GABRIELE GASPAROTTI: ARCADIA NOVA



  

Avvolto all’interno di un'inestricabile concettualità e scolpito nelle rotondità armoniche e cromatiche dei sintetizzatori modulari, Tropismi - il nuovo capitolo dell'esperienza sonora di Gabriele Gasparotti, uscito per Important Records e Dio Drone - alterna pagine dense e drammatiche a episodi scanditi da un groove post-kraut dinamico e scuotente, merito anche di un utilizzo mirato di modulatori ad anello e Sample & Hold. 

Grazie all'interazione con le due talentuose violoncelliste Benedetta Dazzi e Lara Vecoli, il connubio tra suono acustico e sintetico è pienamente riuscito, regalandoci strutture narrative non lineari e metamorfosi bio-meccaniche in forma di suite.

A livello compositivo, Gasparotti persegue un proprio ideale estetico che gli permette di evitare eccessivi sofismi ed ermetismi della scena sperimentale. Alla fine, I dischi su cui torniamo più spesso non devono soltanto soddisfare la nostra mente: è necessario instaurare con questi un legame emotivo. Nel caso di Tropismi, anima e mente risultano inscindibili ed è in questa unione che il disco trova la sua forza.




LG: Il tempo, l'istante, l'eternità.

GG: Vibrazioni si staccano continuamente dall'eternità silenziosa generando armonie in espansione, manifestandosi, perdendosi nello spazio e nel tempo modificando la creazione nello scontro con l'universo vibrazionale già manifesto. Ho l'impressione che il tempo abbia a che fare con questo processo di separazione dell'eterno inesistente col manifesto e che tutto questo abbia preso origine da un primo suono, da una prima vibrazione.

Con il Muga Muchū Morphing Theatre e Istantanee l'idea era di uscire dal tempo, cogliere un'idea primigenia e proporla: entrare in meditazione, perdere la testa, innamorarsi, svuotare la mente, divenire idioti, congiungersi con l'assoluto, muoversi nella realtà dimenticandola, perdere la concezione del tempo. Essere assenti da Sé, la sublime leggerezza di Dio che si muove soltanto spinta dal desiderio nell'inconsapevolezza dei limiti del reale. Smettere di sbirciare la memoria del conosciuto dallo spiraglio lasciato aperto dal sipario dell'istante. Agire nella sbadataggine.

Ti dicono nulla gli Jurodivji, il Pazzus in Christum o Giuseppe da Copertino? In Tropismi però c'è la consapevolezza dell'impossibilità di produrre un'opera neutra, dell'impossibilità di uscire dal tempo e rubare un pezzo di infinito e riportarlo qui senza macchiarlo: l'impossibilità di essere medium senza intaccare il messaggio con il proprio "profumo". In Tropismi c'è la curiosità di seguire questa scia per vedere dove porta, inoltre c'è il desiderio di condivisione e di risuonare con l'altro e in questo è stata decisiva la collaborazione con Benedetta Dazzi.

 



 

LG: Tropismi: entanglement tra acustica ed elettronica.

GG: Per me l'elettronica non è mai stata il fine ma un mezzo per espandere le possibilità timbriche a mia disposizione. Trovo fondamentale ai miei scopi l'utilizzo di strumentazione analogica perché in uno strumento come il Buchla Music Easel il suono è generato da circuiti elettrici che messi in funzione si scaldano e con il tempo si consumano suonando diversamente. È uno strumento instabile e imprevedibile, che sembra vivere di vita propria, a differenza dei sintetizzatori digitali che per quanto possano avere capacità timbriche straordinarie come la serie Buchla 200E, rimangono computers che simulano i comportamenti di determinati circuiti attraverso un sistema binario e quantizzazioni numeriche - l'emulazione di un morto. 

Negli strumenti analogici questo non avviene, la vibrazione è generata da un circuti elettrici, il più delle volte dall'oscillatore o facendo risuonare dei filtri, e siamo noi a poterne determinarne la frequenza muovendo un potenziometro per inviargli un determinato controllo di voltaggio che non dovrà per forza generare una nota del sistema tonale, esattamente come negli strumenti acustici fretless dove posando le dita sulle corde in determinate posizioni troveremo determinate scale, ma queste scale sono pur sempre delle convenzioni e potremmo trovarne altre nelle frazioni di tono. 

Gli strumenti acustici in Tropismi sono utilizzati per essere altro e annullare il confine tra suoni sintetici e acustici. Quando ascolti la traccia numero sette, Quando il mare le fa oscillare, devi tener presente che ogni suono è stato generato dal violoncello di Benedetta, non c'è alcun suono di sintesi a parte i suoni percussivi finali innescati nel Buchla dalle note pizzicate, ti faccio questo esempio perché molte persone mi hanno chiesto con quale sintetizzatore avessimo realizzato quei fasci sonori e quando spiego che non è stato usato alcun sintizzatore ma quello che sentono è un violoncello suonato in un determinato modo e processato in una catena di effetti, rimangono increduli.

 


 

LG: Ad oltre quarant'anni dagli esperimenti della scuola tedesca, i filtri delle macchine analogiche continuano ad inoltrarsi nel buio del cosmo e delle nostre menti.

GG: Usando il deisso temporale "oltre quarant'anni" penso tu ti riferisca agli esperimenti del Krautrock. Di questa scena ho apprezzato i primi due dischi di Klaus Schulze - Irrlicht e Cyborg - per il resto riguardo la sperimentazione elettronica la trovo sopravvalutata, ho l'impressione soffra di stilemi machisti mutuati dal rock che non ho mai amato che tengono questa musica ancorata a una realtà molto terrena. Inoltre i sequencer scontati, le triadi suonate sulle string machine perennemente filtrate nel phaser, le batterie in quattro quarti, gli infiniti fraseggi modali sul minimoog - che non si capisce dove vogliano andare a parare - o le pentatoniche proclamate allo sfinimento dagli Ash Ra su monorotaie di sequenze di VCS3 in loop e i tempi dispari premeditati, offrono all'ascoltatore un territorio sicuro, delle griglie di realtà stabili. 

Della stessa epoca preferisco di gran lunga le sperimentazioni di Suzanne Ciani, Laurie Spiegel o Eliane Radigue. Nella loro musica, come in quella delle antenate Hildegard von Bingen e Lili Boulanger, c'è qualcosa che veramente mi apre a una sensibilità lunare, cosmica, facendomi passare da dentro. Forse questa sensibilità è qualcosa di  femminile, quindi più presente nelle donne. Penso anche alla letteratura, mi vengono in mente tra tante Duras o Sarraulte — loro riescono a farmi inoltrare nel buio del cosmo pur parlando di scene di realtà quotidiana.

 

LG: O Gloriose Stelle: genesi di un attraversamento dimensionale.

GG: Ventiduesimo canto del Paradiso: O gloriose stelle, o lume pregno di grande virtù dalla quale io ammetto di aver ricevuto tutto il mio ingegno. Il titolo cita Dante che fu studioso di astronomia e astrologia per omaggiare la volta celeste e la fascinazione che da sempre esercita su di me. 

Hai ragione, qui c'è un attraversamento dimensionale: la sequenza melodica (l'unica nel disco) nella prima parte del pezzo guida l'ascoltatore in un ritmo quattro quarti che ad un certo punto diventa altro scomponendosi in più sequenze simili in cui slittano gli accenti facendo così perdere le coordinate all'ascoltatore. Questo pezzo nasce da un altro pezzo, Radio Istantanea, che piace molto a me e a Benedetta ed è stato tra le prime cose a cui abbiamo lavorato insieme ai tempi del Muga Muchū Morphing Theatre.

 


 

LG: Dal Treno della Via Lattea a L'Arcadia della mia giovinezza: echi del Lejiverse di Matsumoto?

GG: Esattamente, l'opera di Matsumoto ha sempre esercitato una grande fascinazione su di me pur non avendola frequentata particolarmente. 

Ricordo che da bambino ogni tanto mi capitava di incontrare un episodio di questi anime ormai datati che veniva ritrasmesso in modo casuale per riempire il palinsesto sulle reti regionali, questa fruizione non mi permise di seguire gli sviluppi della trama ma lasciarono un segno indelebile l'atmosfera senza tempo, il clima, lo stoicismo degli eroi che sembravano usciti da una tragedia greca e che si muovevano nello spazio su mezzi vetusti come una treno a vapore, un veliero — l'Arcadia appunto — o una corazzata che nell'edizione occidentale rendeva omaggio all'Argo, la nave che portò Giasone alla conquista del vello d'oro. 

Percepivo nella bellezza (non parlo di estetica) e nel mistero che li avvolgeva, un collegamento atavico. Tutto questo è rimasto dentro di me come avvolto da una bruma, trasformandosi in qualcosa di ideale, qualcosa di mitologico che da allora mi perseguita — uso questo verbo perché in inglese si userebbe il verbo hunting che non saprei tradurre in italiano se non con perseguitare o ricercare ma mi sembra in italiano perda l'accezione positiva che ha in inglese di qualcosa che torna periodicamente a cercarci. Riguardandoli nella loro interezza capisco che ancora oggi non è la trama ad interessarmi quanto queste fascinazioni di valori senza tempo.

 

LG: Nelle soluzioni armoniche e nei bordoni avverto un sentimento di eroica contemplazione.

GG: I bordoni derivano dalla natura meditativa e contemplativa che è all'origine di questi brani — i droni sono da sempre usati come mezzo per raggiungere livelli di realtà più sottili — e l'aggettivo eroico che vi accosti è qualcosa che forse ho avvertito anche io ricollegando queste musiche all'Arcadia, ad Harlock, alla mitologia greca, ai Nibelunghi e alla mitologia norrena — gli eroi di ogni tempo sono per me fonte di grande ispirazione con le loro luminose virtù e irremovibile fermezza nel perseguire il bene e il giusto con integrità e lealtà.

 

LG: Il tempo non è una costante nell'universo: rallenta, si ferma oppure accelera. Il tempo esiste finché siamo materia.

GG: Direi anzi finché continueremo a essere vibrazione. Quando smetteremo di vibrare non esisterà più niente e saremo tutto.

 

LG: Grazie.

 


 

https://cassauna.bandcamp.com/album/tropismi







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