’inizio e alla fine ci sono sempre e solo suoni-mondo).

2 gennaio 2021 - Il punto di gravitazione di ogni emozione, sentimento, poesia, arte o musica è il corpo proprio. L’infinita follia alla quale siamo esposti trova un ancoraggio di “senso” unicamente nella specifica postura di un singolo corpo che interagisce con il corpo del mondo, con il corpo di un altro. L’intero ambito spirituale va ricondotto a quel piano di esistenza incarnata che ognuno di noi è. Il sonno, il sogno, il risveglio, l’amore, il pianto, il desiderio, il gioco sono tutte cose che capitano a un corpo. Se il corpo non c’è più, non c’è più nulla, inutile illudersi. Glorificate il corpo, è da lui che scaturisce il mondo. In definitiva, è grazie a un corpo che potete immaginarvi senza un corpo o addirittura, talvolta, dimenticare di averne uno o fonderlo con un altro. Fate attenzione, abbiate cura di lui, perché quando duole tutto il resto va in malora.

6 settembre 2020 - Ogni cosa, anche la più piccola e semplice, supera la possibilità di essere pensata fino in fondo: la trascendenza è tutta qui. Per una mente semplice, non educata, serve invece qualcosa di grandissimo, di prodigioso per incontrare la trascendenza.

28 febbraio 2020 - Una delle nostre più disastrose credenze è quella di considerare i nostri sensi un patrimonio dato, che non ha bisogno di essere curato, sviluppato, intensificato, indirizzato, pensato, indagato, sentito, smentito, creativamente immaginato, diversamente ricombinato.

31 gennaio 2020 - Lo stratificarsi delle nostre esperienze amplifica, intensifica, moltiplica il nostro sentire. Arriva un tempo in cui si guarda anche il più piccolo oggetto d’esperienza attraverso tutti gli sguardi che ci hanno preceduto, che abbiamo incrociato nel cinema, nell’arte, nella letteratura, nella poesia, nell’amicizia e nell’amore. In questo modo il nostro sguardo diviene sempre più intenso, molteplice, coinvolgente; ancora di più se nel passato abbiamo avuto cura di far nostri sguardi sensibili, consapevoli, attenti, inediti, creativi. Il tempo che passa, usato in questa maniera, è un valore aggiunto insostituibile.

27 gennaio 2020 - ''Se Dio esiste, dovrà chiedermi perdono’'. (Scritto sui muri di Auschwitz)

25 gennaio 2020 - Il libro, quello giusto, è il dispositivo più importante che possediamo per accedere alla nostra spiritualità, per espanderla, per farne un’esperienza sempre più intensa. La musica o l’arte non sono sufficienti senza l’ausilio del libro. Ad esempio, anche per comprendere come e quale musica ascoltare è necessario leggerne. Addirittura l’amore può trarre vantaggio dal libro. Infine, è sempre e solo attraverso i libri che riconosciamo anche quali sono quelli giusti da leggere.

11 gennaio 2020 - Si confonde ancora troppo spesso spiritualità con religiosità: solo la prima è, a mio avviso, essenziale.

4 settembre 2019 - La spiritualità senza Dio è la destinazione più alta a cui l’uomo può aspirare.

31 agosto 2019 - Se viene meno l’incertezza, il pensiero si trasforma in una semplice operazione computazionale: è sufficiente l’abaco.

22 luglio 2019 - Non esiste suono o silenzio al mondo che non sia musicale. Se ne trovate uno vuol dire semplicemente che dovete ancora studiare. Non solo, è necessario anche che vi procuriate al più presto un cuore o, nella peggiore delle ipotesi, inventatevene uno.

4 aprile 2019 - Dedicarsi scrupolosamente al proprio sentire interiore, abituarsi ad ascoltare attentamente anche il più lieve movimento della propria anima rende il cammino emozionante, ma estremamente pericoloso. Favorisce slanci dolcissimi, sublimi, ma rende lacerante anche il più piccolo soffio di vento contrario. Però ne vale la pena... sempre!

LG: Grazie. 

EM: Grazie a te.

 


 

https://it.wikipedia.org/wiki/Elio_Martusciello

https://eliomartusciello.bandcamp.com

https://www.thenewnoise.it/elio-martusciello-suoni-senza-mondo/

https://dissipatio.bandcamp.com/album/esercizi-per-esistere

 

 

 

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