JOSHUA PETTINICCHIO: ANTROPOLOGIA FUTURA
Il sottobosco delle etichette underground italiane si è fatto negli anni sempre più affollato. Molte sono label che decidono di investire tempo e risorse unicamente a favore di uno specifico orientamento musicale. Altre accolgono la sfida di proporre un catalogo trasversale, nella speranza di crearsi un bacino di utenza maggiormente variegato. Alcune soccombono presto, senza avere avuto il tempo di pubblicare “il” disco per cui saranno ricordate.
Si tentano più strade: produzioni collaborative, festival ed eventi. Si stampano gadget e magliette con il logo. Si sfogliano febbrilmente le riviste musicali più blasonate nella speranza di scoprire che un disco tra quelli in catalogo è stato recensito. Delusi, si smettono di leggere le riviste cartacee e ci si concentra sui blog, magari quelli più esclusivi e stilosi. Poi arriva finalmente la recensione ed è una stroncatura. Si bruciano parecchi soldi perché fieri di accollarsi le spese di stampa. Si ammassano copie e copie in case sempre più piccole. Si pone fine all’avventura.
Abbiamo volutamente esasperato i toni rendendoli drammatici ma la realtà non è poi così diversa. Fondare una label è oggi più una vocazione che un secondo impiego: le possibilità di guadagno sono infinitesimali mentre andare in perdita è quasi una certezza.
Ciononostante, queste realtà discografiche in miniatura continuano a resistere: Anthropologists Inc è una delle label più recenti e Joshua Pettinicchio ne è il fondatore e curatore. In occasione dell'uscita di Radio Entropia di Testing Vault (altro nome cruciale se parliamo di progetti realmente indipendenti e autosostenuti) abbiamo deciso di sintonizzarci sul canale libero di Ant Inc e Joshua ci ha raccontato qualcosa su di lui, sulla label e su Testing Vault.
LG: Anthropologists Inc: estetica, intenti e ambizioni.
JP:
Ciao Luca e grazie di ospitarmi sul tuo blog. È un piacere sapere
che a qualcuno interessa questa strana creatura chiamata
Anthropologists Inc. Sì, per me è più un bambino difficile (come
avrebbe detto un certo Hofmann) che l'ennesima etichetta piombata da
non-si-sa-dove.
Non ho mai davvero riflettuto sull'estetica
anche se ho una certa preferenza per il minimalismo e per i font
'enciclopedici' o da saggio (come il Garamond). Questo perché la
qualità deve sempre andare oltre la forma in cui presentiamo
un'opera anche se ciò non vuol dire che l'opera debba essere
comunque elegante esteticamente.
Non ci girerò intorno: l'intento primario di Ant.inc è stato quello di essere la casa del mio primo disco post-abbandono del moniker. Ho portato avanti un progetto abbastanza conosciuto, almeno credo, chiamato Cult of Terrorism, benedetto dalla santa ala di Nàresh Ran, factotum di Dio Drone e coinvolto in un losco progetto chitarra-batteria. Sono state tre persone (Tiziano Vitti, Alex Voicu ed Ettore Brancé) a convincermi ad aprire una cosa nuova e il resto è storia.
Ora siamo solo io e la mia compagna, che cura le grafiche e la composizione manuale di ogni singolo supporto fisico. Nessun vero intento da eroe, insomma, solo voglia di far sentire Vita e Morte in Toscana. Direi che dopotutto è andata più che bene. L’unica ambizione è quella di sopravvivere almeno cinque anni, organizzare almeno un festival e fare in modo che ne sia valsa almeno un po' la pena.
LG: Onde radio da Entropia.
JP: Potrei dire tanto su questo disco ma preferisco che parli da solo. È un'opera che mi ha strabiliato fin dal primo ascolto, come qualsiasi cosa composta da Daniele. Lui è realmente un maestro, senza i suoi consigli e la sua disponibilità non avrei mai raccolto la sfida di Vita e Morte in Toscana. È uno degli esempi di artista che meriterebbe molto di più, come pittore e come compositore. Mi infastidisce che sia considerato più all'estero che in patria: si ha sempre quella sinistra sensazione che qualsiasi cosa sia partorita da un italiano sia sempre e comunque scadente. Ho ancora fiducia del fatto che questa abitudine si estingua.
LG: Perché Anthropologists Inc.
JP: Perché inizialmente volevo che ogni disco rappresentasse una visione sempre diversa sul vivere-e-male dell'umano. La spiegazione sincera è che il nome è figo! Quantomeno abbastanza distinguibile. Se invece la domanda è ‘perché ant.inc. adesso quando il mercato è saturo' rispondo chiedendomi se vale ancora la pena esporre al pubblico l'idea della mia visione musicale nel corso degli anni. Credo di poter proporre qualcosa di diverso, da outsider, un contenitore dove chiunque possa pescare e trovare qualcosa. Ecco perché non voglio porre limiti ai generi musicali nella label: trovo la varietà una cosa positiva, così come la stranezza. Mi piacerebbe non suonasse come una frase fatta ma come qualcosa di cuore.
LG: Breve ritratto di Joshua produttore e ascoltatore.
JP: Ti ringrazio della definizione di produttore ma non credo di potermene fregiare, sono letteralmente il tipo che sta accanto a casa tua vestito da operaio 99 volte su 100 e che saluti perché una volta ci hai attaccato bottone e ti è risultato gradevole. Però non sarò modesto su una cosa: ho orecchio e critica. Non ho mai detto di sì a priori, ma ho sempre provato a trattare in maniera umana chiunque mi mandasse qualcosa da ascoltare. È sempre un atto di fiducia quello di mandare il proprio operato per un parere e in seguito, magari, un accordo, e quell'atto deve avere la mia attenzione in quanto 'produttore' ma anche 'ascoltatore'. Lo devo a chiunque mi abbia pensato e a chi si è fatto avanti.
È sempre un piacere rivisitare i generi che mi hanno attraversato dall'adolescenza ad ora: ricordo i vinili di mia madre, una collezione intera da 'sorcina', la colonna sonora di Orfeo 9, gli WASP 'for fucking reasons' e Mango. Il primo disco 'mio' è stato Pop degli U2, poi sono entrato nella ruota del nu metal con Hybrid Theory dei Linkin Park e i POD a manetta con Satellite, ho preso la mia dose di techno, hardtek, frenchcore ed extratone. Da lì passare al power electronics mi è sembrato naturale. Ma sono stati i Coil e la scena esoterica londinese a cambiare completamente il gioco. Prima parlavo di varietà: fra i miei dischi David Sylvian sta accanto ai Concrete e a Grunt. Anche Paysages Planetaires di Henri Pousseur e le (poche) opere di Greg Gorlen mi hanno forgiato. Potrei andare avanti all'infinito.
LG: Consigli per l'acquisto: cosa possiamo trovare ora in catalogo e quali dischi vorresti in futuro (anche immaginari).
JP: I nostri affezionati troveranno piatti serviti su insalate post-hardcore anni '90 (è il caso dei Vuoto Impero, duo fiorentino vicinissimo a creature come Colossamite e ovviamente Unwound), antipasti con salse deconstructed club/hyperpop (lo split incredibile di Ahegao Shinji ed Elox, tra le menti più fresche del momento) e piatti di cazzotti e lotta armata (il Double-Farce di Placenta/Loris Cericola, un grande esempio di digital hardcore). E molto ancora dovrà arrivare. Mi piacerebbe contattare Lasse Marhaug, Robert Turman e - chiaramente impossibile - Peter Sotos. A quel punto potrei chiudere tutto quanto. Ah, se il Poeta Menarca ha voglia io sono qui, lo attendo sulla tangenziale.
LG: Collaborare con altre label, luci e ombre di una galassia affollata.
JP: Ancora non mi sono effettivamente trovato a collaborare direttamente con nessuna etichetta se non per co-produrre il disco di Placenta (con Homemort, Crush Death e Belial Division). Devo dire che non mi sento di poter parlare di luci e ombre perché è qualcosa che ancora non ho vissuto abbastanza. D’altro canto, ammetto che collaborare con altre realtà non è una cosa che mi voglio precludere anche se non credo di essere il primo nome sulla lista di nessuno. Ma io sono qui.
LG: Grazie.
JP: Grazie a te e a presto!
https://anthropologistsinc.bandcamp.com/
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