ILARIA PALOMBA: IO NON CI SONO





‘Quella di Ilaria è scrittura vera che si fa carne corrotta corretta e finalmente rediviva. 
Mi piacerebbe leccare le sue ferite 
come farebbe un cane di consolazione 
poi mi dico perché non chiederle di applicare la sua voce ad un cellulare
convincerla a leggere qualche passo di Scisma e farne 
musica contemporanea praticamente senza mezzi 
misto punk elettro 
e lasciare scivolare la sua immagine 
a parziale ricompensa di tutte le fatiche del mondo.’


Marcho Gronge


La scrittrice e poetessa Ilaria Palomba, autrice di romanzi come Vuoto (Les Flâneurs; presentato al premio Strega 2023 e vincitore del premio Oscar del Libro 2023) e raccolte poetiche come Microcosmi (Ensemble; premio Virginia Woolf al premio Nabokov 2022) pubblica nel 2024 - sempre per l’editore Les Flâneurs - il poemetto Scisma, rappresentazione lirica dell’esperienza ai confini della vita da lei vissuta in ospedale due anni prima. 
Il tema complesso e spinoso del suicidio viene affrontato da una prospettiva dolorosa ma non nichilista, attraverso un processo interiore che la conduce dal rigetto dell’esistenza ad un rinnovato amore per la vita. 

Il testo attira l’attenzione di Marcho Gronge, storico protagonista della controcultura romana e agitatore artistico in perenne fermento creativo che convince l’autrice ad estrapolare e a leggere in prima persona alcuni frammenti tratti dal suo poemetto. I versi, oscuri e interiorizzati, divengono materia duttile che Gronge sottopone a serrate interruzioni e ripetizioni, trasformandoli in schegge sonore fagocitate all’interno di un complesso reticolo di suggestioni post-industriali, controcanto destabilizzante di un’esperienza altrettanto estrema. Rumori, pulsazioni, elaborazioni vocali, ricampionamenti grezzi e acide inversioni di nastro investono e rivestono la voce - fragile e stentatamente umana - della poetessa. 

Quattro tracce, senza titoli e reperibili esclusivamente in forma liquida alla pagina Bandcamp di Gronge, a testimoniare un’esperienza artistica senza finalità commerciali e votata al mutuo e libero scambio di parole e suoni.

Nella conversazione che segue approfondiremo insieme alla sua autrice le tematiche di Scisma e il ruolo della poesia nell’era contemporanea. 




LG: Scisma: una condizione o un'emozione.
 
IP: Scisma nasce nell’unità spinale del CTO della Garbatella ma non è il mio primo libro di poesia, prima di lui ci sono stati Mancanza, Deserto, Città metafisiche e Microcosmi. Non è autobiografia, dolorismo, pornografia del dolore. Scisma ha avuto diciannove stesure perché mi interessava essere precisa, potente, lasciare una traccia filosofica come: “La caduta del nome nel marmo. Rinuncia al tuo nome. Rifiuta il tuo nome. Qui si smarrisce la coscienza. Qui si aprono i multipli”. 

Cos’è un nome? È la bestia della nostra identità sociale. Il suicidio non è solo un mostro che abbiamo dentro. Non basta dire questo. Non basta accusare chi tenta di togliersi la vita di essere ricattatorio - qualcuno lo dice dei miei scritti, qualcuno che in ospedale mi incoraggiava a scrivere questo libro, oggi mi dice: è ricattatorio - perché magari il ricatto è reciproco. 

Se io fossi realmente morta in quel salto allora non sarei stata considerata un ricatto per quegli intellettuali che hanno preso le distanze da Scisma come da un morbo spaventoso, sconosciuto, da un oggetto non identificato nella poesia italiana. Indubbiamente, questa tensione alla perfezione inumana - perché la perfezione è inumana - esiste, in me esiste. Ma il suicidio ha una vastità spettrale. È la sottrazione. Probabilmente è il rifiuto dello sguardo dell’altro. Tende a ripetersi. Non ci si salva una volta per tutte. Una volta varcata quella soglia si diventa altro ma il passato nelle sembianze dell’alterità torna a tormentarci. Lo sguardo inquisitorio e persecutorio dei creditori della coscienza. 

Dobbiamo essere abbastanza forti da lasciar scivolare le aggressioni esplicite e implicite - quelle implicite e non dichiarate sono le più subdole. Allora, il ricatto dov’è? In chi decide di andarsene o in chi gioca a dadi con l’anima degli altri? Mi riferisco solo alla letteratura, non all’ambito sentimentale. Le incrinature del piano di immanenza. Le proiezioni. Tu credi di essere Rimbaud? Dobbiamo rispondere: io non sono. 

Scisma è il punto in cui si spaccano le maschere, e gli altri possono vedere riflesso in questo libro il loro abisso. Io non ci sono. È un libro sulla sottrazione del nome. Sull’inesistenza dell’io. È un libro quantico.

 


LG: autobiografia della rinascita. 

IP: Speravo fosse questo ma mi sono resa conto che Scisma è solo l’inizio di un processo alchemico. Dunque, è la Nigredo. Scisma è la profondità del nero. Non vi è rinascita bensì resa, assenza totale di libero arbitrio. Purgatorio è la Rubedo: un testo narrativo e lirico in cui si esplora l’amore, il desiderio, l’anelito alla ricostruzione, la sessualità, una vita nuova ma non ancora una vita libera. Il poemetto che uscirà prossimamente è l’Albedo: l’estasi. Rinascere nella rinuncia al proprio nome coincide, nello sguardo delle varie sezioni di Restituzione, ad accogliere l’esistenza dei fantasmi, a superarsi nel non-me, nella rosa mistica. 




LG: la parola è suono: l'incontro con Gronge. 

IP: L’ho vissuta come una cosa fatta per caso. Mi ha stupito questo suo interesse per Scisma. L’ho trovato particolare, all’inizio non ci ho badato. Ho solo detto sì, vediamo che succede. Credo sia venuto fuori qualcosa di sensorialmente potente. Un viaggio allucinato nell’inconscio. 

 

 

LG: Ancora poesia nel tempo dei profitti misurabili e delle paranoie cibernetiche. 

IP: La poesia al tempo dell’intelligenza artificiale deve saper restare nell’ambiguità, nell’ambivalenza, nell’ombra. L’AI non ha un inconscio, non può averlo. Può avere il ragionamento, il calcolo, la precisione ma non può avere un inconscio. 

La scrittura come iniziazione e catarsi è ciò che perseguo. Il verso libero solo a patto che rispetti un’intima eleganza e musicalità ma deve saper rendere l’ambivalenza dei sentimenti e andare un po’ oltre rispetto al puramente razionale. 

Sono interessata alla decostruzione dell’ego. Anche se ho un nome e un cognome mi vivo nelle sfaccettature delle identità possibili. Occorre ormai l’anonimato. L’anonimato crea l’opera, non il nome. L’io è travaglio e sofferenza. Non ci serve. Non serve più questa lotta. È futile, è hobbesiana. 
L’anonimato dice senza dire chi dice, il chi è indifferente. Dissolve. Chi ha fatto questo? Nessuno. Ovvero, tutti. Omero era molti. Shakespeare era il nome di qualcuno che racchiudeva gli scritti di molti. 
L’unica strada per la coscienza è l’incoscienza. La via per salvarsi è dissolversi. 


credits, Mariaelena Masetti Zannini


LG: Ilaria ora e adesso. 

IP: Adesso sono spaesata. Ho deciso di oltrepassare la dimensione dell’invidia; ciò non significa solo superare quella degli altri ma in primo luogo superare la propria. 
Ho vissuto una delle peggiori estati della mia vita, mi sono autoesiliata subito dopo aver avuto la conferma definitiva di qualcosa che presentivo. Ho deciso di chiudere la porta con un fortissimo tonfo e - per l’ennesima volta - mi sono seduta dalla parte del torto perché quella della ragione era già occupata e fin troppo affollata. 

Ho letto Moby Dick, sto leggendo i Quaderni di Malte Laurids Brigge. Ho desiderato abbandonare la letteratura e andare incontro alle persone, forse ciò accadrà, ma non adesso. Mi sento ancora ferita dalle persone, non da tutte. Per lo più da chi fa il mio lavoro-non-lavoro, e tra questi feriscono maggiormente coloro che vivono nella dimensione della frustrazione. Voglio frequentare altri ambienti, uscire dall’asfissia della bolla. Cerco legami fraterni e sororali, laddove si possa realmente essere sé stessi, superare l’inganno della competizione per il potere. Sono così stanca. 

Prima di fare ciò che ho fatto il 3 maggio 2022 ho espresso un dolore ma non era un dolore psichiatrico, era la sofferenza di Sisifo. Credo di aver scritto qualcosa sui social del tipo: ‘Ho compreso che i potenti saranno sempre più potenti e gli oppressi sempre più oppressi’. Non mi riferivo alla rivolta del proletariato ma a qualcosa di più sottile che ha a che fare con il potere nei rapporti umani, in ogni singola relazione, per cui diviene insostenibile esserci. 

Vorrei che un giorno si dicesse che ho fatto quel salto per sottrarmi al dominio e all’identità sociale, non perché avessi chissà quale disturbo. Lo disse bene Andrea Di Consoli durante la prima presentazione di Purgatorio: semmai la malattia è la letteratura. E, infatti, ancora una volta, delusa dai vivi ho scelto il legame con i morti: la letteratura è il regno della morte. Nulla possiamo dire dei vivi. Il valore letterario di un autore lo si conosce dopo almeno cinquant’anni anni dalla sua scomparsa, se non cento. Forse la rinascita c’è stata, ma dentro la morte, come l’erotismo in Bataille è l’apprezzamento della vita fin dentro la morte.

 



LG: Una seconda opportunità. 

IP: Ora ti darò una risposta alla Lars Von Trier: la seconda opportunità è superare la maschera della vittima e assumere tutto il potere che ho rifiutato vedendolo riflesso negli altri. 

Il potere non consiste nel trattenere, nell’opprimere, o nell’imporsi, ma nel lasciare andare. Il massimo del potere è nel massimo della rinuncia. Lasciare andare tutto, nessun attaccamento. L’unica cosa che resta da chiedermi è come si possa provare ancora amore senza sentirne il bisogno. Ovvero, come superare la dimensione del solipsismo dopo aver fatto il vuoto?


LG: Grazie.

IP: Grazie a te. La parola grazie è molto bella, la amo, e la pronuncio spesso. Credo abbia a che fare con la gentilezza e con la civiltà.

 


 

https://www.lesflaneursedizioni.it/product/scisma/

https://marchogronge60.bandcamp.com/


 

 

 

 



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